Corretta identificazione della condotta consistente nel “procurare ad altri” sostanze stupefacenti (Cass. pen. n. 2394/2012)

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La sentenza in commento affronta, per quanto di interesse in questa sede, il tema della corretta identificazione della condotta consistente nel “procurare ad altri” sostanze stupefacenti, prevista all’interno del complesso regolato dall’art. 73 co. 1 d.P.R. 309/90.

Si tratta di una tematica non proprio consueta nel panorama delle condotte illecite riguardanti il traffico e la circolazione di sostanze stupefacenti, ma essa si presta, in relazione al caso specifico, ad alcune importanti riflessioni.

In primo luogo, va condivisa l’interpretazione adottata dal Collegio di legittimità,  che sussume la condotta in questione nel contesto dell’istituto della intermediazione, vale a dire quella condotta che l’agente tiene, sia con l’intenzione, che ponendo effettivamente, in contatto due parti interessate a concludere un negozio di cessione, ancorchè illecita, riguardante gli stupefacenti.

In secondo luogo, appare convincente la considerazione espressa, che, comunque, la previsione normativa in questione, costituisca una specificazione della condotta di cessione (o di vendita), in assenza della quale il soggetto intermediario, sarebbe, comunque, concretamente sanzionabile quale concorrente, a seconda dei casi, nel delitto di cessione o di acquisto illecito.

Non è casuale che Cass. Sez. IV, 2-12-2005, n. 4458 (rv. 233240) (1) abbia precisato che con la  condotta del “procurare ad altri” descritta nella norma incriminatrice di cui all’art. 73 co. 1 d.P.R. 309/90, si intende punire l’attività illecita di chi agisce al fine di provocare l’acquisto, la vendita o la cessione di droga da parte di terzi; attività, che, peraltro, comporterebbe, comunque, la punibilità del responsabile, a titolo di concorso nell’acquisto, nella vendita o nella cessione, anche senza una espressa e specifica previsione.

E’ questo, quindi, un orientamento confermato, anche, recentemente anche da Cass. Sez. I, 8-06-2011, n. 30288 (rv. 250798) , CED Cassazione, 2011, che ha sanzionato una specifica situazione, consistente nell’accordo a fungere da depositario della sostanza da smistare successivamente a terzi, e, parimenti ha sostenuto che esso integra il reato di intermediazione nella cessione o di concorso nell’altrui offerta in vendita di sostanza stupefacenti, nella forma consumata, risultando indifferente se materialmente la sostanza stupefacente sia o meno pervenuta.

Per giurisprudenza, ormai costante (Cfr. ex plurimis Cass. Sez. I, 25-03-2010, n. 29670 (rv. 248606), che ribadisce l’orientamento assunto tempo or sono da Cass. Sez. VI, 22-05-1997, n. 7333 (rv. 209743), Enea, Cass. Pen., 1999, 719, Riv. Polizia, 1999, 140], si ritiene che la condotta in questione si perfeziona al momento della manifestazione della volontà, da parte del soggetto agente, di procurare ad altri la sostanza, sempre che ne abbia, anche non immediatamente, la disponibilità.

Il fenomeno dell’intermediazione, però, presenta anche un altro profilo di interesse, nel senso che non è necessario che l’agente operi, creando un contatto ex novo fra le parti.

Costituisce, infatti, condotta riconducibile allo stereotipo in esame, anche quella consistente nell’attività di colui che operi come agevolatore tra persone legate da pregressi rapporti di cessione di stupefacenti e che, dunque, si conoscano.

Per la configurazione del reato in parola, non è, quindi, affatto necessario che le due parti che l’intermediario dovrebbe porre in contatto siano reciprocamente sconosciute.

La sentenza usa, infatti, per nulla casualmente il termine “nuncius”, al fine di identificare soggetti, che non hanno operato come mediatori di un affare illecito tra due persone, tra loro, sconosciute, ma che, invece, sono stati contingentemente trait d’union fra usuale fornitore ed abituale acquirente.

In questo caso, poi, l’intermediario può assolvere a due funzioni, penalmente rilevanti.

La prima, di ordine formale, (ri)stabilendo il contatto fra le parti (o contattando il venditore, manifestando la volontà dell’acquirente ed operando nell’interesse di quest’ultimo, oppure, all’opposto, operando a favore del venditore) al fine di provocare l’acquisto, la vendita o la cessione di droga.

La seconda, più squisitamente materiale, che consiste anche nella agevolazione, sul piano materiale della consegna (o della traditio) dello stupefacente.

 

Avv. Carlo Alberto Zaina

 

 

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(1) CED Cassazione, 2006, Guida al Diritto, 2006, 18, 99, Riv. Pen., 2006, 12, 1369.

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