L’ultimo caso della serie dedicata ai serial killer italiani riguarda la vicenda anomala di Marco Mariolini e della sua peculiare attrazione morbosa per i corpi scheletrici delle donne.
Seconda parte di una mini rubrica in 3 episodi che ricostruisce celebri casi giudiziari italiani, analizzati con rigore criminologico e prospettiva legale (Qui la prima e la seconda, sul Mostro di Modena e i mostri del Circeo)
Indice
1. I fatti
Marco Mariolini, classe 1959, nasce in provincia di Brescia ove trascorre i primi anni di vita prevalentemente nella casa dei nonni. La madre, una donna affetta da un probabile disturbo ossessivo-compulsivo per le pulizie domestiche, è infatti convinta dell’inconciliabilità di sbrigare adeguatamente le faccende di casa e, contemporaneamente, di potersi curare del piccolo e della sua sorellina. Il padre viene invece dipinto come una persona arrendevole, dal carattere debole, incline ad assecondare passivamente le richieste della consorte.
La relazione di Mariolini con la sorella evolve presto verso forme instabili e ambivalenti. Se da un lato egli avverte nei confronti della piccola una pulsione di protezione fraterna, dato l’ambiente parentale problematico, dall’altro sperimenta un’incipiente gelosia verso la medesima, alla quale viene destinata la maggior parte dei riguardi.
Durante l’adolescenza il giovane sviluppa una corporatura piuttosto tarchiata ed è in questo periodo che comincia a coltivare l’ossessione spasmodica, che lo abita tuttora, verso la magrezza, per i corpi ossuti e spigolosi. Nel corso dei colloqui clinici riporta frequentemente di come egli abbia sperimentato i primi rapporti autoerotici rimuginando sulle fattezze di un compagno di classe marcatamente gracile, filiforme e di come, in seguito, l’immagine di corpi deperiti si offrisse immediatamente quale fonte privilegiata di eccitamento sessuale.
Mariolini si sposa a 21 anni. Tuttavia, la ricerca patologica dell’esilità, della magrezza più esasperata, popola incessantemente i suoi pensieri, sino a costituire un elemento essenziale e primario della propria esistenza. Il matrimonio e, successivamente, la nascita di due figli, hanno la sola funzione di schermo isolante, di facciata di normalità, al fine di travestire di ordinarietà la perversione che lo tormenta. Nel tentativo di contenere la propria frustrazione sessuale, Mariolini arriva persino ad abbordare ed aggredire alcune ragazze anoressiche, poiché nessun profilo femminile normopeso lo soddisfa appieno in quanto percepito sempre eccessivamente grasso. Nel tempo, ogni elemento della quotidianità di Mariolini viene progressivamente trascurato e relegato in subordine: la smania di circondarsi di individui anoressici lo invade e lo attanaglia al punto da imporre alla propria convivente digiuni prolungati e giunge persino a minacciarla in caso di disobbedienza al deficitario regime alimentare programmato. La donna tuttavia, dopo una parentesi di fedele sottomissione alle pressanti richieste anoressizzanti del marito, lo respinge e lo abbandona. Da quel momento Mariolini si trasforma in un insaziabile predatore di anoressiche, sino a quando non incontra e instaura un’altra convivenza patologica con Monica Calò, brillante studentessa di logopedia. La ventinovenne, sofferente di anoressia, sarà l’unica vittima di Mariolini: uccisa con più di venti coltellate e ritrovata sul lago d’Iseo il 14 luglio 1998, dopo che ella aveva cercato invano di sfuggire alle incessanti torture psicologiche e fisiche cui era sottoposta. Per il delitto, Marco Mariolini è stato condannato ad una pena detentiva di 30 anni di reclusione, essendo stato riconosciuto pienamente imputabile.
2. Criminogenesi del caso di Marco Mariolini
Si esegue la tripartizione analitica del delitto entro i fattori sociali, ambientali e psicologici.
All’interno degli elementi sociologici che possono aver concorso alla commissione del reato, si ritiene in primo luogo utile segnalare un contesto familiare dominato da una figura materna destabilizzante, anaffettiva e respingente in rapporto alle esigenze socioeducative ed emotive del figlio. In secondo luogo, è possibile rinvenire un certo condizionamento nocivo esercitato dall’onnipresenza mediatica contemporanea di modelli estetici esaltanti la magrezza, la statuarietà fisica, il paradigma salutogenico, quali sicuri veicoli per l’ottenimento della fama e del successo.
Tra le componenti ambientali, è possibile inserire la facilità con cui il soggetto è riuscito ad entrare in contatto con la vittima designata, operata mediante la diffusione di annunci sul giornale di richieste di incontro con ragazze anoressiche. Secondariamente, è opportuno evidenziare la scarsa consapevolezza dei rischi sia da parte della moglie di Mariolini sia di Monica Calò. Difatti, entrambe si sono assoggettate consapevolmente, e per lunghi periodi, alle volontà deviate del loro aguzzino, rinforzandone così le pretese allucinatorie.
Nei fattori psicologici, si può rilevare una particolare parafilia evidenziata a partire dall’adolescenza, definita dal soggetto stesso ‘anoressofilia‘. Essa consiste nell’attrazione sessuale, ossessiva ed esclusiva, per i corpi defedati, deperiti, gravemente sottopeso.
È plausibile, considerato quanto emerso dai resoconti di Mariolini, che egli avesse altresì sviluppato sin dall’età giovanile una forma di omosessualità latente. Difatti, le ricorrenti fantasie sessuali relative ai lineamenti spigolosi, scarni, dell’amico di scuola, possono portare a ritenere la magrezza un elemento confondente, mascherante, dell’autentico, ma inaccettabile, orientamento sessuale del soggetto. Con l’ingresso nell’età adulta le fisionomie femminili scheletriformi, dato il loro aspetto maggiormente androgino, possono quindi aver assunto il ruolo di inappagante sostitutivo sessuale preferenziale.
A livello di struttura di personalità è ipotizzabile una certa tendenza alla dominazione oggettuale e al sadismo, ravvisabile nella riduzione dell’altro a mero strumento di gratificazione sessuale. Ciò può forse denotare anche un’immaturità personale nella gestione della propria vita sociale e della propria intimità. Impossibilitato a trovare un rimedio autogeno a tale presumibile incapacità relazionale, Mariolini manifesterebbe così una volontà di controllo assoluto sulla possibilità altrui di autodeterminazione. Il dominio esercitato permetterebbe di disinnescare il rischio intrapersonale insito ad ogni dualità tramite la proiezione sulla vittima del proprio senso di colpa e della propria frustrazione per l’eventuale fallimento. Da ultimo, la brutale sottomissione delle ragazze potrebbe essere concepita quale riedizione fantasmatica della supina e deleteria subordinazione del padre nel confronti della madre. Il nevroticismo ossessivo materno sembra infatti essere stato appreso e interiorizzato, nonché riadattato, da Mariolini, come modus operandi diretto ad una vendetta simbolica verso la figura femminile, la cui pinguedine e rotondità anatomica rappresentano peraltro l’emblema della generatività e della maternità.
3. Criminodinamica
L’elemento più singolare della vicenda si riscontra senza dubbio nella sorta di ‘denuncia anticipata’ contenuta nel romanzo autobiografico “Il cacciatore di anoressiche” edito da Mariolini nel 1997, ossia l’anno precedente dell’uccisione di Monica Calò. All’interno del libro viene minuziosamente descritta l’ossessione dell’autore per la ricerca di corpi scheletrici da sottomettere e possedere per finalità erotigene.
Lo stimolo crimino-impellente principale può essere individuato nella volontà della donna di sottrarsi al regime alimentare e allo schema comportamentale prescritto. Il gesto genera inevitabilmente delusione nelle aspettative di dominio del persecutore, riattivando in lui quel sentimento di impotenza fittiziamente tacitato dal precedente controllo incondizionato sulla vittima. Rapidamente, quindi, l’impulso punitivo verso la medesima si sostituisce alla frustrazione per il tradimento subito. La compagna, dimostrando la mancanza di passività totale pretesa dall’abusante, rivendica a sé la qualifica di soggetto e si distanzia dalla logica della spersonalizzazione. Una volta preso atto dell’irrealizzabilità dell’originario disegno reificante, stante l’incontrovertibile insubordinazione della ragazza, il soggetto avverte la necessità di ridurre autonomamente l’ex convivente a corpo-cosa, di tramutare definitivamente un’esistenza ischeletrita in cadavere.
4. Conclusioni sulla vicenda giudiziaria
Il caso esaminato può aiutare a svolgere le considerazioni seguenti:
- La criminologia di matrice statunitense definisce Marco Mariolini un serial killer potenziale (‘Would Be a Serial Killer‘). Ciò dovrebbe spingere il nostro legislatore ad un serio ripensamento relativo all’aggravante della premeditazione di cui all’articolo 577 del codice penale;
- l’anoressofilia non deve essere qualificata come semplice parafilia, bensì come sottospecie della più ampia ibristofilia;
- esiste un rapporto tra corporeità, sessualità e omicidio seriale che può essere fatto risalire alle radici dell’antropologia culturale;
- prima del delitto, l’omicida aveva già confidato il proprio disagio esistenziale ad uno psichiatra presso il quale era in cura da tempo. La perenne inaccessibilità del corpo anoressico idealizzato stava di fatto gradualmente inquinando la realtà di Mariolini. Questo dovrebbe invogliare ad una valutazione più attenta e critica dell’efficacia preventiva dell’intervento psicofarmacologico in ambito penale;
- per l’imputato è stato escluso il vizio di mente per infermità, sia parziale che totale. Bisognerebbe, al proposito, promuovere un’analisi serrata circa il rapporto tra delega peritale (in ispecie: psichiatrica/psicologica) e certezza della pena, onde evitare condanne disomogenee o sproporzionate;
- il caso mostra l’importanza di pianificare un intervento psicoeducativo sistematico concernente, in particolare, i “disturbi della nutrizione e dell’alimentazione” e, più in generale, la psicologia dell’adolescenza. Tale piano andrebbe attuato preferibilmente lungo l’intero ciclo scolastico obbligatorio, e non limitato al corso delle scuole superiori.
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