Cassazione: la tassazione non può investire oggetti e soggetti non espressamente previsti

Scarica PDF Stampa

Per la disciplina derogatoria quale quella relativa ad agevolazioni tributarie, che è da intendersi di stretta interpretazione, non è ammessa un’interpretazione che si spinga oltre la lettera della legge.

Decisione: Sentenza n. 18574/2016 Cassazione Civile – Sezioni Unite

Classificazione: Tributario

Parole chiave: agevolazioni tributarie – criteri interpretativi – disciplina di stretta interpretazione

Il caso.

Gli acquirenti di un immobile ceduto da una società avevano versato l’IVA con aliquota agevolata al 4% (prima casa).

A seguito di sopralluogo, l’Agenzia delle Entrate rilevava che l’immobile aveva caratteristiche di lusso, e notificava avviso di liquidazione recuperando la differenza maggiorata delle sanzioni.

I contribuenti impugnano l’avviso ma perdono nei due gradi di giudizio: la Commissione Tributaria Regionale ha escluso che l’Ufficio fosse incorso in decadenza in quanto era applicabile la proroga biennale prevista dall’art. 11 legge 289/2002.

Gli acquirenti propongono ricorso in Cassazione.

La decisione.

Il Consesso ritiene fondato il secondo motivo di ricorso dei contribuenti, entro alcuni limiti.

Dapprima evidenzia che non può escludersi possibilità di fruire della proroga di due anni per la rettifica e la liquidazione della maggior imposta di registro, ipotecaria, catastale, sulle successioni e donazioni, nonché sull’incremento del valore aggiunto, anche nelle ipotesi di definizione delle violazioni relative all’applicazione di agevolazioni tributarie sulle medesime imposte.

Poi rileva un contrasto nella giurisprudenza della quinta sezione civile relativamente alla applicabilità della proroga dei termini di accertamento anche con riguardo alle violazioni concernenti la fruizione dell’aliquota agevolata IVA in caso di acquisto della prima casa: un primo orientamento che lo ammette, e «un diverso orientamento (v. in proposito cass. sent. n. 12847 del 2013 nonché ord. nn. 28508 del 2013; 16440 del 2013; 16437 del 2013 e 5115 del 2015) che invece esclude la prorogabilità del termine di accertamento dell’Iva, trattandosi di tributo diverso da quelli (imposte di registro, ipotecaria, catastale, sulle successioni e donazioni nonché sull’incremento del valore aggiunto) ai quali il citato art. 11 I. n. 289 del 2002 fa espresso ed esclusivo riferimento»

Le Sezioni Unite così sintetizzano: «il primo dei due orientamenti risulta sostenuto da una interpretazione logico-sistematica delle disposizioni in materia tesa ad evidenziare la ratio ad esse sottesa, che renderebbe incongrua una differente disciplina, quanto alla possibilità di proroga dei termini per l’accertamento, tra diversi tipi di tributi.

Il secondo orientamento esclude la prorogabilità del termine per l’accertamento in relazione a tributi diversi da quelli cui la norma fa espresso riferimento, fondandosi sul dato letterale, sulla natura eccezionale della proroga dei termini di decadenza, sul rilievo che la proroga dei termini presuppone l’astratta applicabilità della disciplina condonistica che è esclusa in materia di IVA».

Poi il Collegio prende spunto dalla questione per un’affermazione sull’”ermeneutica tributaria” (cioè sull’operazione di interpretazione delle disposizioni tributarie): afferma infatti che «L’analisi dei due orientamenti sopra riportati evidenzia con chiarezza paradigmatica la tensione che attraversa l’ermeneutica tributaria, divisa tra l’esigenza di rispetto del principio generale di stretta interpretazione delle norme lato sensu tributarie (quindi anche di quelle collegate o strumentali alle norme impositive in senso stretto) e l’esigenza di evitare una disparità di trattamento, in ipotesi ingiustificata, tra situazioni analoghe che solo una (supposta) mancanza di coordinamento tra disposizioni successive assoggetta a differente disciplina.

Secondo la dottrina e la giurisprudenza di questo giudice di legittimità (v. per tutte SU ord. n. 11373 del 2015 e la giurisprudenza anche costituzionale ivi richiamata), a salvaguardia dell’equilibrio tra gli interessi che si contrappongono nel rapporto tributario (la garanzia dei contribuenti e le esigenze di bilancio dell’ente impositore), che si esprime a livello costituzionale nell’art. 53 Cost., nella riserva di legge sancita dall’art. 23 Cost. e nella previsione dell’art. 81 Cost. (vieppiù dopo la I. cost. n.1 del 2012), l’ambito dell’imposizione è tracciato dal legislatore (in positivo come in negativo) attraverso la precisa indicazione di oggetti e soggetti tassabili, con la conseguenza che in relazione alle norme impositive è pacificamente escluso che la tassazione possa investire oggetti o soggetti non espressamente emergenti dal dato normativo espresso, onde anche le norme agevolative, per esigenza speculare, non possono essere suscettibili di integrazione ermeneutica trascendente i confini semantici del suddetto dato normativo espresso.

Tale principio non può non riverberarsi su tutte le norme lato sensu tributarie, anche quelle strumentali, ivi comprese quelle che regolano limiti, termini e poteri delle parti del rapporto tributario e, a fortiori, quelle prevedenti deroghe ad essi».

E precisa ulteriormente: «occorre aggiungere che la disciplina derogatoria in genere è da ritenersi di stretta interpretazione e, con particolare riferimento a possibili deroghe a termini di decadenza, che il terzo comma dell’art. 3 dello Statuto del contribuente (I. n. 212 del 2000) prevede che “i termini di prescrizione e di decadenza per gli accertamenti di imposta non possono essere prorogati”, essendo in proposito da evidenziare che, se è vero che le previsioni dello Statuto del contribuente, pur costituendo criteri guida per il giudice nell’interpretazione ed applicazione delle norme tributarie, anche anteriori, non hanno rango superiore alla legge ordinaria, sicché ne è ammessa la modifica o la deroga, è pur vero che deroghe o modifiche non possono che intervenire con legge e, secondo la giurisprudenza di questo giudice di legittimità, devono essere “espresse” (v. cass. n. 1248 del 2014).

Ne discende che, in relazione a dette norme, non può ritenersi ammessa un’ operazione ermeneutica (quale quella attuata dalla giurisprudenza richiamata in relazione al primo degli orientamenti sopra esposti) che, sia pure attraverso una interpretazione logico-sistematica, si spinga oltre la lettera della legge, nella specie ritenendo spettante all’Amministrazione un più ampio termine per l’accertamento in relazione ad un tributo (IVA) per il quale tale più ampio termine non è stato espressamente previsto, dovendo evidenziarsi che in relazione a norme eccezionali o comunque di “stretta interpretazione”, anche l’esegesi logico-evolutiva (ed eventualmente quella costituzionalmente orientata) sono precluse se, operando non difformemente dalla interpretazione analogica, conducano ad una estensione della sfera di operatività della norma interpretata ad ipotesi non sussumibili nel relativo specifico significato testuale (v. in tal senso la già citata s.u. ord. n. 11373 d 2015).».

Sul caso specifico, quindi la Corte a Sezioni Unite accoglie il secondo motivo di ricorso, cassa la sentenza impugnata e decide nel merito accogliendo il ricorso introduttivo dei contribuenti.

Osservazioni.

La Cassazione evidenzia «la tensione che attraversa l’ermeneutica tributaria», e per convincersene basta leggere la maggior parte delle disposizioni che risultano di complessa lettura anche per gli addetti ai lavori.

In ogni caso, le Sezioni Unite escludono che possa ritenersi ammessa un’interpretazione che si spinga oltre la lettera della legge per le disposizioni derogatorie in genere, che sono da ritenersi “di stretta interpretazione”.

 

Disposizioni rilevanti.

LEGGE 27 dicembre 2002, n. 289

Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2003)

Vigente al: 29-9-2016

Art. 11 – Definizione agevolata ai fini delle imposte di registro, ipotecaria, catastale, sulle successioni e donazioni e sull’incremento di valore degli immobili. Proroga di termini

1. Ai fini delle imposte di registro, ipotecaria, catastale, sulle successioni e donazioni e sull’incremento di valore degli immobili, per gli atti pubblici formati, le scritture private autenticate e le scritture private registrate entro la data del 30 novembre 2002 nonché per le denunce e le dichiarazioni presentate entro la medesima data, i valori dichiarati per i beni ovvero gli incrementi di valore assoggettabili a procedimento di valutazione sono definiti, ad istanza dei contribuenti da presentare entro il 16 aprile 2003, con l’aumento del 25 per cento, a condizione che non sia stato notificato avviso di rettifica o liquidazione della maggiore imposta alla data di entrata in vigore della presente legge. Per gli stessi tributi, qualora l’istanza non sia stata presentata, o ai sensi del comma 3 sia priva di effetti, in deroga all’articolo 3, comma 3, della legge 27 luglio 2000, n. 212, i termini per la rettifica e la liquidazione della maggiore imposta sono prorogati di due anni.

1-bis. Le violazioni relative all’applicazione, con agevolazioni tributarie, delle imposte su atti, scritture, denunce e dichiarazioni di cui al comma 1, possono essere definite con il pagamento delle maggiori imposte a condizione che il contribuente provveda a presentare entro il 16 aprile 2003 istanza con contestuale dichiarazione di non volere beneficiare dell’agevolazione precedentemente richiesta. La disposizione non si applica qualora, alla data di entrata in vigore della presente legge, sia stato notificato avviso di rettifica e liquidazione delle maggiori imposte.

2. Alla liquidazione dei tributi provvede il competente ufficio dell’Agenzia delle entrate, tenuto conto di quanto corrisposto in via principale, con esclusione di sanzioni e interessi.

3. Qualora non venga eseguito il pagamento dell’imposta entro sessanta giorni dalla notificazione dell’avviso di liquidazione, la domanda di definizione è priva di effetti.

4. Se alla data di entrata in vigore della presente legge sono decorsi i termine per la registrazione ovvero per la presentazione delle denunce o dichiarazioni, ovvero per l’esecuzione dei versamenti annuali di cui al comma 3 dell’articolo 17 del testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, non sono dovuti sanzioni e interessi qualora si provveda al pagamento dei tributi e all’adempimento delle formalità omesse entro il 16 aprile 2003.

Sentenza collegata

611987-1.pdf 327kB

Iscriviti alla newsletter per poter scaricare gli allegati

Grazie per esserti iscritto alla newsletter. Ora puoi scaricare il tuo contenuto.

Graziotto Fulvio

Scrivi un commento

Accedi per poter inserire un commento