Codice delle comunicazioni elettroniche: riconoscimento dei diritti in concreto

Il Decreto Legislativo 24 marzo 2024, n. 48 detta “Disposizioni correttive al decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 207, di attuazione della direttiva (UE) 2018/1972 del Parlamento europeo e del Consiglio dell’11 dicembre 2018, che modifica il decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259, recante il codice delle comunicazioni elettroniche”.

Indice

1. Codice delle comunicazioni elettroniche: sanzioni

L’art. 1, ai commi da 14 a 16, indica un pacchetto di novelle in tema di ricorsi e sanzioni sui provvedimenti delle autorità preposte, cioè MIMIT e AGCOM.
Tramite la Legge n. 93/2023 il legislatore aveva già introdotto nell’ordinamento norme per la prevenzione e la repressione della diffusione illecita di contenuti tutelati dal diritto d’autore mediante le reti di comunicazione elettronica.
In dettaglio, i commi da 14 a 16 elencano una serie di aggiunte all’art. 30 al Codice delle Comunicazioni Elettroniche (D.Lgs. n. 259/2003):
c. 12-bis, in virtù del quale la sanzione amministrativa pecuniaria dell’importo edittale da 50 mila a un milione di euro è irrogata, secondo le rispettive competenze, dal Ministero o dall’AGCOM per i soggetti, compresi i call center, che operano in violazione dell’art. 98-decies del medesimo codice delle comunicazioni elettroniche, quindi violando le limitazioni di accesso ai numeri e i blocchi, che l’AGCOM può imporre per motivi di frode o abuso, e ponendo in essere pratiche commerciali sleali. Si tratta, in definitiva, dei casi di telefonate ripetute e moleste per il consumatore;
commi da 27-bis a 27-quinquies, ai sensi dei quali:
a. è punito con la sanzione amministrativa da 3 mila a 15 mila euro, oltre che alla somma da 300 a 5 mila euro ad apparecchio, e salvo che non costituisca reato, il fabbricante o l’importatore che metta a disposizione sul mercato ricevitori o apparecchi TV digitali non conformi ai requisiti di cui all’art. 98-viciessexies, c. 3 del codice delle comunicazioni elettroniche;
b. analogamente, con le medesime sanzioni è punito il fabbricante, l’importatore, l’assemblatore o il distributore che metta a disposizione sul mercato veicoli nuovi della categoria M e N non conformi al citato art. 98-viciessexies, c. 3.

2. Tutela degli utenti

I commi da 35 a 37 dell’art. 1 riguardano profili che involgono in modo più diretto la tutela degli utenti e modificano tre articoli del codice delle comunicazioni elettroniche.
In particolare, si novellano le competenze dell’AGCOM e del Ministero per le risorse di numerazione, introducendo la competenza specifica per l’Autorità di regolamentare e gestire l’attribuzione all’utenza aziendale degli identificativi alfanumerici per l’invio di SMS/MMS, per il tramite di fornitori di servizi di messaggistica aziendale.
In generale, sono il Ministero (MIMIT) e l’Autorità (AGCOM) competenti in materia di numerazione, nomi a dominio e indirizzamento, fatte salve le specifiche attività già attribuite ad altri soggetti.
Il Ministero gestisce la concessione dei diritti d’uso per tutte le risorse nazionali di numerazione e la pubblicazione delle assegnazioni dei piani nazionali di numerazione dei servizi di comunicazione elettronica.
Si prevede che l’Autorità debba rendere disponibili le risorse di numerazione, tra cui gli identificativi alfanumerici, per l’impiego da parte dell’utente finale presente sul territorio nazionale, salvo eccezioni determinate dalla medesima, tra cui la messa a disposizione di una serie di numeri non geografici che possano essere impiegati per la fornitura di servizi di comunicazione elettronica differenti dai servizi di comunicazione interpersonale in tutto il territorio dell’UE.
Si prevede che il Ministero vigili sull’assegnazione dei nomi a dominio e indirizzamento.
Si modifica l’accesso a numeri e servizi, aggiungendo alcuni poteri dell’AGCOM in funzione di repressione delle frodi o abusi sull’utilizzo di numerazioni: l’Autorità può imporre ai soggetti autorizzati a fornire reti o servizi di comunicazione elettronica norme per bloccare comunicazioni provenienti dall’estero che illegittimamente usino numerazione nazionale per identificarne l’origine, ovvero non rispettino le specifiche raccomandazioni dell’ITU-T.
L’Autorità può ordinare il blocco dei sistemi dei nomi di dominio accessibili da utenza ubicata sul territorio nazionale in ipotesi di pratiche commerciali aggressive, frodi o abusi sulla base di specifica propria regolamentazione.
In materia di tutela degli utenti rispetto a pratiche commerciali scorrette, dopo l’approvazione della Legge n. 5/2018 sul Registro pubblico delle opposizioni, è stato emanato il nuovo Regolamento attuativo del registro delle opposizioni con D.P.R. n. 26/2022, ma a tali disposizioni non sono soggetti i call center ubicati all’estero e, come riportato sul website del Garante per la protezione dei dati personali, la maggior parte delle telefonate avviene mediante spoofing, ovvero con numerazione camuffata.
Si modifica l’art. 98-undetricies del Codice, per meglio specificare le procedure e gli obblighi per le imprese relativi all’identificazione degli utenti della telefonia mobile in sede di sottoscrizione dei contratti: ogni impresa è tenuta a rendere disponibili per il CED del Ministero dell’interno gli elenchi dei propri clienti titolari di contratti pre-pagati (acquirenti traffico) o postpagati (abbonati) della telefonia mobile.
Il Ministero e l’Autorità assicurano, altresì, che i clienti siano identificati prima dell’attivazione, pure di singole componenti, dei servizi, al momento della consegna o messa a disposizione della S.I.M. ovvero della fornitura del profilo in ipotesi di eSIM digitale.
Viene chiarito che l’acquisizione della copia del documento di identità non occorre quando per l’identificazione del cliente siano impiegati sistemi di identità digitale equipollenti a ogni effetto di legge ai documenti d’identità.

3. Un commento

L’intervento comunitario aiuta non solo a uniformare una normativa, in maniera tale da evitare che il dislocamento opportunistico in altri paesi consenta la sistematicviuolazione normativa, ma offre anche l’opportunità duplice di intervenire sulle priorità dell’agenda politica, che spesso sottostima la rilevanza di alcuni ambiti, e soprattutto indica già un criterio regolamentare cui attingere.
Purtroppo tale recepimento è spesso acritico e non sempre si concilia adeguatamente con la struttura amministrativa concreta preposta, paese per paese, a dar vita alla norma, e così risposte concrete ai cittadini.
Innanzitutto di queste (come delle precedenti norme) occorre una maggiore informazione ai cittadini.
Ciò passa anche da scrittura comprensibile del provvedimento.
Ad esempio: “Disposizioni correttive al decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 207, di attuazione della direttiva (UE) 2018/1972 del Parlamento europeo e del Consiglio dell’11 dicembre 2018, che modifica il decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259, recante il codice delle comunicazioni elettroniche”. Potrebbe essere semplicemente scritto così “Disposizioni correttive al codice delle comunicazioni elettroniche”. Inserenso in premessa “Disposizioni correttive al decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 207, di attuazione della direttiva (UE) 2018/1972 del Parlamento europeo e del Consiglio dell’11 dicembre 2018, che modifica il decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259”.
Può sembrare un’insezia, ma facilita non solo la comprensione e la chiarezza del tema, ma avvicina il cittadino al linguaggio corrente, utile alla comprensione in concreto dei propri diritti, e non lo rende “culturalmente e tecnicamente escluso”.
Inoltre – e qui vengono le dolenti note – il sitema di accesso alla tutela diretta deve essere semplificato ed immediato. Spesso le pubbliche amministrazioni non rispondono nemmeno alle pec; in Inghilterra puyoi risolvere intere questioni in un paio di settimane in via diretta attraverso la mail ordinaria (che ha valore legale). Ma soprattutto l”impostazione della pubblica amministrazione è incentrara sulla immediatezza del riscontro.
Questa asimmetria genera costi, ma soprattiutto lede in concreto diritti – seppure formalmente riconosiuti sulla carta.
Va anche peggio quando la pubblica amministrazione è consapevole che spesso l’unico mezzo è un onerosissimo e spesso eccessivamente lungo procedimento presso il TAR, senza che ciò incida sulla carriera del dipendente omittente.
Nella mia esperienza mi è anche capitato che una Regione (Campania) affermasse che “il procedimento non prevede l’annullamento ex art 21nonies” e un’altra (Emilia Romagna) che in procedimento a istanza di parte “non è prevista la richiesta integrativa ex art 10bis”.
Per quanto in punta di diritto queste affermazioni sio commentano da sole, resta il fatto disarmente che per vedere riconosciuto il semplice rispetto della legge il cittadino viene sistematicamente frustrato dall’avere come unico rimedio il ricorso al giudice.
Questa frustrazione è in sé una lesione di diritti di fatto, ma genera anche quella cancrenosa percezione della pubblica amministrazione come arrogante e lontana, un’oligarchia spesso feconda per fenomeni corruttivi.
Ciò che c’è da fare – quando si adeguano le norme che di fatto attribuiscono diritti – e contestualmente mettere mano alla definizione di strumenti idonei e celeri ed economici ed efficienti per la loro attuazione in concreto. Altrimenti tutti questi atti normativi – doverosi e necessari – rimarranno il paravento per affermare di aver provveduto dietro il quale si cela un diniego di giustizia in concreto.

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Michele Di Salvo

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