Le clausole di esonero dalla responsabilità

L’art. 1229 c.c. stabilisce che: è nullo qualsiasi patto che esclude o limita preventivamente la responsabilità del debitore per dolo o per colpa grave.

L’art. 1229 del codice civile stabilisce che: “è nullo qualsiasi patto che esclude o limita preventivamente la responsabilità del debitore per dolo o per colpa grave. È nullo altresì qualsiasi patto preventivo di esonero o di limitazione di responsabilità per i casi in cui il fatto del debitore e dei suoi ausiliari costituisca violazione di obblighi derivanti da norme di ordine pubblico”.

Indice

1. Origine


Il divieto del patto di esonero dalla responsabilità trova la sua origine nel diritto romano.
In un passo del Digesto (D. 50.17.23 Ulp. 29 ad Sab.) Ulpiano riportava l’opinione di Celso sul pactum ne dolus praestetur secondo cui hoc enim bonae fidei iudicio contrarium est, per cui il patto di esonero dalla responsabilità per fatto doloso è nullo perché contrario a buona fede.
Identico insegnamento è contenuto in D. 16.3.1.7 (Ulp. 30 ad ed.) in cui si legge: Illud non probabis, dolum non esse praestandum si convenerit: nam haec conventio contra bonam fidem, contraque bonos mores est et ideo nec sequenda est, secondo cui il divieto del patto di esonero dalla responsabilità per fatto doloso trova il suo fondamento nella violazione della buona fede e del buon costume.
Nel diritto romano classico, dunque, veniva sanzionato il patto di esonero da responsabilità per comportamento doloso, mentre il pactum de culpa lata non praestanda (cioè per colpa grave) era considerato valido.
Il fondamento del divieto è posto da Ulpiano nel carattere immorale e socialmente doloso del patto con cui il debitore si assicura che il proprio inadempimento non abbia conseguenze. Inoltre, si può rilevare che se si fosse considerato valido il patto ne dolus praestetur aggiunto all’obbligazione al momento della sua costituzione, bisognava considerare nulla ab origine la stessa obbligazione in quanto tale patto contrastava con la seria volontà di obbligarsi, mentre se il patto fosse stato convenuto successivamente, avrebbe consentito al debitore di non adempiere la prestazione.
Solo in epoca giustinianea si ebbe l’estensione della nullità anche al patto di esonero da responsabilità per culpa lata del debitore, probabilmente, per l’opera dei compilatori che, interpolando i testi classici e basandosi sul principio per cui si equiparò la culpa lata al dolo, estesero il divieto anche al patto di esonero per colpa grave. Le ragioni di tale assimilazione consistono essenzialmente nella difficoltà di provare in giudizio il dolo e nella necessità di estendere la nullità del patto di esonero anche ai casi diversi dal dolo.

2. Le clausole di esonero dalla responsabilità nel nostro codice civile


L’art. 1229 del codice civile stabilisce che: “è nullo qualsiasi patto che esclude o limita preventivamente la responsabilità del debitore per dolo o per colpa grave. È nullo altresì qualsiasi patto preventivo di esonero o di limitazione di responsabilità per i casi in cui il fatto del debitore e dei suoi ausiliari costituisca violazione di obblighi derivanti da norme di ordine pubblico”.
Pertanto, nel nostro codice, è dichiarato nullo anche il patto de culpa lata non praestanda.
Le uniche pattuizioni di irresponsabilità ritenute implicitamente valide dalla disposizione rimangono quelle per colpa lieve.
Da notare che la nullità dell’uno e dell’altro patto è prevista espressamente solo per l’ipotesi in cui questo sia stipulato preventivamente, ma deve ritenersi nullo il patto di esonero dalla responsabilità anche se stipulato successivamente al costituirsi del rapporto obbligatorio in quanto altrimenti permetterebbe al debitore di non adempiere senza alcuna conseguenza giuridica.
Invece, sarà valido l’accordo con cui il creditore esonera dalla responsabilità il debitore dopo che si siano verificate le conseguenze del comportamento doloso o colposo del debitore, giacché in tale ipotesi deve vedersi nella adesione del creditore una sua rinuncia ad essere risarcito dei danni derivanti da quelle conseguenze.
Dal dettato dell’art. 1229 c.c. si desume che non costituisce clausola di esonero da responsabilità quella che delimita l’oggetto del contratto né la clausola di manleva, cioè quella con cui un soggetto diverso dal contraente assume su di sé la responsabilità e questo perché non è indifferente al debitore adempiere o meno alla prestazione alla quale si è obbligato, infatti, nel primo caso vi è solo una delimitazione dell’oggetto della prestazione, nel secondo la manleva non determina l’irresponsabilità del debitore, ma sposta su un altro soggetto le conseguenze della responsabilità ed il debitore dovrà poi regolare i suoi rapporti con il garante.
Il secondo comma dell’art. 1229 c.c. estende la nullità del patto di esonero in caso di violazione di norme di ordine pubblico in quanto in tali casi la nullità si ha anche per colpa lieve, considerato che l’ordine pubblico coinvolge interessi anche di soggetti ulteriori rispetto a debitore e creditore.

3. La ratio della norma


L’art. 1229 c.c. è volto sia ad impedire che, attraverso le clausole di esonero dalla responsabilità, l’equilibrio contrattuale risulti sconvolto a vantaggio di una delle parti, sia ad assicurare al creditore un minimo ed inderogabile impegno diligente da parte del debitore, evitando che questi possa deliberatamente sottrarsi al vincolo obbligatorio. Invero, senza le previsioni dell’art. 1229, il debitore si vincolerebbe ad una obbligazione in cui avrebbe la massima libertà di scelta se adempiere o meno, in quanto, in caso di inadempimento, non vi sarebbero per lui conseguenze giuridiche e, di contro, il creditore rimarrebbe senza tutela. Se si dovesse accettare la possibilità di pattuire la non responsabilità del debitore si andrebbe ad incentivare l’inadempimento e si snaturerebbe lo stesso concetto di obbligazione che non può prescindere dalla responsabilità del debitore in caso di suo inadempimento e si andrebbe a compromettere il fondamentale principio della tutela del credito e della certezza dei traffici giuridici, facendosi dipendere l’esecuzione del contratto dal mero arbitrio del soggetto obbligato. Per tutelare, quindi, il creditore – il quale, evidentemente, per accettare l’inserimento di una clausola di esonero dalla responsabilità sarebbe nella fattispecie il “contraente debole” – la norma codicistica prevede la nullità della clausola (1418 ss. c.c.).

4. Gli effetti della nullità ex art. 1229 c.c.


L’art. 1229 comma 1 c.c. sancisce la nullità del patto che esclude o limita preventivamente la responsabilità del debitore per dolo o per colpa grave, ma non ha espressamente disciplinato gli effetti giuridici derivanti da tale nullità sul contratto al quale la clausola è apposta. Le soluzioni possono essere le seguenti:
la nullità della singola clausola comporta la totale caducazione del contratto al quale è apposta, come previsto dagli artt. 1418 comma 1 e 1419 comma 1 c.c.;
la nullità colpisce la singola clausola, applicando il regime della nullità parziale di cui all’art. 1419 comma 1 c.c.;
la clausola nulla può essere sostituita, ai sensi dell’art. 1419 comma 2 c.c.;
la clausola nulla può essere soggetta alla conversione in una clausola lecita di parziale irresponsabilità;
la clausola nulla in caso di esonero dalla responsabilità per inadempimento doloso o gravemente colposo può essere ridotta nel suo contenuto in una clausola valida di esonero per colpa lieve, ai sensi dell’art. 1419 comma 1 c.c.
Al riguardo, l’art. 1419 c.c. comma 1 c.c., espressione del principio di conservazione degli atti giuridici, sancisce che “la nullità parziale di un contratto o la nullità di singole clausole importa la nullità dell’intero contratto, se risulta che i contraenti non lo avrebbero concluso senza quella parte del suo contenuto che è colpita dalla nullità”. Quindi, la parziale conservazione della validità del contratto è subordinata alla verifica oggettiva di una ipotetica volontà dei contraenti, oggettiva nel senso che si deve valutare l’operazione economica e l’assetto complessivo degli interessi delle parti, al fine di garantire un regolamento contrattuale il più aderente possibile a quell’equilibrio che le parti stesse intendevano concretamente realizzare con il contratto.
Con riguardo alle clausole di esonero dalla responsabilità, è giusto sostenere che la nullità della clausola non comporta la nullità totale del contratto, ma solo la nullità del patto di esonero. Due sono le considerazioni a fondamento: 1) se si ritenesse che la nullità del patto di esonero possa comportare la nullità dell’intero contratto, il debitore inadempiente otterrebbe lo stesso risultato di essere non responsabile e ciò sarebbe in contrasto con la ratio dell’art. 1229 c.c. costituita dalla tutela del credito; 2) la clausola di irresponsabilità non determina la produzione degli effetti del contratto, ma opera in un momento successivo e cioè quando gli effetti si sono già realizzati.
Stabilito che la nullità della clausola di esonero investe solo questa e non l’intero contratto, bisogna vedere se tale nullità investa la clausola nella sua interezza e, quindi, quale sia la disciplina sostitutiva ovvero se essa in qualche modo possa essere salvata, sia pur modificata e con riferimento alla sola ipotesi dell’esonero da responsabilità per colpa lieve.
Una prima ipotesi prevede che la nullità della clausola di esonero o di limitazione della responsabilità comporta la sostituzione della volontà dei contraenti da parte di norme di legge, ai sensi dell’art. 1419 comma 2 c.c. che recita: “la nullità di singole clausole non importa la nullità del contratto, quando le clausole nulle sono sostituite di diritto da norme imperative”. Bisogna, però, rilevare che: 1) tale sostituzione non è prevista dall’art. 1229 c.c. che sancisce solo la nullità della clausola; 2) l’art. 1419 comma 2 c.c. regola soltanto la sostituzione da parte di norme imperative e non, invece, quella da parte di norme dispositive come quelle relative alla responsabilità per inadempimento.
Pertanto, tale ipotesi non trova fondamento.
L’alternativa è quella di raggiungere la conservazione della clausola di irresponsabilità nulla mediante la riduzione del suo contenuto entro i confini della colpa lieve, ma con il limite, individuato dalla giurisprudenza, di escludere tale possibilità quando dalla formulazione letterale della clausola si ricava l’elisione della causa stessa del contratto o l’assoluta inconsistenza dell’obbligazione assunta, cosicché non abbia alcun significato ricorrere alla riduzione della sua portata applicativa nei limiti della colpa lieve (Cass. 7064/1997) e, di conseguenza, la clausola sarà totalmente nulla.

5. Patti di esonero dalla responsabilità e rapporti con la clausola penale


L’art. 1382 c.c. stabilisce che le parti possono determinare in via convenzionale e anticipata il ristoro economico in caso di inadempimento di una delle due parti. Quindi, con la clausola penale, a prescindere dall’effettivo pregiudizio, si fissa il risarcimento del danno in una determinata prestazione. Tale clausola penale costituisce, quindi, un limite al risarcimento del danno che le parti potrebbero richiedere, salvo che sia stata convenuta la risarcibilità del danno ulteriore. Ovviamente, il risarcimento pattuito con la clausola penale non può essere irrisorio perché in tale caso costituirebbe un aggiramento del divieto di limitazione di responsabilità sancito dall’art. 1229 c.c. (Cass. civ. n. 18338/2018).
Inoltre, dal momento che la clausola penale può operare anche quando l’inadempimento è doloso o colposo, ne consegue che con una clausola penale irrisoria il debitore può raggiungere il risultato di non essere responsabile anche quando l’inadempimento sia doloso o dovuto a colpa grave. Di conseguenza, per il combinato disposto degli articoli 1229 c.c. e 1382 c.c., la clausola penale non è valida per i casi di dolo e di colpa grave. Stesso risultato si raggiunge considerando che l’art. 1344 c.c. vieta i patti in frode alla legge, quindi, una clausola penale irrisoria sarebbe in frode a quanto sancito dall’art. 1229 c.c. e, di conseguenza, nulla.

6. La clausola di esonero da responsabilità per fatto degli ausiliari


L’art. 1229 comma 2 c.c. stabilisce che è nullo il patto di esonero da responsabilità in cui il fatto del debitore o dei suoi ausiliari costituisca violazione di norme di ordine pubblico.
Nulla dice per il caso in cui le parti pattuiscano una clausola di esonero per fatto degli ausiliari in ogni altra ipotesi diversa da quella della violazione di norme di ordine pubblico.
I ragionamenti possono essere due.
Secondo il primo ragionamento, in tali casi non si applicherebbe l’art. 1229 c.c. e, quindi, i patti di esonero dalla responsabilità sarebbero validi. Le considerazioni sono due. La prima è che se il fatto degli ausiliari è previsto solo nel comma 2 dell’art. 1229 e non nel comma 1 significa che il legislatore non voleva estendere la nullità anche a tale ipotesi. La seconda è che l’art. 1228 dice che il debitore risponde dell’inadempimento per fatti commessi dagli ausiliari “salva diversa volontà contraria”, quindi, tale articolo ammetterebbe esplicitamente che debitore e creditore in tale caso possano limitare la responsabilità per inadempimento.
Secondo il ragionamento contrario, invece, le clausole di esonero dalla responsabilità per fatto degli ausiliari sarebbero nulle perché in caso opposto verrebbe vanificata la ratio della norma del 1229 c.c. Invero, gli ausiliari non sono altro che “strumenti” di cui il debitore si avvale per adempiere il suo obbligo, pertanto, il loro inadempimento è inadempimento del debitore, giuridicamente imputato a costui. Inoltre, poiché gli ausiliari non sono direttamente responsabili nei confronti del creditore, un patto che esoneri da responsabilità il debitore per fatto degli ausiliari vanificherebbe il diritto del creditore al risarcimento del danno, effetto chiaramente inammissibile.
Inoltre, ammettere la validità di clausole di esonero dalla responsabilità per fatto degli ausiliari, comporterebbe la possibilità di frodi a danno dei contraenti più deboli in quanto uno dei soggetti del rapporto obbligatorio potrebbe delegare tutte le operazioni contrattuali ai propri dipendenti/ausiliari, avvalendosi della clausola di esonero dalla responsabilità per dolo o colpa grave degli ausiliari.
La Cassazione (sent. 20808/2010) ha chiarito che il debitore che si avvale nell’adempimento dell’obbligazione dell’opera di terzi risponde dei fatti dolosi e colposi di questi, sicché, ove si tratti di fatto doloso dell’ausiliario, il debitore è responsabile anche per i danni non prevedibili e tale responsabilità (al pari di quella per colpa grave) non può, ai sensi dell’art. 1229 c.c., essere esclusa o limitata sulla base di un patto preventivo.
Infine, bisogna anche considerare che l’art. 1175 c.c. statuisce che il creditore ed il debitore debbano comportarsi secondo le regole della correttezza ed impone ai soggetti dell’obbligazione un dovere reciproco di collaborazione, di conseguenza, anche la violazione di tali obblighi è fonte di invalidità delle clausole di esonero da responsabilità per dolo o colpa grave dei dipendenti perché violerebbero quel dovere di correttezza e di collaborazione.
Infine, bisogna ricordare che quando la clausola di esonero da responsabilità per il fatto degli ausiliari sia inserita in un contratto con un consumatore scatta il divieto dell’art. 1469 bis c.c., nel senso che una clausola siffatta sarebbe senz’altro nulla, per il fatto che determina un significativo squilibrio nei diritti e obblighi reciproci tra i contraenti.

7. Le clausole di limitazione della responsabilità della banca nel servizio di cassette di sicurezza


La Cassazione, riguardo alla responsabilità della banca per cassette di sicurezza previsto dall’art. 1839 c.c., ha più volte ribadito che le clausole contrattuali che limitano la responsabilità della banca per furto sono nulle, in quanto in contrasto con l’articolo 1229 c.c. Questo significa che la banca è responsabile per il furto del contenuto della cassetta, salvo il caso fortuito. 
Le banche, per aggirare il divieto, inserivano nei formulari una clausola con cui si vietava al cliente di introdurre nelle cassette di sicurezza beni di valore superiore ad una certa somma. Di conseguenza, il risarcimento del danno dovuto dalla banca era limitato alla somma indicata nel formulario. Le banche cercavano in tal modo di far passare tale clausola non come una clausola di esonero da responsabilità, ma come una clausola limitativa dell’oggetto del contratto e quindi una clausola valida. Il divieto in questione serviva ad equilibrare le prestazioni contrattuali nel senso che il cliente pagava un costo per il servizio e a tale costo doveva corrispondere una controprestazione adeguata, di conseguenza, la banca assumeva un obbligo di risarcimento proporzionale al pagamento del canone.
La Cassazione (sent. 28067/2008) si è, invece, pronunciata contro la validità di questo tipo di clausole per elusione dell’art. 1229 c.c., evidenziando che nel servizio di cassette di sicurezza, ai sensi dell’art. 1839 c.c., la banca assume principalmente l’obbligo di custodia e non può limitare il valore degli oggetti da introdurre nella cassetta.
La Cassazione ha ritenuto che la clausola limitativa della responsabilità della banca per la perdita dei valori depositati integri un patto limitativo non dell’oggetto del contratto, ma del debito risarcitorio della banca – quindi della responsabilità della banca –, in quanto impone un massimale all’entità del danno dovuto per l’inadempimento dell’obbligo di tutelare il contenuto della cassetta: obbligo che è da ritenere svincolato dal valore degli oggetti depositati, in virtù della segretezza garantita alle operazioni dell’utente.
Nei contratti che – come la locazione di cassette di sicurezza – impongono al contraente un dovere di custodia, il rischio di danni dipendenti da furto o rapina è in larga misura condizionato dal comportamento del custode e dalla diligenza da lui posta nell’adempiere ai suoi doveri, nel senso che la minore esposizione a responsabilità potrebbe determinare una minore propensione ad affrontare i costi necessari a ridurre al minimo i rischi di furto o di rapina.
Il fatto di ammettere la limitazione della responsabilità per danni della banca, anche nel caso di violazione del dovere di custodia per dolo o colpa grave, tramite un accordo contrattuale che includa nell’oggetto del contratto l’entità dei rischi di cui la banca è disposta a rispondere, comporterebbe, nella sostanza, ammettere che l’obbligato possa in certa misura sottrarsi alla responsabilità per custodia, anche quando il sinistro sia addebitabile a fatto proprio; cioè permettere che il custode possa non adottare tutte le misure idonee ad evitare i danni, in funzione della minore esposizione al rischio.
La limitazione della responsabilità in relazione al singolo evento dannoso, anche nel caso di dolo o colpa grave, avrebbe l’effetto di trasferire indebitamente e casualmente sui singoli utenti di volta in volta danneggiati i costi provocati dalla negligenza nella custodia.

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