Contributo alla soluzione del problema cruciale ed urgente dell’efficacia nel tempo della cd. Legge Cirielli

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Credo sia necessario anzitutto sgombrare il campo da un grave errore concettuale e giuridico: la qualificazione delle norme penitenziarie che prevedono e disciplinano le misure alternative alla detenzione e in generale i benefici penitenziari (presupposti di ammissibilit? e di merito, reati ostativi,limiti di pena,altre preclusioni etc.) quali norme ?processuali?.

 

 

Al di l? delle affermazioni apodittiche e tralatizie della Corte di cassazione che riflettono una vecchia e superata concezione dell?esecuzione penale, la natura sostanziale di siffatte norme penitenziarie ? stata sancita e argomentata in modo risolutivo? dalla giurisprudenza della Corte Costituzionale.

 

 

Fin dalla sentenza n.349/93 si afferma che le misure alternative alla detenzione ed anche i permessi-premio sono ?misure di carattere sostanziale?,in quanto ?incidono sulla qualit? e quantit? della pena e modificano il grado di privazione della libert? personale imposto al soggetto?,sicch? le norme che le prevedono e le disciplinano non possono che essere norme ?sostanziali?; tale orientamento ? stato poi ribadito dalle sentenze successive della Consulta (cfr. la sent.n.504/95).

 

 

D?altronde ? la stessa logica a suggerire che siano norme processuali le norme che disciplinano il processo di cognizione o il procedimento di sorveglianza (forme,termini,modalit?, efficacia degli atti etc.),mentre le norme che disciplinano le misure alternative,in quanto integrano il trattamento sanzionatorio,ancorch? in progress ed in executivis, siano all?evidenza norme sostanziali.

 

 

Fissata questa premessa, si pu? porre il problema se tali norme penitenziarie ?sostanziali?,con particolare riguardo a quelle di ?sfavore? (che prevedono cio? preclusioni o aggravamenti dei tetti di ammissibilit? dei benefici etc.) siano assistite o meno dalla garanzia costituzionale ex art. 25,2?comma Cost. dell?irretroattivit? della legge penale sostanziale pi? sfavorevole al reo.

 

 

In merito a tale problema si pu? discutere,come ha fatto en passant in un obiter dictum problematico la sent.cost. n.306/93, se il limite temporale cui riferire tale assunta irretroattivit? sia ?il tempus commissi delicti o il passaggio in giudicato della sentenza di condanna o l?inizio dell?esecuzione o,ancor, il momento di maturazione dei presupposti o della concessione della misura alternativa?,problema poi riproposto nalla sent.Cost. n.445/97, ma non affrontato n? risolto,in quanto assorbito negli altri profili di incostituzionalit? .

 

 

Si pu? discorrere se con riferimento a tali norme penitenziarie ?sostanziali? ricorra la stessa ratio del favor libertatis che ispira il principio di irretroattivit? in materia penale.

 

 

Lasciando sullo sfondo tale problema come nodo sistematico ancora irrisolto che merita coma ha detto la Corte Costituzionale una ?seria riflessione?, muoviamo il ragionamento dall?assunto contrario e cio? che non viga una assoluta preclusione costituzionale all?efficacia retroattiva delle norme penitenziarie di sfavore, sicche? ? nella discrezionalit? del legislatore la loro possibile introduzione nell?ordinamento.

 

 

In tale prospettiva si danno due possibili evenienze: a)che il legislatore nell?introdurre tali norme abbia taciuto circa la loro efficacia nel tempo;b) che il legislatore abbia manifestato una volont?, esplicita o implicita,circa tale efficacia,dettando una disciplina intertemporale e/o transitoria.

 

 

Nell?ipotesi a) cio? quella del ?silenzio? del legislatore occorre naturalmente ricorrere ai principi generali dell?ordinamento,alla luce delle pronuncie e degli importantissimi insegnamenti della Corte costituzionale.

 

 

Il primio principio che occorre affermare in tale evenienza ? il principio generalissimo di irretroattivit? delle leggi sancito dall?art.11 delle preleggi,che la Corte Costituzionale ha definito ?principio generale dell?ordinamento?,in forza del quale le nuove norme hanno efficacia ex nunc, con conseguente delimitazione di una zona di ?rispetto? costituita dai cd. ?diritti quesiti?, cio? dai diritti gi? acquisiti nella sfera giuridica del soggetto, e dai ?facta praeterita? cio? dai rapporti gi? esauriti.

 

 

Nel silenzio del legislatore ed in presenza di norme penitenziarie di sfavore, quali siano tali ?diritti quesiti? del condannato che la nuova normativa ed il giudice che la applica devono rispettare ? materia di ?seria riflessione?, potendosi ?configurare, gi? dal tempo del commesso reato 1) un diritto del cittadino alla ?immutabilit? del quadro normativo concernente le conseguenze sanzionatorie,comprese quelle penitenziarie , del suo agire?, ovvero,pi? avanti,al momento dell?inizio dell?esecuzione e nel corso del trattamento,2) un diritto del condannato ?ad espiare la pena applicata secondo le modalit? cristallizzate nella legge penitenziaria in vigore? ovvero,ancora pi? avanti, al momento della maturazione dei presupposti di ammissibilit? e di merito dei benefici, 3) il diritto all?esame giurisdizionale di tali presupposti e,infine,4)? il diritto al mantenimento dei benefici gi? acquisiti e in corso di esecuzione,in assenza di condotte colpevoli (cfr. su tale problematica il paragrafo XIV sub art.4bis del Commentario Grevi,Giostra e Della Casa)

 

 

Oggi,alla luce della giurisprudenza costituzionale che esamineremo tra un attimo,? sicura la necessit? del rispetto dei diritti sub 3) e 4) , in quanto addirittura ?costituzionalizzati?.

 

 

Il principio di irretroattivit? ex art.11 preleggi non vieta tuttavia al legislatore,nelle materie non coperte da garanzia costituzionale di irretroattivit?, di introdurre norme ?retroattive?, ma pone alcuni limiti elaborati dalla giurisprudenza: 1)un limite derivante dal carattere ?eccezionale? della retroattivit? che deve essere indicata espressamente o quanto meno risultare in modo non equivoco dalla nuova legge 2) un limite fondamentale e generale sancito dalla Corte Costituzionale (cfr. ad esempio sent.n.822/88 in materia di diritti patrimoniali, citata dalla sent.n.306/93) e cio? quello scrutinabile della ?ragionevolezza? ?dei sacrifici di diritti riconosciuti da leggi precedenti ed imposti dalle nuove norme retroattive di sfavore.

 

 

In particolare nella materia penitenziaria, in cui sono convolti fondamentali principi e valori costituzionali,sopra tutti l?uguaglianza ed il finalismo rieducativo della pena,la Corte Costituzionale, in una serie di sentenze a tutti note,ha posto ulteriori e penetranti limiti alla retroattivit? delle norme penitenziarie sostanziali restrittive.

 

 

Proprio in omaggio alla funzione rieducativa della pena, la Corte ha elaborato un principio di ?non regressione? del trattamento rieducativo e risocializzante, in assenza di condotte colpevoli? e di ?progressione? dello stesso trattamento in relazione al grado di rieducazione e risocializzazione raggiunto dal condannato,maturando le condizioni oggettive e soggettive? dei benefici sotto il vigore della precedente legge.

 

 

Si tenga presente che tale giurisprudenza costituzionale si ? formata sull?art. 4 bis O.P. introdotto dall?art. 1 del d.l. n.203/91 in cui il legislatore in modo chiaro e indubitabile ha inteso applicare tale norma retroattivamente cio? anche ai reati commessi prima della sua entrata in vigore, come si evince dal tenore letterale dell?art. 4,1?comma? di tale d.l. che detta una disciplina intertemporale irretroattiva per la gran parte delle nuove norme restrittive applicabili solo per i reati commessi dopo il? 13 Maggio 1991, e con evidente contrappunto esclude da tale disciplina proprio l?art. 1,comma1? del citato decreto,cio? quello che introduce l?art.4bis ,il che trova conferma nell?art. 2,2?comma dell?art. 15 del successivo d.l. n.306/92 che previde addirittura la revoca dei benefici in corso per i condannati di cui al primo periodo del 1 comma del 4bis che non collaboravano con la giustizia( cfr. sul punto Commentario Grevi e giurisprudenza Corte Cass.).

 

 

Proprio su tale ultima disposizione interviene la sent. Cost. n.306/93 che ne dichiara l?incostuzionalit? nella parte in cui prevede la revoca delle misure alternative in corso d?esecuzione ,in assenza di condotte colpevoli addebitabili al soggetto e proporzionate nella loro gravit? oggettiva e soggettiva a tale revoca ed in mancanza dell?accertamento di collegamenti attuali con la criminalit? organizzata.

 

 

Le successive sentenze si collocano sulla stessa linea argomentativa e la sviluppano, traendone ulteriori corollari.

 

 

La sent.n.504/95 esclude l?applicabilit? della preclusione ex art. 4bis ai condannati che avevano precedentemente fruito di permessi premio e in assenza di accertati collegamenti attuali con la criminalit? organizzata,argomentando sulla non regredibilit? del trattamento, di cui premessi- premio sono parte integrante, una volta gi? ammessi a tale esperienza trattamentale.

 

 

La sent. N.445/97,in omaggio al principio di progressivit? del trattamento derivante dallo stesso finalismo rieducativo della pena nella sua proiezione dinamica, stabilisce la concedibilit? della semilibert? ai condannati ex 4bis che avevano raggiunto un grado di rieducazione adeguato al beneficio richiesto,maturandone le condizioni soggettive e oggettive sotto il vigore della precedente legge e di cui non siano accertati collegamenti attuali con la criminalit? organizzata.

 

 

La sent.n.137/99 estende tale statuizione anche ai premessi premio, confermando il ragionamento sull?intangibilit? dell?iter riabilitativo maturato e delle posizioni soggettive correlate anche in prospettiva del suo dinamismo progressivo.

 

 

In conclusione,nell?evenienza sub b),ossia nel caso in cui il legislatore abbia ?parlato?manifestando una volonta? nel senso della retroattivit? della nuova normativa restrittiva,lo stesso legislatore incontra limiti di ordine generale (chiarezza e ragionevolezza della voluntas legis) e,nella specifica materia penitenziaria, limiti peculiari derivanti dai superiori principi costituzionali dell?uguaglianza e del finalismo rieducativo della pena, principi che generano posizioni soggettive intangibili.

 

 

Venendo al caso della legge Cirielli,il legislatore non solo non ha taciuto e neppure ha manifestato una chiara e in equivoca volont? di applicare retroattivamente la nuova normativa penitenziaria restrittiva,come ha fatto nel passato es.art.4bis, sebbene al contrario ha dettato una norma ,l?art.10,che rinvia alla disciplina dell?art.2 c.p.,estendendola a tutte le norme della legge,con l?eccezione dell?art.6, comprendendovi quindi senza ombra di dubbio anche l?art. 7 che detta norme penitenziarie.

 

 

Il rinvio all?art. 2 c.p.,che nel caso delle norme penitenziarie non pu? che riguardare il 3? comma di tale articolo,non va naturalmente preso ?alla lettera?,pena la vanificazione dello stesso rinvio, giacch? le norme penitenziarie esplicano i loro effetti post iudicatum.

 

 

Dal terzo comma dell?art.2 devesi ricavare il principio dell?irretroattivit? della disposizione pi? sfavorevole ed il riferimento temporale di tale irretroattivit? al tempus commissi delicti.

 

 

In conclusione le norme penitenziarie sostanziali restrittive introdotte dalla legge Cirielli devono applicarsi per il futuro solo a i reati commessi successivamente alla sua entrata in vigore e ci? per chiara e inequivoca volont? dello stesso legislatore che tali norme ha introdotto.

 

 

Tale tesi ? anche costituzionalmente orientata,giacch? evita? di interrompere percorsi rieducativi e riabilitativi intrapresi,evita di frustrare aspettative trattamentali qualificate, evita disparit? di trattamento tra casi identici o simili, dovuti a fattori temporali casuali.

 

 

Tale volont? pu? trovare ad abundantiam ulteriore conferma nei lavori preparatori, nel carattere dettagliato della disciplina transitoria in materia di prescrizione,sicch? se il legislatore avesse voluto la retroattivit? della normativa penitenziaria lo avrebbe detto e avrebbe dovuto dirlo chiaramente e ,invece, per essa ha rinviato all?art.2 c.p. ed anche nel successivo intervento normativo con recentissimo d.l. che ha voluto la- sciare aperti anche per il futuro gli spazi trattamentali per i tossicodipendenti recidivi, sopprimendo l?art.94 bis e dichiarando inapplicabile per i soggetti con programmi terapeutici in corso la lettera c) del 9? comma dell?art. 656 c.p.p.

 

 

 

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A tale chiara conclusione interpretativa conduce la rigorosa applicazione dei canoni emeneutici,alla luce del sistema e dei principi della giurisprudenza costituzionale.

 

 

Ci? premesso non possono tacersi gli indiretti effetti benefici di siffatta interpretazione:

 

 

1)?????? contiene il sovraffollamento conseguente alla chiusura delle valvole, in entrata e in uscita, delle misure alternative nei confronti dei soggetti in attesa o in corso di esecuzione che ricadrebbero sotto la scure di una applicazione immediata della legge Cirielli

 

 

2) evita l?effetto iniquo di una doppia penalizzazione nel caso di quei soggetti cui era stata contestata e ritenuta la recidiva sotto il vecchio regime, a fronte della gran maggioranza degli imputati cui,pur ricorrendone i presupposti sostanziali,essa non venne contestata o ritenuta,facendola cos? franca sul doppio versante processuale e penitenziario

 

 

3) evita disparit? di trattamento,a seconda delle diverse giurisprudenze dei vari Magistrati e Tribunali di sorveglianza in una materia come quella penitenziaria sensibilissima al valore costituzionale dell?uguaglianza ragionevole e a fronte di un prevedibile intensificarsi del ?turismo? penitenziario per effetto del sovraffollamento

 

 

4) consente un dibattito pi? sereno e disteso sulla legge Cirielli, sul significato e la portata delle sue norme e anche sugli eventuali profili di incostituzionalit?, senza l?ossessione della decisione urgente se non immediata.

 

 

Mazzamuto Nicola

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