Aziendalizzazione della sanità: il ruolo della programmazione e della pianificazione

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di Maurizio Cardanobile e Paola De Santis

Il lavoro che segue tratta della programmazione e pianificazione strategica in ambito sanitario, esemplificando la visione integrata dell’azienda sanitaria, la frammentazione organizzativa e la costruzione di un rapporto diverso entro vertici aziendali, servizi amministrativi mediante la programmazione di informazioni utili all’assunzione di decisioni rilevanti alla giusta gestione dei servizi sanitari e delle professioni infermieristiche.

 Indice

  1. Aziendalizzazione sistemi sanitari
  2. Fattori produttivi
  3. L’evoluzione dei sistemi di programmazione e controllo di gestione in ambito sanitario
  4. Decentramento politico amministrativo
  5. Conclusioni

1. L’aziendalizzazione dei sistemi sanitari

La normativa italiana relativa alla Riforma del Servizio Sanitario Nazionale definisce il termine entità sanitaria come: “L’unità sanitaria locale è azienda dotata di persona giuridica pubblica, di autonomia organizzativa, amministrativa, patrimoniale, contabile, gestionale e tecnica[1].

Tale riforma sottolinea lo sviluppo dell’aziendalizzazione subita dalle USL italiane, divenendo ASL[2] e AO[3].

Un’efficace gestione economica delle aziende sanitarie prevede l’organizzazione del complesso delle proprie risorse cosicché esse possano affrontare principi legati a gestioni produttive, economiche e finanziarie. (Figura 1)

2. Fattori produttivi

In un’azienda sanitaria locale possono rinvenirsi differenti fattori produttivi come:

  • Economicità intesta come rapporto fra economie derivate da benefici sociali ed economie gestite mediante le risorse possedute;
  • Efficienza in riferimento al giusto soddisfacimento delle necessità sanitarie mediante le risorse possedute, garantendo allo stesso tempo una buona qualità del servizio;
  • Efficacia confluita nel riuscire a raggiungere gli obiettivi prefissatisi. In questo caso, l’efficacia differenzia dall’efficienza poiché la prima tende alla misurazione tra funzionalità e coerenza tra i programmi prefissati e gli obiettivi raggiunti [4].

Figura 1: I principi gestionali dell’azienda ospedaliera

Fonte: Meneguzzo M., La strategia e la governante delle amministrazioni pubbliche, 2006.

3. L’evoluzione dei sistemi di programmazione e controllo di gestione in ambito sanitario 

Le prime raccolte di dati da parte delle organizzazioni sanitarie risale agli anni Ottanta, raccolte che si sono ispirate ai principi generali dei metodi programmativi e gestionali.

Sono metodologie di contabilità analitica che, a quei tempi venivano definiti in maniera semplicistica come sistemi di contabilità dei costi per la gestione del controllo delle risorse; tali metodologie appariranno come il punto iniziale verso la creazione di un processo maggiormente complicato, il cui fine consisteva nell’introdurre nuovi sistemi programmativi come ad esempio la programmazione strategica aziendale e il sistema budget, correlati allo stanziamento di fondi da parte delle regioni, in un contesto di ingente mutamento relativo alla gestione sanitaria pubblica[5].

Quando queste innovazioni presero il via, vennero accolte al principio da un sentimento entusiasta generale, in particolar modo da parte degli operatori aziendali, convinti di poter dar vita ad un cambiamento relativo al tipo di amministrazione, si passava dunque da un’amministrazione di tipo burocratico ad una manageriale.

Ben presto, ci si rese conto però che le prime strategie messe in atto non confluirono in grandi mutamenti all’interno delle aree gestionali delle USL e che il nuovo sistema contabile analitico era divenuto un sistema vano e poco costruttivo.

La teoria inerente al controllo delle risorse, fino all’emanazione del D.lgs. 502/92, è stata da sempre il pilastro portante attorno al quale ruotavano le decisioni dirigenziali.

Il criterio inerente al finanziamento in base alla spesa storica ha portato inefficacia agli strumenti gestionali di controllo e in taluni casi ha provocato danni.

Per esempio, prendendo in considerazione una struttura che riuscisse a diminuire i costi portando positività in bilancio, si otterrebbe come risultato una diminuzione di risorse per il successivo esercizio.

E’ importante anche il ruolo svolto dagli organi regionali nel ruolo gestionale delle USL, che sono riusciti a prendere parte alla non efficacia degli strumenti gestionali e programmativi[6]. Tale insuccesso proviene dal non aver appoggiato in toto le aziende sanitarie, non stanziando i fondi utili agli investimenti di cui avevano bisogno le USL.

I primi sistemi gestionali e programmativi sono legati, in parte al D.lgs. 502/92; quest’ultimo segna una drastica rottura con il disegno di legge 833/78.

Questo nuovo decreto ha dato vita ad un percorso mutevole, considerando il passaggio da Welfare State, in cui lo Stato diviene fautore diretto della gestione della sanità pubblica, a quello cosiddetto dei servizi, in cui lo Stato ha il ruolo di coordinare, indirizzare e fare da garante.

Il passaggio sopracitato è correlato all’introduzione di fattori operanti in realtà di mercato, tra i quali vi sono:

  • Competitività, delle strutture pubbliche e private;
  • Finanziamento, fondando le proprie strategie non più esclusivamente sulla spesa storica, ma anche su finanziamenti su base capitaria e finanziamenti mediante sistemi di tariffazione;
  • Inversione delle logiche di controllo, si è passati dalla gestione delle risorse a quello della gestione dei risultati. Tale passaggio è dovuto alla nuova integrazione di sistemi contabili economici, finanziari e patrimoniali.
  • A ciò segue un forte senso di responsabilità in merito ai risultati ottenuti sia a livello aziendale che a più ampio spettro, regionale.

All’interno del neonato sistema viene stabilito, da parte dello Stato, un livello complessivo di spesa (FSN), considerato adatto ad esaudire le necessità sanitarie della società, e nello stesso tempo conferisce alle Regioni la mansione di sopperire ad eventuali mancanze, qualora le risorse assegnate non bastassero. Il complesso dei mutamenti ha portato all’incremento di sistemi gestionali e specificatamente di programmazione.

Quest’incremento è rilevabile in primis all’interno del D.lgs. 502/92 e in secondo luogo in un insieme di disposizioni come, ad esempio, il contratto collettivo dei dirigenti del comparto sanitario, preveggenti l’obbligo dei sistemi contabili in maniera analitica e programmazione di budget.

L’iniziazione di tali strumenti innovativi, come precedentemente accennato non consiste in una problematica tecnica ma una problematica inerente a processi gestionali.

Non bisogna avere a disposizione gli strumenti informatici utili a produrre informazioni piuttosto bisogna disporre delle giuste condizioni affinché possano raggiungersi obiettivi fissati in precedenza, si tratta di strategie manageriali e di performance aziendali tali da poter tradurre i fattori produttivi in risorse economiche.

Perlopiù sono mutamenti di base culturale che vanno ad affermare e consolidare un processo gestionale che, seguendo le logiche manageriali, individuano compiti e responsabilità soprattutto nell’ambito del controllo dei costi aziendali.

L’attenersi a piani di tipo multiennale rende l’azienda in questione un “sistema atto a perdurare”[7], costruendo programmi aziendali annuali in cui si specificano e tengono in conto stimoli esterni derivati da ogni tipologia di istituzione sociale.

Allo scopo di perseguire gli obiettivi predisposti, bisogna attenersi a determinate regole comportamentali, le quali sono volte a determinare responsabilità concrete.

Tale responsabilità è direttamente correlata alla legittimazione della presenza di un’autorità autonoma di tipo decisionale, capace di produrre i giusti presupposti per il raggiungimento degli obiettivi prefissati.

L’incremento di un reporting è fondamentale per il raggiungimento di tali obiettivi e per la creazione di un sistema organizzativo che prevede al suo interno differenti livelli di personalità, basandosi in maniera costante sul rapporto che intercorre tra i risultati ottenuti e quelli da raggiungere.

In base a quanto detto, il cambiamento diviene fondamentale per l’azienda, la quale si attiene a tali sistemi gestionali nel caso in cui avesse difficoltà nella sopravvivenza.

Pertanto, diviene inesorabile che i sistemi gestionali, in futuro, avranno sempre più importanza e che più aziende sanitarie si avvalgano di teorie centrate con i loro obiettivi. Si parla dunque, di un deficit della sanità pubblica che può essere inteso come deficit fisiologico.

Nel momento in cui vengono sviluppati gli strumenti utili ad un controllo di tipo gestionale e considerandone l’importanza, spesso succede che tali strumenti divengano utili al supporto della direzione in cui volge la strategia, mettendo da parte gli inferiori livelli di direzione.

Dunque, conoscere annualmente il valore delle risorse utilizzate all’interno dei percorsi produttivi, come quelli relativi al personale o ai beni di consumo, non risulta abbastanza per poter divenire funzione di controllo.

Pertanto, le informazioni sono generalmente utilizzate durante fasi sensibilizzative e di avviamento di percorsi di mutamenti culturali dei dirigenti però, di sovente essi sono poco fruttuosi per determinare scopi decisionali reali[8].

Da qui nasce l’esigenza di migliorare i sistemi di rilevazione cosicché non si mostrino più esclusivamente i risultati derivati da una poco fruttuosa gestione bensì attraverso essi si possano rilevare le relative cause in modo tale il controllo della gestione divenga più rapido.

4. Decentramento politico amministrativo

Un ulteriore riordino, a livello nazionale, si è avuto con la riforma del Titolo V della Costituzione[9], decentrando ulteriormente la tutela della salute e rafforzando in modo significativo il ruolo delle Regioni rispetto allo Stato centrale le cui competenze sono ascrivibili riguardo i principi fondamentali in materia di tutela di salute pubblica, quella dei LEA (Livelli essenziali di assistenza) e in materia di profilassi internazionale.

Il decentramento politico-amministrativo e il processo di regionalizzazione ha interessato l’opinione pubblica soprattutto in relazione alla diffusione della pandemia da Covid-19, l’incertezza nasce da una disuguaglianza registratasi da regione a regione sia delle risorse economiche che umane nella gestione dell’emergenza sanitaria creando una disuguaglianza di assistenza[10].

5. Conclusioni

Il superamento di questo modello organizzativo e culturale può garantire la capacità del sistema di tutelare la salute dei cittadini, può assicurarne la sostenibilità economica e può innalzarne la resilienza nell’affrontare le future sfide; occorre, soprattutto e liminarmente, un cambio radicale di prospettiva culturale nei confronti della salute, capace di spingere a un ripensamento del sistema sanitario diretta a investire le risorse, formare gli studenti, costruire le infrastrutture e misurare i progressi in termini di salute, non di malattia, e in termini di cure evitate anziché di cure somministrate[11].


Note

[1] D.lgs. n.502/92: “Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell’art. 1 della Legge 23.10.1992 (n.421).

[2] Aziende Sanitarie Locali.

[3] Aziende Ospedaliere.

[4]  Tratto dalla teoria di M. Mulazzani che individua i principi per una buona gestione pubblica 1990.

[5]TANESE A., Il ruolo del management nel Servizio Sanitario: Una storia in tre atti, Egea, Milano, 2018.

[6]Ibidem.

[7]  AIROLDI G., BRUNETTI G., CODA V., Corso di economia aziendale, il Mulino, 2005.

[8]Ibidem.

[9] Legge Costituzionale n.3 del 18 ottobre 2001.

[10] GIANGRANDE A., Anno 2021 l’amministrazione terza parte, E-BooK, p.77.

[11]DE MARIA R., Caratteristiche ed errori della gestione sanitaria della pandemia da COVID-19 in Italia: una défaillance di sistema, Rivista Trimestrale di Scienza dell’Amministrazione – http://www.rtsa.eu – ISSN 0391-190X ISSNe 1972-4942, 2020.

Maurizio Cardanobile

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