La buona condotta carceraria non basta per ottenere la liberazione anticipata

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La Corte di Cassazione, con una recente sentenza (n. 37080 del 11 settembre 2023) ha sancito che la buona condotta carceraria non è sufficiente per ottenere la liberazione anticipata.

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Indice

Corte di Cassazione – Sez. I Pen. – Sentenza n. 37080 dell’11 settembre 2023

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1. La questione

Il Tribunale di sorveglianza di Perugia rigettava un reclamo proposto da un detenuto avverso un’ordinanza del Magistrato di sorveglianza di Spoleto in materia di liberazione anticipata.
Ciò posto, avverso questo provvedimento proponeva ricorso per Cassazione il difensore del ristretto, deducendo violazione dell’art. 54 l. 26 luglio 1975, n. 354, 103 cod. proc. pen. e 35 disp. att. cod. proc. pen. e vizio di motivazione.

2. La soluzione adottata dalla Cassazione

La Suprema Corte riteneva il ricorso proposto infondato.
In particolare, dopo avere fatto presente che la finalità principale dell’istituto della ‘liberazione anticipata risiede «nel consentire un più efficace reinserimento nella società del condannato che abbia offerto la prova di partecipazione all’opera di rieducazione (C. Cost. n. 352 del 1991)» ed «è solamente detta partecipazione che viene richiesta dalla norma e che è evidentemente considerata dal legislatore di per sé sintomatica di un percorso che va incoraggiato e premiato: senza che occorra anche la dimostrazione di quel ravvedimento che si richiede invece, probabile o sicuro, per l’accesso alle più incisive misure extramurarie (C. cost. n. 276 del 1990)», gli Ermellini giungevano alla conclusione secondo la quale la valutazione di meritevolezza del beneficio, rimessa al giudice del merito, consiste nella verifica del presupposto della partecipazione all’opera di rieducazione, che non può ridursi alla mera buona condotta carceraria, che costituisce la “norma” del comportamento del detenuto, ma richiede un’adesione pronta ed attiva alle regole che disciplinano la vita carceraria e agli interventi trattamentali.
Orbene, alla luce di tale quadro ermeneutico, i giudici di piazza Cavour notavano come nel caso di specie, sia il Magistrato di sorveglianza, che il Tribunale di sorveglianza, avessero valorizzato la commissione di una violazione disciplinare, indicativa di mancata adesione all’opera di rieducazione nel semestre in esame.
Tal che se ne faceva conseguire da ciò che le argomentazioni dell’ordinanza impugnata risultavano essere scevre da vizi logici e giuridici (ancorando il beneficio alla “prova di partecipazione all’opera di rieducazione”, come sancito dall’art. 54 l. 26 luglio 1975, n. 354) e, quindi, insindacabili in sede di legittimità.

3. Conclusioni

La decisione in esame desta un certo interesse essendo ivi postulato che la sola buona condotta carceraria non basta per ottenere la liberazione anticipata.
Si afferma difatti in tale pronuncia che la valutazione di meritevolezza del beneficio, rimessa al giudice del merito, consiste nella verifica del presupposto della partecipazione all’opera di rieducazione, che non può ridursi alla mera buona condotta carceraria, che costituisce la “norma” del comportamento del detenuto, ma richiede un’adesione pronta ed attiva alle regole che disciplinano la vita carceraria e agli interventi trattamentali.
È dunque sconsigliabile, perlomeno alla stregua di tale approdo ermeneutico, chiedere il riconoscimento di siffatto beneficio solo in presenza di una condotta carceraria di questo genere, senza che a ciò non si aggiunga anche la prova dell’effettiva partecipazione del detenuto all’opera di rieducazione.
Ove si avanzi una richiesta di questo tipo, è pertanto opportuno tenere presente quanto statuito in codesta sentenza.

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