La Consulta dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 73 del codice antimafia: vediamo come
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Indice
1. La questione: l’incostituzionalità dell’art. 73 del Codice antimafia
Il Tribunale ordinario di Nuoro, sezione penale, sollevava, in riferimento agli artt. 3 e 25 della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 73 del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159 (Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonché nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 13 agosto 2010, n. 136), nella parte in cui punisce con sanzione penale chi, in precedenza sottoposto a misura di prevenzione personale, guidi un autoveicolo o un motoveicolo senza patente, in quanto revocata o sospesa, anche nelle ipotesi in cui la revoca o la sospensione del titolo abilitativo alla guida non conseguano all’applicazione della misura di prevenzione.
In particolare, il giudice a quo reputava come la disposizione censurata contrastasse con il principio di necessaria offensività del reato di cui all’art. 25, secondo comma, Cost..
Più nel dettaglio, il giudice remittente notava che il principio di offensività del reato, pure nella sua configurazione come fattispecie di pericolo, postula che le qualità personali dei soggetti o i comportamenti pregressi degli stessi non possono giustificare disposizioni che attribuiscono rilevanza penale a condizioni soggettive, salvo che tale trattamento specifico e differenziato rispetto ad altre persone non risponda alla necessità di preservare altri interessi meritevoli di tutela dato che non è compatibile con il principio di offensività l’incriminazione di un mero status, anziché di una condotta, pur potendo rilevare nei reati propri, la condizione soggettiva dell’autore.
Ciò precisato, sempre il giudice a quo, pur ritenendosi consapevole che, con la sentenza n. 211 del 2022, la Corte costituzionale ha ritenuto non ravvisabile un’ipotesi di responsabilità d’autore nella fattispecie di cui all’art. 73 cod. antimafia, evidenziando al riguardo come, in relazione alla fattispecie presa allora in considerazione, la sentenza ha affermato, tra l’altro che il «[p]resupposto della fattispecie penale è la mancanza del titolo abilitativo alla guida quale conseguenza dell’applicazione della misura di prevenzione personale; presupposto che – come rilevato – trova il suo specifico riferimento normativo nella disposizione di cui all’art.120 cod. strada»; pur tuttavia, a suo avviso, il tenore letterale della disposizione è, però, tale da determinarne l’applicabilità anche alle ipotesi in cui la sospensione o la revoca del titolo abilitativo non derivino dall’applicazione della misura di prevenzione personale, ma conseguano ad altre evenienze, quali la perdita dei requisiti psicofisici per la guida o, come nel caso di specie, quando si tratti di misura di tipo cautelare irrogata dall’autorità amministrativa per contrastare ulteriori comportamenti connessi all’abuso di bevande alcoliche.
Ebbene, per il giudice remittente, in tali ipotesi, verrebbe a mancare la ragione giustificativa della previsione penale dal punto di vista del principio di offensività, individuata nella necessità di limitare gli spostamenti, di impedire o ostacolare la perpetrazione di attività illecite e di rendere meno agevole il sottrarsi ai controlli dell’autorità da parte di soggetti ritenuti pericolosi e per questo assoggettati a misura di prevenzione, osservandosi a tal riguardo che, laddove la revoca o la sospensione della patente non sia collegata all’applicazione della misura di prevenzione, alla pericolosità del soggetto e alla necessità di predisporre più stringenti modalità di controllo, la previsione di una sanzione penale connessa alla violazione del divieto di guida senza patente finisce con il punire una qualità personale del soggetto, quella cioè di essere persona sottoposta alla misura di prevenzione; in assenza di tale qualifica soggettiva, la medesima condotta è invece punita solo in via amministrativa, fatta salva l’ipotesi della recidiva nel biennio.
Di conseguenza, in tali casi, alla luce dei principi affermati nella sentenza della Corte costituzionale n. 354 del 2002, per il giudice a quo, l’essere sottoposto con provvedimento definitivo a una misura di prevenzione personale si pone come «evenienza del tutto estranea al fatto-reato» previsto dall’art. 73 cod. antimafia, configurando una ipotesi di responsabilità penale d’autore, fermo restando che – diversamente da quanto affermato nella sentenza della Consulta n. 211 del 2022 in relazione alla specifica fattispecie di revoca della patente quale conseguenza dell’applicazione della misura di prevenzione, per la quale vi è un momento di valutazione caso per caso della pericolosità specifica, che peraltro si accompagna alla giustiziabilità della valutazione prefettizia – nella fattispecie in esame, in cui la sospensione della patente non è connessa all’applicazione della misura di prevenzione, manca il momento valutativo della pericolosità sociale.
Ad avviso del rimettente, dunque, la disposizione censurata, nella parte in cui sanziona il destinatario di una misura di prevenzione personale, nei confronti del quale la patente di guida sia stata sospesa o revocata per ragioni estranee all’applicazione della misura di prevenzione, configura una ipotesi di reato d’autore, in contrasto con il principio di offensività, il quale vieta di punire o di punire in maniera più rigorosa un soggetto, in ragione delle sue qualità personali derivanti dal precedente compimento di atti del tutto estranei al fatto-reato per cui si procede.
Precisato ciò, si reputava altresì come la disposizione censurata fosse illegittima costituzionalmente pure con l’art. 3 Cost., sotto il profilo della violazione del principio di ragionevolezza, evidenziandosi a tal riguardo, come già prospettato nell’ordinanza di rimessione, che, in seguito alla depenalizzazione attuata con l’art. 1 del decreto legislativo 15 gennaio 2016, n. 8 (Disposizioni in materia di depenalizzazione, a norma dell’articolo 2, comma 2, della legge 28 aprile 2014, n. 67), la conduzione dei veicoli senza aver conseguito la patente, o la guida senza patente perché revocata o non rinnovata per mancanza dei requisiti fisici e psichici, non è più prevista dalla legge come reato (salvo il caso della recidiva nel biennio), in quanto trasformata in illecito amministrativo e punita, ai sensi dell’art. 116, comma 15, primo periodo, cod. strada, con la sanzione amministrativa da ultimo innalzata nel minimo a 5.100 e nel massimo a 30.599 euro.
Pertanto, nell’attuale sistema normativo, per il giudice a quo, l’essere stato sottoposto, con provvedimento definitivo, a una misura di prevenzione personale, pur essendo circostanza del tutto estranea al fatto reato (guida senza patente), rende punibile una condotta che, se realizzata da qualsiasi altro soggetto, non assume alcun disvalore sul piano penale, eccettuata l’ipotesi della recidiva nel biennio.
La disposizione censurata, in tale prospettiva, sarebbe quindi, ad avviso del rimettente, viziata da irragionevolezza, giacché un medesimo fatto, la guida senza patente, rileva sotto l’aspetto penale soltanto per una particolare categoria di soggetti, quelli sottoposti a misura di prevenzione, facendosi a tal proposito presente che le argomentazioni sul punto, contenute nella sentenza della Consulta n. 211 del 2022 – che ha dichiarato la non fondatezza delle questioni allora sollevate – non possono valere nel caso di specie, poiché il provvedimento di sospensione amministrativa della patente era stato disposto per ragioni non ricollegabili alla pericolosità dell’imputato. Volume consigliato per approfondire: Formulario Annotato del Processo Penale dopo la Riforma Cartabia
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2. La soluzione adottata dalla Consulta
Il Giudice delle leggi, dopo avere stimato le questioni suesposte ammissibili e proceduto alla ricostruzione dell’evoluzione del quadro normativo di riferimento, già operata dalla Consulta nella sentenza n. 211 del 2022, avente ad oggetto la stessa disposizione anche ora censurata, considerava le questioni di legittimità costituzionale prospettate nel caso di specie fondate in riferimento ad ambedue i parametri invocati dal giudice a quo.
In particolare, tra le argomentazioni che inducevano i giudici di legittimità costituzionale a ravvisare la norma in questione non esente da censure di illegittimità costituzionale, va segnalato, in quanto di di particolare rilievo da un punto di vista decisorio, quel passaggio motivazionale con cui la Consulta rilevava che le qualità personali dei soggetti o i comportamenti pregressi degli stessi «non possono giustificare disposizioni che attribuiscano rilevanza penale a condizioni soggettive, salvo che tale trattamento specifico e differenziato rispetto ad altre persone non risponda alla necessità di preservare altri interessi meritevoli di tutela» (sentenza n. 211 del 2022), facendosene conseguire da ciò come non sia quindi compatibile con il principio di offensività l’incriminazione dello “status” di sottoposto a misura di prevenzione personale che non si rifletta su una maggiore pericolosità o dannosità, e, quindi, offensività, della condotta, in assenza della violazione di una specifica prescrizione che sia ricollegabile alla condizione soggettiva di destinatario della misura di prevenzione personale, essendo questo ciò che, appunto, si verifica nella disposizione censurata, nella parte in cui prevede come reato la condotta di colui che, sottoposto a misura di prevenzione personale con provvedimento definitivo, guidi senza patente in quanto revocata o sospesa, nei casi in cui la revoca o la sospensione del titolo abilitativo alla guida conseguano non già all’applicazione della misura di prevenzione, ma alla precedente violazione delle disposizioni del codice della strada, segnatamente di quella sui limiti di tasso alcolemico del conducente visto che non si giustifica, anche sotto il profilo del principio di uguaglianza, un trattamento sanzionatorio più grave rispetto a quello stabilito dal legislatore per tutti gli altri soggetti per i quali la medesima condotta rileva quale illecito amministrativo (salvo il caso della recidiva nel biennio).
Invero, ove non ricorra la revoca, o il diniego, della patente in ragione dell’applicazione della misura di prevenzione, sempre ad avviso della Corte costituzionale, il prevenuto versa nella stessa condizione di ogni altro soggetto che non rispetti la disciplina del codice della strada e, segnatamente, quella sui limiti di tasso alcolemico del conducente, incorrendo nella sospensione o nella revoca della patente di guida, tenuto conto altresì del fatto che, sia per il prevenuto, sia per gli altri soggetti, la successiva condotta di guida con patente sospesa o revocata per violazioni di norme del codice della strada non può non avere lo stesso trattamento giuridico: costituisce illecito amministrativo, salva l’ipotesi della recidiva nel biennio.
Di conseguenza, alla luce delle considerazioni sin qui esposte, veniva dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 73 cod. antimafia nella parte in cui prevede come reato la condotta di colui che – sottoposto a misura di prevenzione personale con provvedimento definitivo, ma senza che per tale ragione gli sia stata revocata la patente di guida – si ponga alla guida di un veicolo dopo che il titolo abilitativo gli sia stato revocato o sospeso a causa di precedenti violazioni di disposizioni del codice della strada fermo restando che, per effetto di tale riduzione dell’ambito applicativo della fattispecie penale, prevista dalla disposizione censurata, si riespande quella dell’art. 116, comma 15, cod. strada, non più derogato dalla prima in parte qua, e, quindi, trova applicazione l’ordinaria sanzione amministrativa, salva l’ipotesi della recidiva nel biennio.
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3. Conclusioni
Fermo restando che, come è noto, l’art. 73 del d.lgs, 6 settembre 2011, n. 159 dispone che, nel “caso di guida di un autoveicolo o motoveicolo, senza patente, o dopo che la patente sia stata negata, sospesa o revocata, la pena è dell’arresto da sei mesi a tre anni, qualora si tratti di persona già sottoposta, con provvedimento definitivo, a una misura di prevenzione personale”, per effetto di questa pronuncia, non rientra più nell’ambito di questa fattispecie di reato il caso in cui taluno– sottoposto a misura di prevenzione personale con provvedimento definitivo, ma senza che per tale ragione gli sia stata revocata la patente di guida – si pone alla guida di un veicolo dopo che il titolo abilitativo gli sia stato revocato o sospeso a causa di precedenti violazioni di disposizioni del codice della strada.
Pur tuttavia, come viene precisato in questa stessa sentenza qui in commento, una condotta di questo tipo continua a comportare comunque delle consegue giuridiche, anche di ordine penale, per l’autore di essa dato che rimane applicabile l’art. 116, co. 15, d.lgs., 30 aprile 1992, n. 285 che, come è risaputo, stabilisce quanto sussegue: “Chiunque conduce veicoli senza aver conseguito la corrispondente patente di guida è punito con l’ammenda da 2.257 euro a 9.032 euro; la stessa sanzione si applica ai conducenti che guidano senza patente perché revocata o non rinnovata per mancanza dei requisiti fisici e psichici. Nell’ipotesi di recidiva nel biennio si applica altresì la pena dell’arresto fino ad un anno. Per le violazioni di cui al presente comma è competente il tribunale in composizione monocratica”.
Dunque, tale comportamento continua ad assurgere a fatto penalmente rilevante, seppur sanzionato con una pena più lieve rispetto a quella stabilita dall’art. 73 del d.lgs. n. 159 del 2011, nel caso di recidiva nel biennio.
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