Continuità normativa tra art. 639, co. 2 c.p. (abrogato) e art. 518-duodecies, co. 2 c.p.

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La Seconda Sezione penale, in tema di delitti contro il patrimonio culturale, ha affermato che vi è continuità normativa tra l’art. 639, comma secondo, secondo periodo, cod. pen. (abrogato dall’art. 5, comma 2, legge 9 marzo 2022, n. 22, recante “Disposizioni in materia di reati contro il patrimonio culturale”) e l’art. 518-duodecies, comma secondo, cod. pen., in quanto quest’ultima norma continua a ricomprendere la condotta penalmente sanzionata dalla norma abrogata.

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Corte di Cassazione – Sez. II Pen. – Sent. n. 51260 del 21/12/2023

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1. I fatti

La Corte di appello di Bologna ha confermato la sentenza pronunciata del Tribunale di Bologna che aveva condannato l’imputato alle pena di quattro mesi di reclusione ed euro 1100 di multa per il reato di deturpamento e imbrattamento di cose altrui, di cui all’art. 639 cod. pen.
L’imputato ha affidato il ricorso per Cassazione a due motivi: con il primo è stata dedotta la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b) cod. proc. pen., con riferimento alla mancata applicazione della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen; con il secondo è stata eccepita la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b) cod. proc. pen., con riferimento all’art. 639, comma secondo, secondo periodo, cod. pen. a seguito dell’abrogazione di detta norma ad opera dell’art. 5, comma 2, lett. a) della legge n. 22/2022.

2. Continuità normativa: l’analisi della Cassazione

La Corte di Cassazione analizza la situazione chiarendo come la Corte territoriale abbia, in primo luogo, ampiamente motivato in ordine alle ragioni per le quali ha ritenuto di non applicare la invocata causa di non punibilità.
Ma per quello che qui rileva, la Suprema Corte osserva come la legge 9 marzo 2022 n. 22 recante “Disposizioni in materia di reati contro il patrimonio culturale” abbia introdotto nel codice penale, in funzione di una piena valorizzazione del bene culturale quale oggettività giuridica autonoma, un inedito titolo (VIII-bis) in cui ha inserito diverse incriminazioni. In particolare, il nuovo impianto repressivo tutela il patrimonio storico-artistico come valore in sé, lo protegge in quanto tale, indipendentemente dall’appartenenza pubblica o privata del bene, anche nei confronti di possibili offese da parte dello stesso proprietario.
Nel caso di specie, il previgente art. 639, comma secondo, secondo periodo cod. pen. (abrogato dall’art. 5, comma 2, della legge n. 22 del 2022) prevedeva una ipotesi aggravata nel caso in cui il deturpamento o l’imbrattamento avesse avuto ad oggetto un bene (mobile o immobile) di interesse storico o artistico, sanzionata con la pena congiunta della reclusione da tre mesi ad un anno e della multa da mille a tremila euro; la novella ha, invece, distinto il deturpamento o l’imbrattamento dei beni mobili – per il quale ha previsto la pena pecuniaria – dal deturpamento o dall’imbrattamento dei beni immobili, punito con la pena alternativa della reclusione da uno a sei mesi o della multa da trecento a mille euro, eliminando la circostanza aggravante relativa alle caratteristiche storiche o artistiche del bene deturpato o imbrattato.
Dunque, l’ipotesi prima aggravata di cui all’art. 639, comma secondo, secondo periodo cod. pen. è stata fatta rientrare, quale fattispecie autonoma, nell’art. 518-duodecies, comma secondo, cod. pen. che sanziona con la medesima pena detentiva (da sei mesi a tre anni di reclusione) congiunta ad una pena pecuniaria più severa (da euro millecinquecento ad euro diecimila di multa) il deturpamento o l’imbrattamento di beni culturali o paesaggistici propri o altrui.
La Suprema Corte, dunque, chiarisce che vi è “continuità normativa tra la vecchia e la nuova norma, cioè tra l’art. 639, comma secondo, secondo periodo, cod. pen. abrogato e l’art. 518-duodecies, comma secondo, cod. pen., in quanto quest’ultima norma continua di fatto a ricomprendere la condotta penalmente sanzionata della norma abrogata“.
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3. La decisione della Cassazione

Alla luce di quanto finora esposto, la Corte di Cassazione ha sottolineato che si è in presenza di “un riassetto normativo, che ha determinato una successione di leggi incriminatrici, in cui la legge successiva punisce più gravemente il reato, con la conseguenza che opera il divieto di irretroattività della legge sfavorevole: il nuovo art. 518-duodecies, comma secondo, cod. pen. non potrà trovare applicazione se non ai fatti reati commessi a partire dal 23/3/2022, data di entrata in vigore della novella legislativa“.
In conclusione, dunque, la Corte ha rigettato il ricorso condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Riccardo Polito

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