Eccolo qui il vero royal wedding dell’anno: quello tra ChatGPT, il chatbot di intelligenza artificiale attualmente più conosciuto e utilizzato al mondo, e WhatsApp, l’app di messaggistica del gruppo Meta più diffuso.
Una tecnologia avanzata, accessibile a milioni di persone con un semplice messaggio. Una mossa prevedibile, forse inevitabile, che integra l’intelligenza artificiale nella quotidianità di utenti di tutte le età, compresi giovani e giovanissimi. L’idea di avere un “assistente” a portata di chat, pronto a rispondere a qualsiasi domanda in pochi secondi, può sembrare innovativa e utile, ma questa nuova frontiera pone interrogativi complessi.
Soprattutto per chi è alle prese con la maturazione psicologica e relazionale, come gli adolescenti, il confine tra un’interazione funzionale e una dipendenza emotiva è molto sottile. E qui il problema diventa concreto: quale impatto può avere su un ragazzo di 13 anni un amico virtuale che non si stanca mai, non sbaglia mai e, soprattutto, non sparisce mai: ah, le pene d’amore che derivano dal tanto famigerato ghosting. Ma Chat no, lui c’è sempre, lui non ghosta mai. Peccato che non sia reale, ma che problema c’è? Per approfondire il tema, ti consigliamo il volume “Educazione ai Social Media – Dai Boomer alla generazione Alfa”.
Indice
- 1. ChatGPT su WhatsApp: quando il contesto cambia le regole del gioco
- 2. Un amico sempre presente: il fascino pericoloso di un chatbot perfetto
- 3. Il rischio della dipendenza e l’erosione delle relazioni umane
- 4. La privacy: il lato oscuro della tecnologia sempre disponibile
- 5. Cosa possiamo fare come adulti responsabili
- 6. Conclusione: il necessario equilibrio tra innovazione e responsabilità
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1. ChatGPT su WhatsApp: quando il contesto cambia le regole del gioco
Prima di affrontare i rischi, è essenziale comprendere perché l’integrazione di ChatGPT su WhatsApp rappresenta qualcosa di diverso rispetto all’utilizzo dell’app dedicata come l’abbiamo conosciuta e utilizzata finora.
Quest’ultima è progettata per un’interazione specifica: gli utenti sanno di entrare in un ambiente “tecnico”, separato dalle normali dinamiche sociali, in cui si trovano a dialogare con un’IA in modo consapevole (o per lo meno diciamo che così dovrebbe essere).
Su WhatsApp, invece, ChatGPT si inserisce in un contesto completamente diverso. Qui, l’IA diventa parte della quotidianità dell’utente, mescolandosi con le conversazioni personali. Per un adulto, la distinzione tra una chat con un amico e una con un chatbot dovrebbe (il condizionale è d’obbligo) essere chiara. Ma per un adolescente, già immerso in un mondo virtuale in cui i confini tra realtà e finzione sono sfumati, questa differenza diventa quasi impercettibile.
Un ragazzo potrebbe alternare messaggi al compagno di classe a domande esistenziali rivolte all’IA, senza mai percepire che l’interlocutore non è umano. Questo cambia completamente le dinamiche di utilizzo, rendendo l’interazione più rischiosa, soprattutto dal punto di vista psicologico ed educativo. Per approfondire il tema, ti consigliamo il volume “Educazione ai Social Media – Dai Boomer alla generazione Alfa”.
Educazione ai Social Media – Dai Boomer alla generazione Alfa
Ricordate quando i nostri genitori ci dicevano di non parlare con gli sconosciuti? Il concetto non è cambiato, si è “trasferito” anche in rete. Gli “sconosciuti” possono avere le facce più amichevoli del mondo, nascondendosi dietro uno schermo. Ecco perché dobbiamo imparare a navigare queste acque digitali con la stessa attenzione che usiamo per attraversare la strada. Ho avuto l’idea di scrivere questo libro molto tempo fa, per offrire una guida pratica a genitori che si trovano, come me, tutti i giorni ad affrontare il problema di dare ai figli alternative valide al magico potere esercitato su di loro – e su tutti noi – dallo smartphone. Essere genitori, oggi, e per gli anni a venire sempre di più, vuol dire anche questo: scontrarsi con le tematiche proprie dei nativi digitali, diventare un po’ esperti di informatica e di sicurezza, di internet e di tecnologia e provare a trasformarci da quei boomer che saremmo per diritto di nascita, a hacker in erba. Si tratta di una nuova competenza educativa da acquisire: quanto è sicuro il web, quali sono i rischi legati alla navigazione, le tematiche della privacy, che cosa si può postare e che cosa no, e poi ancora il cyberbullismo, il revenge porn, e così via in un universo parallelo in cui la nostra prole galleggia tra like, condivisioni e hashtag. Luisa Di GiacomoAvvocato, Data Protection Officer e consulente Data Protection e AI in numerose società nel nord Italia. Portavoce nazionale del Centro Nazionale Anti Cyberbullismo. È nel pool di consulenti esperti di Cyber Law istituito presso l’European Data Protection Board e ha conseguito il Master “Artificial Intelligence, implications for business strategy” presso il MIT. Autrice e docente di corsi di formazione, è presidente e co-founder di CyberAcademy.
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2. Un amico sempre presente: il fascino pericoloso di un chatbot perfetto
Per un adolescente, ChatGPT rappresenta un interlocutore perfetto: risponde sempre, non si arrabbia, non giudica e non ignora i messaggi. A differenza degli amici reali, non fa ghosting, non mette in imbarazzo e, soprattutto, non si lamenta mai. Questa “perfezione”, però, è un’illusione che può generare conseguenze profonde.
Il primo rischio è che il chatbot diventi un rifugio emotivo per ragazzi che cercano risposte rapide e prive di complessità. È molto più facile confidarsi con un’IA che non ha opinioni o pregiudizi che affrontare il confronto con un genitore o un amico. Ma questa semplicità ha un costo: ChatGPT non comprende realmente ciò che gli viene detto, non offre empatia autentica e non può cogliere i bisogni emotivi di chi scrive.
Un adolescente in difficoltà che chiede all’IA come affrontare un problema personale potrebbe ricevere risposte apparentemente utili ma prive di profondità. L’intelligenza artificiale genera risposte basate su dati e modelli linguistici, senza alcuna capacità di discernere le sfumature emotive o le implicazioni morali. Eppure, per un ragazzo, queste risposte potrebbero sembrare più affidabili di quelle di un genitore o di un insegnante.
3. Il rischio della dipendenza e l’erosione delle relazioni umane
Un altro aspetto critico è il rischio di dipendenza. La disponibilità costante e incondizionata di ChatGPT può portare un adolescente a preferire l’interazione con l’IA rispetto alle relazioni umane, che sono, per loro natura, più complesse e imprevedibili. Ma è proprio questa complessità che aiuta a crescere e a maturare. Un ragazzo che si abitua a un’interlocuzione “perfetta” con un chatbot potrebbe avere difficoltà a gestire le dinamiche reali delle amicizie, fatte anche di conflitti, silenzi e fraintendimenti.
Inoltre, c’è il rischio che questa dipendenza si trasformi in un isolamento progressivo. Un adolescente che trova conforto in ChatGPT potrebbe rinunciare al confronto con gli altri, perdendo occasioni fondamentali per sviluppare empatia, resilienza e capacità di comunicazione.
4. La privacy: il lato oscuro della tecnologia sempre disponibile
A tutto questo si aggiunge il tema, tutt’altro che marginale, della privacy. Ogni messaggio inviato a ChatGPT su WhatsApp diventa un ulteriore dato che entra nell’ecosistema di Meta. Nonostante le rassicurazioni sulla crittografia end-to-end, il modello di business aziendale è noto per essere basato ed orientato alla profilazione degli utenti. Questo significa che anche le interazioni con un chatbot potrebbero essere utilizzate per finalità commerciali, creando un profilo dettagliato dei gusti, delle abitudini e persino delle fragilità degli utenti.
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5. Cosa possiamo fare come adulti responsabili
Di fronte a queste sfide, la domanda cruciale non è cosa possiamo fare come esperti, ma cosa possiamo fare come adulti. Il primo passo è riconoscere che l’educazione digitale non può essere lasciata al caso. I ragazzi devono essere formati non solo sull’uso consapevole delle tecnologie, ma anche sui loro limiti. Devono capire che un’IA non è un amico, ma uno strumento: utile, sì, ma incapace di sostituire le relazioni umane.
Allo stesso tempo, i genitori e gli educatori devono essere presenti. Questo non significa vietare l’uso della tecnologia, ma affiancare i ragazzi, spiegare loro i rischi e monitorare le loro interazioni. La supervisione non è controllo, ma una forma di guida che aiuta a evitare errori irreparabili.
Infine, come società, dobbiamo chiedere regole più chiare e trasparenza assoluta da parte delle aziende che sviluppano e integrano queste tecnologie. Le piattaforme devono garantire che i dati raccolti siano protetti e che le interazioni con l’IA siano sempre accompagnate da avvisi chiari sui limiti e sui rischi.
6. Conclusione: il necessario equilibrio tra innovazione e responsabilità
L’arrivo di ChatGPT su WhatsApp non è solo una questione tecnologica; rappresenta una sfida culturale, educativa e sociale.
L’intelligenza artificiale, con le sue infinite possibilità, ha il potenziale per migliorare la nostra vita, ma rischia anche di modificare profondamente il modo in cui interagiamo con il mondo, con gli altri e con noi stessi. È proprio in questo scenario che dobbiamo porci alcune domande cruciali, soprattutto come adulti responsabili: come possiamo integrare l’innovazione tecnologica senza perdere ciò che ci rende umani? Come proteggere i giovani, più vulnerabili e meno consapevoli, dai rischi insiti in una tecnologia così potente e affascinante?
La risposta non è nel rifiuto della tecnologia, né in una sua glorificazione acritica. Il punto centrale è trovare un equilibrio: accogliere i benefici che l’intelligenza artificiale può offrire, ma al tempo stesso limitarne gli utilizzi potenzialmente dannosi. Nel caso di ChatGPT su WhatsApp, questo equilibrio passa per alcuni aspetti chiave che meritano un approfondimento.
Preservare la centralità delle relazioni umane
La tecnologia non deve sostituire le interazioni umane, ma semmai supportarle. Un adolescente che si rifugia in un chatbot per evitare il confronto con amici, genitori o insegnanti sta perdendo l’opportunità di sviluppare competenze fondamentali per la sua crescita. Empatia, capacità di gestire conflitti, resilienza emotiva: sono tutti aspetti che si formano attraverso relazioni autentiche, non simulazioni.
È nostro compito, come adulti, ricordare ai ragazzi che le relazioni vere non sono sempre facili, ma è proprio in questa difficoltà che si cresce. L’illusione di un amico virtuale perfetto, che non sbaglia mai e che è sempre disponibile, rischia di impoverire la loro esperienza emotiva, riducendo il mondo a una serie di risposte preconfezionate.
Promuovere un uso consapevole della tecnologia
L’educazione digitale è più che mai necessaria. I giovani devono comprendere non solo il funzionamento di strumenti come ChatGPT, ma anche i loro limiti. Devono sapere che un chatbot non è un amico, non prova emozioni e non capisce davvero quello che gli viene detto.
Un aspetto fondamentale è insegnare ai ragazzi a mantenere un sano scetticismo nei confronti delle risposte generate dall’IA. Devono imparare a distinguere tra ciò che è utile e ciò che è inappropriato, a valutare criticamente le informazioni che ricevono e a non affidarsi ciecamente a una macchina. Questa capacità critica è una delle competenze più importanti per vivere in un mondo sempre più tecnologico.
Difendere la privacy come un diritto fondamentale
Ogni interazione con un’intelligenza artificiale genera dati, e questi dati sono spesso raccolti e utilizzati per finalità che gli utenti – e ancor più i giovani – non comprendono appieno. Nel contesto di WhatsApp, la questione diventa ancora più complessa, data l’appartenenza della piattaforma a Meta, un’azienda che basa il suo modello di business sulla profilazione degli utenti.
Non possiamo permettere che le conversazioni apparentemente innocue tra un adolescente e un chatbot diventino materiale per creare profili comportamentali o target pubblicitari. Questo non è solo un problema di trasparenza aziendale, ma una questione etica che tocca il cuore del rapporto tra tecnologia e diritti individuali.
Ridefinire il ruolo della comunità educativa
La scuola, insieme alla famiglia, deve assumere un ruolo centrale nell’educazione digitale. Non basta insegnare ai ragazzi come utilizzare le tecnologie; è necessario formarli a un uso critico e responsabile. I programmi scolastici devono includere moduli specifici su privacy, sicurezza online e gestione delle relazioni digitali. Solo così possiamo prepararli a vivere in un mondo in cui le interazioni virtuali saranno sempre più frequenti.
Regolare la tecnologia con un approccio preventivo
Infine, è indispensabile un quadro normativo chiaro che protegga i minori e garantisca un uso sicuro delle tecnologie basate sull’intelligenza artificiale. Questo include limiti d’età rigorosi, sistemi di verifica dell’età e controlli più stringenti sull’utilizzo dei dati. Le piattaforme come WhatsApp devono assumersi la responsabilità di proteggere gli utenti più vulnerabili, implementando strumenti di tutela che non lascino spazio ad ambiguità.
Un’occasione per dimostrare maturità come società
ChatGPT su WhatsApp non è solo una novità tecnologica: è un banco di prova per la nostra capacità di gestire l’innovazione con responsabilità.
Come adulti, abbiamo il compito di guidare i giovani attraverso questa trasformazione, offrendo loro strumenti per crescere consapevolmente e proteggendo ciò che è essenziale: la loro umanità.
Non si tratta di demonizzare la tecnologia, ma di integrarla nella nostra società in modo che serva l’uomo, senza mai sostituirlo. Questa è la sfida, ma anche l’opportunità. Perché il futuro dell’intelligenza artificiale, in fondo, non dipende da quanto sia avanzata la tecnologia, ma da quanto siamo capaci di utilizzarla con saggezza.
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