Comportamento “aggressivo” dei gestori di pubblici servizi in danno del consumatore e danno esistenziale

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I) In senso favorevole al riconoscimento di un danno esistenziale in un caso di abuso di posizione dominante perpetrato da un gestore telefonico con comportamento qualificato “aggressivo”, si legga Trib. Genova 24.11.2006:
 “… L’incidenza sull’assetto relazionale della vita legata a necessità di doversi “difendere” da modalità comportamentali aggressive poste in opera da un soggetto economico molto forte, subdole per le modalità con le quali vengono poste in essere a fronte peraltro di esborsi contenuti quali possono rendere “poco visibili” agli utenti le lesioni alla sfera dei diritti di libertà economica così posti in essere porta alla necessità di riconoscere una lesione e dunque il diritto ad un risarcimento del danno esistenziale …”.
 
II) Non occorrono parole ulteriori per dimostrare che un caso di comportamento “aggressivo” che faccia leva sul metus ingenerato nel consumatore integri pacificamente un danno esistenziale imputabile al gestore prodotto all’utente, se ed in quanto riverberantesi sul “fare areddituale del soggetto” (tipico contenuto, quest’ultimo, del danno esistenziale nelle sue correnti formulazioni dottrinali e giurisprudenziali).
Sul danno cd. esistenziale non occorre ripercorrere il formante giurisprudenziale se non per brevi linee.
E’ solo il caso di richiamare la prevalente giurisprudenza in materia (Cass. 12 maggio 2003 nn. 7281, 7282 e 7283, id., 31 maggio 2003, nn. 8827 e 8828, Corte Cost. 13 – 28 gennaio 2003 [ord.], 11 luglio 2003 n. 233; conff., Giud. pace Cesena 23 gennaio 2005, Giud. pace Chioggia 21 febbraio 2004, Giud. pace Napoli 26 febbraio 2004, Giud. pace Bari 22 dicembre 2003, Giud. pace Portici 7 novembre 2003, 20 ottobre 2003, Giud. pace Napoli, 22 settembre 2003, Giud. pace Roma, 12 maggio 2003, id., 11 luglio 2003), sull’onda della quale gli operatori giudiziari sono pervenuti al riconoscimento di un tale tipo di pregiudizio, ravvisando nei frequenti disservizi del vivere quotidiano, i cc. dd. «danni microesistenziali», rilevanti se e quando venga lesa, in modo non irreparabile, la sfera emotiva ed emozionale del soggetto, provocandone risentimenti di stress, irritazione etc..
Un tale pregiudizio “esistenziale” non ha bisogno di dimostrazioni logico – giuridiche e deriva, pacificamente, da presunzioni semplici ex art. 2729 cc, come afferma la prevalente giurisprudenza sul punto:
Appello Milano Va, al riguardo rilevato che la prova del danno esistenziale, ormai definitivamente riconosciuto dalle Sezioni Unite della Cassazione (con la sentenza 24.3.2006,n. 6572) da intendere come ogni pregiudizio (di natura non meramente emotiva ed interiore, ma oggettivamente accertabile) provocato sul fare areddittuale del soggetto, che alteri le sue abitudini e gli assetti relazionali propri, inducendolo a scelte di vita diverse quanto all’espressione e realizzazione della sua personalità nel mondo esterno, può essere data anche a mezzo di presunzioni”. Tale danno va dimostrato in giudizio con tutti i mezzi consentiti dall’ordinamento, assumendo peraltro precipuo rilievo la prova per presunzioni, per cui dalla complessiva valutazione di precisi elementi dedotti”.
Deve trattarsi di presunzioni c.d. semplici (art. 2729 c.c.) che per essere rilevanti devono essere gravi, precise e concordanti
. E’ quindi possibile far ricorso, da parte del giudice, alla prova presuntiva fondata anche sul principio di probabilità che deve far ritenere possibile e verosimile , in base alle regole dell’esperienza, la connessione causale tra il danno esistenziale ed il fatto illecito, tenendo conto non solamente degli aspetti cd “interni” della lesione esistenziale, ma anche e soprattutto delle ripercussioni nell’ambito cd “esterno”.
La prova, può anche essere di segno negativo, potendo anche dimostrarsi che, senza il fatto dannoso, l’alterazione della qualità della vita non si sarebbe manifestata, o avrebbe avuto una intensità minore
 (ex multis, si legga la conf. Cass., 12. 6. 2006, n. 13546).
sent. 29 gennaio 2007
:
Ovvero, ancora quanto alla prova del danno esistenziale,, sempre a mente di autorevoli insegnamenti giurisprudenziali (cfr., ancora, Cass., sezioni unite, sentenza n. 6572 del 24.3.2006) il Giudice potrà pacificamente utilizzare quali indici di sussistenza le nozioni generali derivanti dall’esperienza ex art. 115 cpc, delle quali ci si serve nel ragionamento presuntivo e nella valutazione delle prove.
Giorgio Vanacore
avvocato in Napoli
giorgiovanacoreavv@libero.it

Vanacore Giorgio

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