Autopercezione di impotenza e complessità normative

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Si parla in termini economici di stagnazione, nella quale vi è implicito un prolungarsi nel tempo della recessione con una graduale estinzione della crescita, indipendentemente dai limiti di risorse e di tecnologie che attraverso le crisi cicliche si tende a riequilibrare sostituendo le risorse primarie con l’innovazione tecnologica stessa, si prospetta il rischio Keynesiano della domanda  la quale è continuamente stimolata dall’innovazione che oltre all’apertura di nuovi mercati rinnova quelli già esistenti, tuttavia vi è un’ulteriore aspetto che sfugge all’analisi economica classica ed è quello dell’auto-percezione di impotenza.

E’ insita nell’essere umano la necessità di creare, propria di colui che deve superare gli ostacoli frapposti alla propria sopravvivenza, una necessità divenuta autonoma rispetto all’utile originario che ha in sé i caratteri dell’imprevedibilità e quindi della libertà (Bergson), da Nietzsche identificato nell’uomo come creatore di valori vitali, in questo slancio vi è un contrapporsi all’ordine che una vita sociale impone ma anche alle opportunità creative che essa può moltiplicare, nel rapporto normazione/creazione si presenta la difficoltà di un equilibrio che non intralci lo slancio vitale, un senso di oppressione che può nascere non solo da sistemi autoritari ma anche da una ragnatela regolamentare, tanto che vengono a crearsi burocrazie private di servizio con funzione di intermediazione.

La capacità di creazione del singolo diventa conflitto che si risolve in regolazione della complessità che si crea, d’altronde aumentare le capacità del singolo come competenza senza introdurre elementi di qualità nella cooperazione può risolversi in una conflittualità, che solo una adeguata regolamentazione della competizione può evitare la sua trasformazione in una implosione, in questo ambito si pone il concetto di auto-efficacia, quale capacità di eseguire comportamenti appropriati alla particolare situazione, una autovalutazione che diventa strumento direzionale del comportamento individuale in uno stretto legame tra auto-percezione e propria reale abilità (Bandura-Adams), l’impossibilità di potere controllare i risultati del proprio agire crea un sentimento di impotenza (Seligmen) che si risolve in abbattimento e riluttanza, da qui la necessità di creare fiducia anche con una prevedibilità e stabilità normativa, la performance migliora se si può collegare direttamente e in termini proporzionali la qualità dell’impegno ai risultati (Dweck).

Le emozioni e i sentimenti, che anche un determinato complesso normativo può favorire, vengono ad agire oltre che sullo stato fisiologico anche sulla valutazione cognitiva della situazione (Schachter), tuttavia nella società moderna la complessità in cui si è immersi ne rende ambigua la fonte, si ché le variabili cognitive e sociali attraverso l’esperienza assumono un ruolo preponderante, dove l’autoconsapevolezza è diretta non solo all’interno ma viene focalizzata anche all’esterno, nella relazione tra il sé e quindi il proprio comportamento ed i valori sociali, in cui l’autocoscienza è anche il modo nel quale gli altri ti vedono (Duval-Wicklund).

L’individuo nel definire un’emozione viene ad attivarla e nella sua definizione utilizza l’informazione esterna, fornendo significato al processo di apprendimento strettamente collegato alle vicende evolutive, dando una “attribuzione causale” alla sua percezione delle cause del comportamento (Kelly) in questo rientra anche la ragnatela regolamentare se percepita quale ostacolo all’azione, si formano “auto-schemi” su cui rielaborare le successive informazioni (Markus) tali da configgere con le proprie “aspettative specifiche” (Rotter) rientranti in un più ampio complesso di “aspettative generalizzate”, nelle quali le problematiche precedenti vengono ad influire sulle aspettative di performance, in un continuo feedback dove si crea un fenomenologico carattere di continuità e persistenza, tale da creare disorganizzazione e smarrimento nella discontinuità (Laing).

La stessa corruzione acquista un significato ambivalente di prevaricazione sulla collettività ma anche di autodifesa sugli eccessi burocratici e legali, un metodo per superare l’inazione che questi possono indurre, che diventa sostanzialmente una “difesa percettiva” e non solo volutamente cognitiva delle proprie azioni (Erdelyi), in una sostanziale ambiguità tra cognizione e istinto.

Dott. Sabetta Sergio Benedetto

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