Nei ricorsi aventi ad oggetto gli esiti di procedure concorsuali, non può formare materia di censura l’asserita eccessiva brevità dei tempi impiegati dalla Commissione esaminatrice per correggere tutti gli elaborati, non essendo sindacabile in sede di legittimità la congruità del tempo dedicato dalla commissione alla valutazione delle prove di candidati, mancando una predeterminazione, sia pure di massima, ad opera di legge o di regolamenti, dei tempi da dedicare valutazione[1].
Indice
1. La sentenza
La recente sentenza del Consiglio di Stato, sezione VII, del 27 gennaio 2025, n. 605, in merito alle procedure valutative per la chiamata di professori ordinari ex art. 24, comma 6, della legge 240/2010, ha offerto importanti chiarimenti sull’applicazione dei criteri valutativi nelle procedure concorsuali. La pronuncia ha avuto origine dal ricorso presentato da un candidato risultato secondo classificato, il quale contestava la nomina della nuova Commissione e la successiva graduatoria, sostenendo una modifica sostanziale dei criteri di valutazione a favore del candidato vincitore. Al centro della controversia vi era, inoltre, la presunta eccessiva rapidità con cui la Commissione avrebbe svolto i propri lavori.
2. Non può formare materia di censura l’asserita eccessiva brevità dei tempi impiegati dalla Commissione esaminatrice per correggere tutti gli elaborati
La recente sentenza del Consiglio di Stato, sezione VII, del 27 gennaio 2025, n. 605, in materia di procedure valutative per la chiamata di professori ordinari ex art. 24, comma 6, della legge 240/2010, ha fornito chiarimenti significativi in merito alla corretta applicazione dei criteri valutativi nelle procedure concorsuali, nonché sulla brevità dei tempi impiegati dalla Commissione esaminatrice per la valutazione dei candidati.
Nella fattispecie, l’appellante secondo classificato alla procedura de qua, aveva impugnato il provvedimento di nomina della nuova Commissione e la successiva graduatoria, sostenendo che la Commissione aveva modificato sensibilmente i criteri di valutazione dei candidati, con il risultato di una significativa valorizzazione del candidato poi risultato nuovamente vincitore.
Secondo l’appellante, inoltre, non sarebbero stati valorizzati i fattori nei quali egli avrebbe potuto prevalere.
La censura, inoltre, lamentava che la Commissione avesse “avviato i propri lavori immediatamente, tenendo la prima seduta già il 15 luglio 2022” e avesse “addirittura concluso i lavori prima della scadenza del termine di ricusazione”, mentre “il Rettore ha proceduto all’approvazione degli atti il 20 luglio 2022”, “con il risultato che in sedici giorni si sono individuati i membri, costituita la Commissione, che ha immediatamente preso servizio e in soli tre giorni ha concluso i propri lavori ed esaurito la propria missione”.
La censura dell’appello si concentra sul tempo impiegato dai commissari nell’attività di valutazione dei titoli dei candidati.
Ritiene il Collegio che le mere allegazioni del ricorrente non sono supportate da alcun elemento concreto da cui poter desumere che i commissari non abbiano dedicato tempi adeguati al vaglio della documentazione prodotta.
In ogni caso si trattava di valutare due curricula e le pubblicazioni in una procedura cui partecipano solo due candidati. La durata di tre ore e mezzo è relativa alla riunione che la rinnovata Commissione ha dedicato alla valutazione dei titoli dei due candidati, ma nulla esclude che la lettura dei titoli sia stata fatta, come è del tutto ovvio, dai Commissari singolarmente, mentre è la valutazione che è avvenuta nella seduta collegiale, con i tempi censurati.
Il Consiglio di Stato ha già affermato che “nei ricorsi aventi ad oggetto gli esiti di procedure concorsuali, non può formare materia di censura l’asserita eccessiva brevità dei tempi impiegati dalla Commissione esaminatrice per correggere tutti gli elaborati, non essendo sindacabile in sede di legittimità la congruità del tempo dedicato dalla commissione alla valutazione delle prove di candidati, mancando una predeterminazione, sia pure di massima, ad opera di legge o di regolamenti, dei tempi da dedicare valutazione”( ex multibus Consiglio di Stato sez. III, 21 dicembre 2022, n.11160).
Pertanto, il Consiglio di Stato con la sentenza 605/2025 ha rigettato l’appello, confermando la legittimità della procedura adottata dall’Università degli Studi di Cagliari e la corretta applicazione dei criteri valutativi, nonché, di particolare rilievo è la precisazione circa l’insindacabilità in sede di legittimità della congruità del tempo dedicato dalla commissione alla valutazione dei titoli dei candidati, in assenza di una predeterminazione normativa o regolamentare dei tempi di valutazione. La decisione rappresenta un monito sulla necessità di trasparenza e coerenza nei processi valutativi accademici, bilanciando l’autonomia universitaria con il rispetto delle garanzie procedurali e sostanziali dei partecipanti alle selezioni pubbliche.
3. Conclusioni
In conclusione, la sentenza del Consiglio di Stato, sezione VII, del 27 gennaio 2025, n. 605, sulla procedura concorsuale dell’Università degli Studi di Cagliari rappresenta un punto fermo in tema di valutazione dei candidati nei concorsi pubblici accademici. Il rigetto dell’appello e la conferma della legittimità della procedura adottata evidenziano l’importanza di un approccio trasparente e coerente nei processi selettivi, senza tuttavia limitare l’autonomia universitaria. Di particolare rilievo è il chiarimento circa l’insindacabilità in sede di legittimità della durata dei lavori della Commissione, in assenza di specifiche norme regolamentari. La pronuncia invita le amministrazioni universitarie a garantire procedure valutative che, pur nella flessibilità organizzativa, rispettino i principi di imparzialità, correttezza e tutela dei diritti dei candidati, contribuendo così a consolidare la fiducia nei meccanismi di selezione pubblica.
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Note
[1] ex multibus Consiglio di Stato sez. III, 21 dicembre 2022, n.11160.
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