Congedo di paternità alla madre intenzionale nelle coppie omogenitoriali: la Consulta

La Consulta estende il congedo di paternità alla madre intenzionale nelle coppie omogenitoriali (Corte Costituzionale, Sentenza n. 115 del 2025)

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A cura di Carolina Mosiello, avvocato DLA Piper
Negli ultimi anni, l’ordinamento giuslavoristico italiano ha mostrato una crescente attenzione alle esigenze di conciliazione tra vita professionale e vita familiare, attraverso l’introduzione di molteplici strumenti a sostegno della genitorialità. Tuttavia, la disciplina vigente continua spesso a riflettere una configurazione fondata sulla dicotomia madre/padre e su un modello di genitorialità biologica, che non sempre corrisponde alle realtà familiari emerse nella prassi. Ciò comporta, non di rado, la necessità di interventi interpretativi da parte della giurisprudenza, volti a garantire l’effettività dei diritti connessi alla genitorialità. Per approfondimenti sul nuovo diritto del lavoro, abbiamo organizzato il corso di formazione Corso avanzato di diritto del lavoro -Il lavoro che cambia: gestire conflitti, contratti e trasformazioni.

Corte Costituzionale -sentenza n. 115 dep. 21-07-2025

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Indice

1. Il quadro giuridico di riferimento sul congedo di paternità


Un esempio significativo di tale impostazione è rappresentato dall’articolo 27-bis del D.lgs. 26 marzo 2001, n. 151, introdotto dall’art. 2, comma 1, lettera c), del D.lgs. 30 giugno 2022, n. 105, in attuazione della Direttiva (UE) 2019/1158 sull’equilibrio tra attività professionale e vita familiare. La disposizione disciplina il congedo obbligatorio di paternità per i lavoratori dipendenti.
Il congedo consiste in dieci giorni lavorativi di astensione dal lavoro, fruibili anche in forma non continuativa, nei due mesi precedenti la data presunta del parto ed entro i cinque mesi successivi alla nascita del figlio. Durante tale periodo è riconosciuta al lavoratore un’indennità giornaliera pari al 100% della retribuzione e il diritto è esteso anche ai casi di adozione o affidamento del minore.
Il beneficio può inoltre essere fruito nei giorni in cui la madre gode del congedo di maternità ed è compatibile con il congedo di paternità alternativo previsto dall’art. 28 del medesimo decreto, in caso di morte o grave infermità della madre, abbandono del minore o affidamento esclusivo al padre.
La finalità dichiarata della misura è evidentemente quella di favorire una maggiore partecipazione del padre alla cura del figlio fin dai primi giorni di vita, promuovendo una più equa ripartizione dei compiti familiari.
Tuttavia, nella formulazione introdotta nel 2022, l’articolo 27-bis si riferisce esclusivamente al “padre lavoratore”, senza contemplare altre figure genitoriali legittimate all’esercizio della responsabilità genitoriale.

2. La sentenza della Corte Costituzionale


È in tale contesto normativo, improntato su un modello di congedo di paternità ancorato alla figura del “padre lavoratore”, che si colloca la questione di legittimità costituzionale sfociata nella pronuncia della Corte Costituzionale n. 115 del 21 luglio 2025.
La questione era stata sollevata dalla Corte d’Appello di Brescia, nell’ambito di un procedimento promosso ai sensi del D.lgs. n. 215/2003, avente ad oggetto il mancato riconoscimento del congedo di paternità obbligatorio a una lavoratrice che, all’interno di una coppia omogenitoriale femminile, risultava genitore nei registri dello stato civile. Il giudice a quo ha ritenuto che tale esclusione potesse determinare una violazione degli articoli 3 e 117, primo comma, della Costituzione. Quest’ultimo, in particolare, è stato richiamato in relazione all’art. 4 della Direttiva (UE) 2019/1158, che impone agli Stati membri di garantire il diritto al congedo obbligatorio anche al “secondo genitore equivalente”, ove riconosciuto dal diritto interno, nonché agli artt. 2 e 3 della Direttiva 2000/78/CE, in materia di parità di trattamento in ambito lavorativo.
La Consulta ha accolto la questione, ritenendo che la disposizione censurata, nel limitare il beneficio al solo “padre lavoratore”, si ponga in contrasto con il principio di uguaglianza, introducendo una disparità di trattamento tra situazioni giuridicamente assimilabili. In particolare, la lavoratrice che riveste il ruolo di secondo genitore in una coppia di due donne, formalmente riconosciuta nei registri dello stato civile, si trova in una condizione equiparabile a quella del padre all’interno di una coppia eterosessuale. L’esclusione dalla fruizione del congedo si traduce, pertanto, in una discriminazione irragionevole.
Nel motivare la propria decisione, la Corte ha valorizzato una pluralità di parametri costituzionali e sovranazionali. In primo luogo, l’art. 3 della Costituzione, che impone il rispetto del principio di uguaglianza, vietando disparità di trattamento tra situazioni giuridicamente comparabili. In secondo luogo, l’art. 117, primo comma, in relazione alla normativa europea sopra richiamata, che richiede agli ordinamenti nazionali di predisporre misure atte a garantire parità sostanziale tra i genitori nei rapporti di lavoro.
Secondo la Corte, inoltre, la finalità del congedo obbligatorio di paternità – favorire una presenza effettiva del secondo genitore fin dai primi giorni di vita del minore – non è legata a una condizione biologica o di genere, ma alla funzione di cura e di responsabilità. In tale ottica, la norma censurata risulta incoerente anche rispetto ai principi costituzionali che tutelano l’infanzia e i diritti del minore, in particolare gli articoli 30 e 31 della Costituzione, oltre che alla Convenzione ONU sui diritti del fanciullo.
La Corte ha dunque chiarito che, in un sistema costruito sulla differenziazione tra le figure genitoriali, la lavoratrice che riveste il ruolo di genitore intenzionale in una coppia omogenitoriale femminile – ove formalmente riconosciuta nei registri dello stato civile – deve essere considerata, ai fini dell’accesso al congedo obbligatorio, quale soggetto titolare di una posizione giuridica sostanzialmente analoga a quella del padre lavoratore dipendente. Ciò in ragione dell’assunzione volontaria e continuativa della responsabilità genitoriale, nonché della partecipazione effettiva alla cura del minore sin dalla nascita.
Sulla base di queste premesse, la Consulta ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 27-bis del D.lgs. n. 151/2001, nella parte in cui non riconosce il congedo obbligatorio di paternità anche alla lavoratrice che, all’interno di una coppia di due donne, risulti genitore nei registri dello stato civile.

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3. Ripercussioni per i datori di lavoro e implicazioni per le politiche di welfare aziendale per la paternità


La dichiarazione di parziale incostituzionalità dell’art. 27-bis ha effetti diretti sul piano applicativo, anche per i datori di lavoro. A seguito della pubblicazione della decisione in Gazzetta Ufficiale, il congedo di paternità dovrà essere riconosciuto anche alla lavoratrice che, all’interno di una coppia omogenitoriale femminile, risulti genitore nei registri dello stato civile.
Sul piano gestionale, le imprese saranno tenute ad aggiornare le proprie procedure interne, assicurando un’applicazione conforme della norma così come integrata dalla pronuncia della Consulta. In particolare, sarà necessario rivedere i criteri soggettivi di accesso al congedo e predisporre una comunicazione puntuale agli uffici competenti per la gestione amministrativa delle assenze.
È inoltre plausibile attendersi, nei prossimi mesi, chiarimenti da parte degli enti competenti, volti a fornire indicazioni uniformi per l’attuazione operativa della sentenza.
Oltre al piano strettamente applicativo, la decisione rappresenta un’occasione per le aziende di riflettere sulla propria strategia in materia di welfare e diversity, ponendo al centro una visione più ampia e attuale della genitorialità. L’estensione del congedo obbligatorio a figure fino ad ora escluse evidenzia l’esigenza di superare modelli organizzativi ancorati a una definizione tradizionale di famiglia, a favore di una maggiore aderenza alle trasformazioni in atto nella società.
Nell’ambito delle politiche aziendali, le aziende potranno valorizzare questa occasione per ripensare i propri strumenti di sostegno alla genitorialità, con l’obiettivo di favorire una maggiore inclusione e garantire condizioni di effettiva parità.
La sentenza n. 115/2025 rappresenta quindi non solo una svolta giurisprudenziale, ma anche un’occasione per ripensare l’organizzazione del lavoro in senso più equo e inclusivo, capace di accogliere le diverse configurazioni familiari e promuovere l’effettiva conciliazione tra tempi di vita e tempi di lavoro.

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