Clausole abusive nei contratti tra consumatori e professionisti: sì alla nullità dell’intero contratto quando ciò garantisca una migliore tutela del consumatore

Redazione 16/03/12
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Anna Costagliola

Chiamata a pronunciarsi sulla questione pregiudiziale vertente sull’interpretazione dell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13/CEE in materia di clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, la Corte di Giustizia europea, con la sentenza 15 marzo 2012 resa nella causa C-453/10, ha fissato il principio per cui agli Stati membri è concessa la possibilità di garantire un livello di tutela per i consumatori più elevato di quello previsto dalla direttiva citata.

La domanda di pronuncia pregiudiziale è stata sollevata nell’ambito di una controversia relativa ad un contratto di finanziamento erogato da un istituto bancario di credito al consumo il quale riportava tassi di interesse esorbitanti, oltre a prevedere, più in generale, diverse clausole sfavorevoli, per cui i ricorrenti nel procedimento principale chiedevano al giudice di accertare l’integrale nullità del contratto medesimo. Propedeutica a tale accertamento è stata ritenuta l’interpretazione dell’articolo 6 della direttiva 93/13, a mente del quale «Gli Stati membri prevedono che le clausole abusive contenute in un contratto stipulato tra un consumatore ed un professionista non vincolano il consumatore, alle condizioni stabilite dalle loro legislazioni nazionali, e che il contratto resti vincolante per le parti secondo i medesimi termini, sempre che esso possa sussistere senza le clausole abusive». La Corte europea è stata pertanto investita della questione pregiudiziale diretta a chiarire se l’articolo 6 della direttiva possa essere interpretato nel senso che permette agli organi giurisdizionali nazionali, allorché accertino l’esistenza di clausole abusive contenute in un contratto stipulato tra un professionista ed un consumatore, di dichiarare che detto contratto nel suo complesso non vincola il consumatore quando tale soluzione sia più favorevole a quest’ultimo.

La Corte premette che in relazione all’incidenza dell’accertamento del carattere abusivo delle clausole contrattuali sulla validità del contratto in questione, ai sensi del suddetto articolo 6, tale contratto resta vincolante per le parti secondo i medesimi termini, sempre che esso possa sussistere senza le clausole abusive. Incombe, pertanto, ai giudici nazionali che accertano il carattere abusivo delle clausole contrattuali valutare se il contratto in questione possa essere mantenuto in assenza delle clausole abusive. In questa direzione, sia il tenore letterale della norma in questione, sia le esigenze riconducibili alla certezza delle attività economiche inducono a ritenere che, nel valutare se un contratto contenente una o diverse clausole abusive possa essere mantenuto in vigore in assenza di dette clausole, il giudice adito non possa basarsi unicamente sull’eventuale vantaggio, per il consumatore, derivante dall’annullamento del contratto nel suo complesso.

Ciò posto, sottolineano i giudici europei come la direttiva 93/13 abbia effettuato solo un’armonizzazione parziale e minima delle legislazioni nazionali relativamente alle clausole abusive, riconoscendo al contempo agli Stati membri la possibilità di garantire un livello di tutela per i consumatori più elevato di quello previsto dalla normativa europea. Così, il successivo articolo 8 di detta direttiva prevede espressamente la possibilità per gli Stati membri di «adottare o mantenere, nel settore disciplinato dalla direttiva, disposizioni più severe, compatibili con il Trattato, per garantire un livello di protezione più elevato per il consumatore».

Per i giudici di Lussemburgo, dunque, l’articolo 6 della direttiva 93/13/CEE deve essere interpretato nel senso che, nel valutare se un contratto stipulato tra un professionista e un consumatore e contenente una o più clausole abusive possa continuare a sussistere in assenza di dette clausole, il giudice adito non può fondarsi unicamente sull’eventuale vantaggio per una delle parti, nella fattispecie il consumatore, derivante dall’annullamento del contratto in questione nel suo complesso. Tuttavia ciò non esclude che uno Stato membro possa prevedere, nel rispetto del diritto dell’Unione, che il contratto sia nullo nel suo complesso qualora ciò risulti garantire una migliore tutela del consumatore. Così, mentre la normativa europea prevede la nullità della sola clausola abusiva all’interno di un contratto tra un cittadino ed un professionista, i singoli Stati membri possono anche prevedere la caducazione dell’intero contratto se la misura risulta più favorevole per il consumatore. 

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