Convocato all’assemblea condominiale il condomino apparente

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All’assemblea condominiale va convocato il vero proprietario dell’unità immobiliare e non anche colui che si sia comportato, nei rapporti con i terzi, come condomino senza esserlo, difettando nei rapporti tra il condominio ed i singoli partecipanti ad esso le condizioni per l’operatività del principio dell’apparenza del diritto

     Indice

  1. La vicenda
  2. La questione
  3. La soluzione
  4. Le riflessioni conclusive

riferimenti normativi: artt. 1130 c.c.; 1137 c.c.; 63 disp. att. c.c.

precedenti giurisprudenziali: Cass. civ., Sez. II, Sentenza del 11/06/2001, n. 7849

1. La vicenda

Una società impugnava per omessa convocazione ex art. 1137 c.c. due delibere assembleari (3 settembre 2012 e del 26 novembre 2012), poi ratificate con altra successiva delibera del 6 giugno 2013.

Il Tribunale dava ragione all’attrice. La Corte di Appello dava invece ragione al condominio. I giudici di secondo grado sottolineavano che solo nel momento in cui sia comunicato all’amministratore il trasferimento della proprietà di un’unità immobiliare compresa in un condominio edilizio, l’acquirente acquista lo status di condomino e può perciò dolersi di non essere convocato all’assemblea. Come notava la stessa Corte però la società aveva comunicato all’amministratore l’avvenuto passaggio di proprietà solo con raccomandata del 30 maggio/4 giugno 2013; secondo i giudici di secondo grado l’acquirente quindi non poteva lamentarsi per le omesse convocazioni alle assemblee tenute nell’anno 2012, convocazioni che erano state giustamente inviate a chi era ritenuto il proprietario, cioè il dante causa della società. In ogni caso evidenziavano che la società era stata comunque messa in condizione di partecipare poi all’assemblea del 6 giugno 2013, la quale aveva peraltro superfluamente deliberato la ratifica delle deliberazioni approvate dalle precedenti assemblee. La società ricorreva in cassazione notando come la Corte di Appello avesse dato credito al principio dell’apparenza ai fini dell’identificazione del condomino da convocare all’assemblea. In subordine, la ricorrente chiedeva di rimettere il ricorso alla decisione delle Sezioni Unite per dirimere il contrasto di giurisprudenza.

2. La questione

È valida la delibera se all’assemblea condominiale viene convocato colui che si sia comportato, nei rapporti con i terzi, come condomino senza esserlo?


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3. La soluzione

La Cassazione ha dato ragione alla società. I giudici supremi hanno ricordato che all’assemblea condominiale va convocato il vero proprietario della porzione immobiliare e non anche colui che si sia comportato, nei rapporti con i terzi, come condomino senza esserlo, difettando nei rapporti tra il condominio ed i singoli partecipanti ad esso le condizioni per l’operatività del principio dell’apparenza del diritto, che è volto essenzialmente all’esigenza di tutela dei terzi in buona fede, fra i quali non possono considerarsi i condomini; d’altra parte, si deve considerare non in contrasto, ma anzi in armonia con tale principio, l’eventuale norma del regolamento condominiale, diffusa nella pratica, che, imponendo ai condomini di comunicare all’amministratore i trasferimenti degli immobili di proprietà esclusiva, abbia lo scopo di consentire la corretta convocazione dei soggetti legittimati a partecipare all’assemblea condominiale. Secondo la Cassazione, perciò, la “negazione del principio di apparenza” operata dalla giurisprudenza non deve riguardare unicamente la riscossione dei contributi condominiale ma anche la convocazione dell’assemblea.

4. Le riflessioni conclusive

La Suprema corte ha fatto chiarezza sulle conseguenze dell’omessa convocazione dei condomini alla luce delle norme precedenti la riforma del 2012. L’amministratore di condominio, al fine di assicurare una regolare convocazione dell’assemblea, è tenuto a svolgere le indagini suggerite dalla diligenza dovuta per la natura dell’attività esercitata, onde poter comunicare a tutti l’avviso della riunione, prevalendo su ogni apparenza di titolarità il principio della pubblicità immobiliare e quello dell’effettività. Secondo la disciplina ora vigente, l’amministratore ha l’obbligo di curare la tenuta del registro di anagrafe condominiale, in forza dell’art. 1130 n. 6 c.c., mentre il condominio che cede l’unità immobiliare ha l’obbligo di trasmettere copia autentica del titolo traslativo, in forza dell’art. 63, comma 5, disp. att. c.c. (Cass. civ., Sez. VI, 16/02/2021, n. 4026).

Con l’ingresso della riforma del 2012, dovrebbe quindi essere scomparsa la figura del condomino apparente; del resto nel registro dell’anagrafe condominiale l’amministratore deve annotare i dati (codice fiscale, residenza anagrafica o domicilio) di tutti i proprietari e dei titolari di diritti reali e personali di godimento (art. 1130, n. 6, c.c.). Dati che rendono più semplice il compito di individuare i soggetti da convocare e legittimati passivamente all’azione ingiuntiva. In ogni caso il condomino apparente non può essere convocato, né obbligato a pagare le spese di gestione dei beni e dei servizi comuni, le quali, quantunque detto soggetto utilizzi un’unità immobiliare sita nell’edificio, andranno sempre addossate al proprietario o titolare di altri diritti reali, cioè al vero condomino.

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Consulente legale condominialista Giuseppe Bordolli

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