Il controllo della Corte dei conti fra principio di legalità e di buon andamento

Redazione 13/02/03
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di Nicola Pippia
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La legge 20/1994 ha riformato il sistema dei controlli della Corte dei conti sulle pubbliche amministrazioni in particolare “ridimensionando” il tradizionale controllo preventivo di legittimità di cui all’art. 100 della Costituzione ed introducendo – all’art. 3 comma 4 – il più moderno controllo sulla gestione dell’attività amministrativa consistente nella verifica della rispondenza dei risultati agli obiettivi stabiliti dalla legge mediante valutazione comparativa dei costi, modi e tempi di tale attività.
Questa nuova dimensione normativa ha spinto alcuni a parlare di un definitivo “tramonto” del controllo preventivo di legittimità sugli atti e, conseguentemente, del suo parametro a favore del più pragmatico controllo sull’efficacia, efficienza ed economicità dell’attività amministrativa, arrivando persino a delineare una subordinazione del principio costituzionale di legalità a quello del buon andamento.
Questo contributo è finalizzato, anche attraverso una ricostruzione unitaria della funzione di controllo amministrativo, a chiarire come non solo non esista contrapposizione fra legalità e buon andamento ma come questi due valori, cui la Costituzione orienta l’azione delle P.A., si integrano vicendevolmente.

L’indagine non poteva non prendere spunto dal significato etimologico del termine “controllo”, letteralmente “contro registro” (dal latino contra rotulum, poi contre-role, in francese) “registro che fa da riscontro ad un altro”, riferendosi a due elementi che si mettono a confronto allo scopo di verificare la rispondenza dell’uno rispetto all’altro.
Il controllo giuridico-amministrativo è un istituto cui la dottrina ha riservato uno studio sistematico fin dai primi del ‘900, giungendo ad individuarne le caratteristiche fondamentali relative al fine, alla struttura e all’oggetto.
Il fine del controllo giuridico è quello di garantire la salvaguardia di determinati interessi o valori (legalità, buon andamento…) rispetto ad un singolo atto o ad un’attività complessiva (che costituiscono oggetto principale del controllo) che a tali valori non sono conformi. Perciò la sua struttura consta non solo di un “giudizio”, in cui l’oggetto controllato è raffrontato ad un parametro ma anche di una “misura”, attraverso cui il controllante attua secondo diverse forme e con diversi gradi di efficacia la propria funzione garantistica.
Le vicende storiche hanno evidenziato come questa funzione garantistica del controllo giuridico sia stata orientata alla salvaguardia di interessi diversi o – meglio – diversamente interpretati nello sviluppo del nostro ordinamento. Così, mentre nel periodo post-unitario interesse prevalente era considerato quello della legalità del singolo atto rispetto alla norma giuridica, con la Costituzione repubblicana affianco a questo primo interesse ne emergono altri, sanciti espressamente in singole disposizioni costituzionali come l’art. 97: imparzialità e buon andamento della p.a.
Contemporaneamente la Costituzione sancisce all’art. 100, secondo comma, il fondamentale ruolo di controllo intestato alla Corte dei conti prevedendone un controllo preventivo di legittimità sugli atti del Governo, un controllo successivo sulla gestione del bilancio statale e un controllo sugli enti sovvenzionati dallo Stato.
La disposizione costituzionale non sconvolge il precedente sistema dei controlli amministrativi intestati alla Corte dei conti ma, sostanzialmente, lo conferma come organizzato attorno alla centralità e generalità del controllo preventivo sugli atti.
Soltanto in un secondo tempo, a causa della sperimentata inefficacia del sistema dei controlli nel garantire la legittimità sostanziale e, quindi, l’efficienza, efficacia ed economicità dell’agire amministrativo, iniziano a prospettarsi delle riforme propiziate anche dalle nuove regole e principi, introdotti negli anni ’90, che guidano l’azione dei pubblici poteri
In particolare, la legge n. 241 del 1990 impone all’amministrazione di perseguire i fini determinati dalla legge secondo criteri di economicità e di efficacia (art. 1) e il decreto legislativo n. 29 del 1993 (ora d.lgs 165/2001) introduce il principio della separazione fra indirizzo politico e attività gestoria.
In questo contesto, con legge n. 20 del 1994 vengono modificate le attribuzioni di controllo della Corte dei conti limitando il controllo preventivo di legittimità ad alcune categorie di atti ed introducendo un controllo successivo sulla gestione del bilancio e del patrimonio di tutte le p.a.
Anche in questa nuova forma di controllo si rinvengono quegli elementi cardine dell’istituto del controllo giuridico – individuati dalla dottrina – che consentono di mantenere un significato tecnico all’istituto in parola: un fine di tutela del buon andamento della p.a. (di cui all’art. 97 della Costituzione) inteso come efficienza, efficacia ed economicità di questa; un “giudizio” di conformità a regole che sono anche extra giuridiche (aziendalistiche, statistiche) e una “misura” consistente nel referto al Parlamento e che completa quella funzione collaborativa della Corte dei conti nell’esercizio del controllo sulla gestione riconosciuta dalla Corte Costituzionale (sent. 27 gennaio 1995 n. 29).
Di conseguenza anche il controllo preventivo di legittimità acquisisce un nuovo profilo. Esso non più generalizzato ad ogni atto della p.a. (tutti i D.P.R. e tutti gli atti comportanti spese) come stabiliva il testo unico sulla Corte dei conti del 1934, viene ridotto agli atti, non aventi forza di legge, indicati tassativamente nell’art. 3, primo comma, della l. 20 /94. Questi sono, essenzialmente, oltre ai provvedimenti emanati a seguito di deliberazione del Consiglio dei Ministri, atti generali di programmazione, di indirizzo e normativi cui si affiancano quelli di particolare rilievo finanziario anche se non generali. Quegli atti cioè che si pongono come presupposti indispensabili per la successiva azione della p.a. che si concreterà in atti attuativi di questi ultimi e di cui è necessario, quindi, vagliare preventivamente la conformità al diritto vigente.
Altro aspetto della disciplina su cui ha inciso la legge di riforma sono i termini del procedimento di controllo: se l’ufficio di controllo non rimette l’esame entro trenta giorni alla sezione di controllo (o questa non decide entro lo stesso termine) l’atto acquista comunque efficacia.
L’innovazione si inserisce all’interno di un procedimento in cui il momento del c.d. “giudizio” sulla conformità rispetto alla legge dell’atto controllato spetta in prima battuta al consigliere istruttore che se ritiene l’atto conforme e d’accordo con il magistrato delegato può ordinare l’apposizione del visto e la conseguente registrazione dell’atto. Altrimenti la decisione è differita alla sezione di controllo che, nel contraddittorio fra il magistrato istruttore e i legali rappresentanti della p.a., decide sulla conformità dell’atto alle norme di legge con deliberazione insindacabile per il giudice amministrativo in quanto non costituente atto amministrativo.
Se il giudizio di conformità a legge è positivo, si provvede all’apposizione del visto e alla registrazione; in caso contrario, si attua la c.d. “misura” in senso lato comminatoria del controllo preventivo di legittimità cioè la negazione del visto e l’impossibilità per l’atto di avere efficacia giuridica. Questa regola incontra un’eccezione là dove il Governo eserciti la facoltà, sotto la sua responsabilità politica, di chiedere alla Corte la c.d. registrazione con riserva che consente comunque all’atto di acquisire l’efficacia giuridica restando fermo il giudizio di illegittimità espresso dalla Corte.
Questo giudizio che la Corte esprime sull’atto controllato si attua alla stregua del parametro della legittimità (come dispongono gli artt. 17 e 24 del t.u. sulla Corte dei conti 12 luglio 1934 n. 1214 e come conferma la Costituzione all’art. 100, secondo comma) che, tuttavia, nella normativa disciplinante le attribuzioni di controllo della Corte dei conti non trova una sua specificazione.
La nozione di legittimità è, quindi, ricavata dall’ambito della giustizia amministrativa in cui è stata enucleata come immunità rispetto ai tre vizi tipici dell’atto amministrativo individuati dal Legislatore (art. 26 del R.D. 26 giugno 1924 n. 1054, testo unico delle leggi sul Consiglio di Stato e 3 L. 6 dicembre 1971 n. 1034, legge T.A.R.): la violazione di legge, l’incompetenza e l’eccesso di potere.
Tuttavia, non tutta la dottrina è concorde nell’ammettere la sindacabilità dell’eccesso di potere da parte della Corte dei conti, anche se la posizione dominante è, sicuramente, favorevole.
La stessa Corte dei conti ha più volte chiarito come il sindacato di legittimità si estenda non solo alla violazione di legge e all’incompetenza ma anche all’eccesso di potere (Relazione della Corte dei conti al Parlamento 1947-50 e Sez. contr. St., deliberaz. n. 1 dell 1 giugno 1953) in virtù di una generale valenza del concetto di legittimità nel diritto amministrativo.
La ricomprensione dell’eccesso di potere rende maggiormente penetrante il sindacato della Corte in quanto lo estende anche alla verifica della c.d. “legittimità sostanziale” dell’atto (di cui all’art. 1 della legge n. 241 del 1990), cioè alla verifica del perseguimento dei fini stabiliti dalla legge secondo criteri di economicità ed efficienza. Quest’ampiezza del parametro di legittimità postula una verifica successiva sull’effettivo raggiungimento dei risultati prefissati demandata al controllo successivo sulla gestione che – sotto questo profilo – si ricongiunge, completandolo, al controllo preventivo di legittimità. E’ lo stesso parametro della legittimità ad esigere una verifica successiva sui risultati.
Quindi, e concludendo, il controllo preventivo di legittimità si pone come naturale e imprescindibile momento di verifica di quegli atti generali che pongono le regole del successivo agire della p.a.; atti da cui promaneranno numerosi provvedimenti attuativi e che, dunque, è necessario verificare in via preliminare alla stregua del parametro della legittimità.
In questo modo, il controllo preventivo di legittimità, evitando il proliferare dell’illegittimità nell’attività amministrativa, si pone a tutela anche del principio del buon andamento della p.a. sancito dall’art. 97 della Costituzione.
La lettura che, di conseguenza, appare più appropriato dare a queste due forme di controllo della Corte dei conti è quella di una loro circolarità e globalità nel senso che la verifica interessa preventivamente il momento di fissazione delle regole dell’agire amministrativo e successivamente il conseguimento degli obbiettivi prefissati.
Non sembra da condividere una lettura che ponga in contrapposizione le due forme di controllo, come contrapposizione fra il “vecchio” ed il “nuovo”, come contrapposizione fra legalità e buon andamento.

dott. Nicola Pippia

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