Atto chirurgico e responsabilità del medico nei confronti del paziente arabo – musulmano

Scarica PDF Stampa

Responsabilità del medico con particolare riferimento alla fecondazione assistita e all’interruzione di gravidanza nei Paesi di matrice islamica

La pratica della chirurgia chiama in causa la questione dell’integrità’ fisica della persona, stato da tutelare al massimo,in assenza di pericolo di vita. Il medico musulmano è, quindi, responsabile delle proprie scelte che devono essere operate in conformità con le norme del Codice Deontologico dei Medici, con quelle del Codice Islamico d’Etica Medica e con i codici civili e penali del proprio Paese. Ovviamente gli orientamenti cui è soggetto sono numerosi; vanno dall’impostazione sciaraitica a quell’islamica moderna, dal sistema legislativo vigente all’influsso delle posizioni assunte negli ambienti medici occidentali. Il paziente, nel momento in cui accetta di esser curato da un medico, esprime anche fiducia nei trattamenti che questi deciderà d’intraprendere. Al riguardo, il Codice d’Etica Medica Islamica afferma che cure eseguite dal medico al meglio delle proprie capacità e possibilità e senza negligenza, vanno riconosciute come adempimento dei doveri del sanitario e non sono da porre sotto accusa né perseguibili a norma di legge, qualora i risultati non siano soddisfacenti. Il medico si premunisce contro eventuali accuse, chiedendo all’assistito di produrre un consenso scritto all’intervento chirurgico cui verrà sottoposto;in caso di rifiuto al trattamento,sarà richiesto al paziente di documentare per iscritto il proprio diniego. Se il consenso non viene rilasciato a causa di timori, è dovere del medico parlare col proprio assistito al fine di tranquillizzarlo e consentirgli di decidere in piena coscienza. Qualora si verifichi un intervento urgente, il medico opererà secondo il principio dell’Islàm che pone la necessità al di sopra della proibizione e non sarà perseguibile qualunque esito abbia l’intervento, svolto correttamente,poiché scongiurare il male ha priorità sull’effettuare il bene. La violazione di una delle condizioni fissate come necessarie allo svolgimento della pratica medica e chirurgica, comporta responsabilità e perseguibilità del medico. La responsabilità del sanitario, pertanto, si configura quando:

  • non sia in possesso dei titoli necessari per esercitare;
  • non abbia ottenuto il consenso del paziente per effettuare trattamenti;
  • sia stato negligente;
  • abbia operato sul corpo del paziente oltre la localizzazione stabilita precedentemente;

Egli, in tal caso, è tenuto a risarcire i danni cagionati, mediante una compensazione riconosciuta dalla legge islamica. Questi, inoltre, la serie di trattamenti in cui emergono più frequentemente casi di responsabilità morale e/o penale riferibili, in particolar modo, proprio all’interruzione di gravidanza:

  • Aborto: è un atto proibito se non sussistono condizioni che lo rendano permissibile. Il medico che procura un aborto al di fuori di tali condizioni e che ne abbia profitto, secondo una “fatwà”emessa dalla Commissione di Al Azhar(Egitto),non può trattare tale denaro come un bene proprio. I medici devono trovare un equilibrio fra la necessità di trattare il caso medico e il non incorrere in crimini.

Nei Paesi islamici si registrano posizioni differenti

  • Afghanistan, Iran, Egitto; Oman, Siria e Yemen l’aborto è permesso per legge solo al fine di salvare la vita della madre;
  • Algeria, Giordania, Marocco, Pakistan, Arabia Saudita- l’aborto è permesso al fine di preservare la salute fisica e mentale della madre;
  • Kuwait, Quatar- l’aborto è consentito anche in casi di deformazione del feto;
  • Tunisia, Turchia- l’aborto è consentito, oltre che nei casi summenzionati, per gravidanza a seguito di violenza o incesto, per motivi economici e sociali o su richiesta dei genitori.

Quindi approcci diversi, di tipo conservatore,di tipo più permissivo e infine di tipo liberale.

-Tunisia: l’interruzione volontaria di gravidanza è libera nei primi 3 mesi di gestazione e, nei seguenti mesi, subordinata a motivi terapeutici o a eventuali handicap del nascituro. Il medico è riconosciuto come “l’unico giudice degli interessi di madre e figlio anche di fronte ad eventuali pressioni dei familiari”.

-Egitto: Il Codice penale del 1937 proibisce l’aborto nei paragrafi 260-264; l’art 261 sancisce la condanna a 3 anni di carcere per chi causa “l’interruzione di gravidanza tramite farmaci e simili,con o senza il consenso della gravida,”pena inasprita dall’art 263 che prevede i lavori forzati. Negli art 60 e 61,però,l’intervento medico viene depenalizzato in presenza di stato di necessità,quindi l’aborto terapeutico è di fatto legittimato. Nell’art 262 viene indicata la detenzione in carcere come pena anche per le donne che,consenzienti,si sottopongono all’aborto.

-Algeria: l’aborto è consentito solo in caso di pericolo per la vita della madre o di gravi rischi di salute fisica e mentale. Al di fuori di queste condizioni per cui, con il consenso del paziente, l’interruzione di gravidanza va praticata in un istituto specializzato, l’aborto è proibito e, quindi, la donna che vi ricorre è punibile con la reclusione per un periodo che va dai 6 ai 24 mesi più il pagamento di una multa;i corresponsabili non medici rischiano da 1 a 5 anni di reclusione e all’ammenda,rischiano di essere sospesi dalla professione.

2) Procreazione assistita: le differenti posizioni assunte dai musulmani suggeriscono la portata del dibattito sulla fondazione artificiale che, inizialmente, fu accolta in modo critico per il timore che essa potesse venire realizzata al di fuori dei principi legali islamici. Oggi alcune società musulmane continuano a porre un veto ai sistemi finalizzati a risolvere i problemi legati alla fecondità, ma altri hanno superato la concezione per cui la procreazione vada perseguita solo attraverso metodi naturali. Sanità pubblica, autorità giuridica e morale vigilano affinché le nuove soluzioni per i problemi dell’infertilità siano attuate in conformità con i principi dell’islam, quindi, prima di tutto, in regime esclusivamente matrimoniale.

Giordania: dagli anni 80 sono state implementate tecniche procreative in ospedali, per lo più privati, che attirano da altri Stati arabi, in particolare dal Golfo Persico, coppie di candidati genitori. A legittimare la pratica, che ancora suscita diffidenze, una fatwà emessa dal muftìdel Regno nel 1985.

-Libia: il Codice penale (legge n. 1757//12/1972) vieta l’inseminazione artificiale considerata un crimine per il quale sono definite pene. La donna consenziente rischia fino a 5 anni di reclusione, come il coniuge, informato, consenziente o egli stesso partecipe all’intervento. Nel caso la donna sia obbligata a sottoporsi al trattamento, il responsabile della coercizione è punibile con 10 anni di reclusione(art. 403/A).

 3) Contraccezione e sterilizzazione: al medico viene riconosciuto,nell’ambito della contraccezione e della sterilizzazione,il ruolo di giudice nella scelta del metodo più idoneo,a tutelare,prima di tutto,la salute e la vita della donna. La discussione dell’argomento ha delineato posizioni differenti in seno alle scuole giuridiche, alcune sostengono la remissibilità di tecniche finalizzate a impedire la riproduzione,altre considerano i metodi di contraccezione ritenuti definitivi e irreversibili come proibiti ,illegali per analogia con la castrazione che il Profeta avrebbe proibito,come riportato in un “hadit”di Abd Allah ibn Mas’ud. M.S.makdur sostiene la liceità di una sterilizzazione permanente quando si voglia evitare la trasmissione di gravi malattie. I metodi reversibili di contraccezione sono considerati impropri, indesiderabili, quindi anche la loro prescrizione da parte del medico è da considerarsi tale, a meno che non sussistano ragioni di necessità. Si deve aprire qui una parentesi su un tema sensibile nel mondo islamico, soprattutto da quando è emerso il dato della sovrappopolazione di alcuni Paesi poveri, almeno dalla metà del XX secolo, con la diminuzione del tasso di mortalità infantile: la pianificazione delle nascite.

L’Islam invita alla procreazione, ma non è questo lo scopo primario del matrimonio, bensì una delle sue aspettative

Il matrimonio è finalizzato principalmente alla comprensione,all’amore,alla tenerezza e ai rapporti fra coniugi. La spinta a partecipare alla crescita della popolazione musulmana oggi trova sempre più diffusione,grazie a coloro che vedono nei programmi di contenimento demografico un’intrusione dell’Occidente,timoroso nei confronti di un Islam. Non vi sono opposizioni dal punto di vista teleologico, alla pianificazione familiare e solo una minoranza di musulmani sarebbe contraria a ogni tipo di contraccezione. In ogni caso, la programmazione delle nascite è considerata una questione strettamente inerente la famiglia,in cui lo Stato non può imporre disposizione di limite al numero di figli. Il muftì della Repubblica d’Egitto, Muhammad Sayyid Tantawi, in occasione della conferenza tenutasi al Cairo su “Popolazione e sviluppo”nel Settembre 1994, alla domanda se riconosceva la regolamentazione familiare, intesa quale consenso della coppia nell’utilizzare mezzi per evitare le gravidanze, unita alla convinzione della necessità da cui è spinta,sia che si tratti di necessità da cui è spinta sia che si tratti di necessità legate agli aspetti della salute,del diritto,della medicina e dell’economia o comunque di atti ammessi legalmente”. Ma alla domanda “Cosa pensa della sterilizzazione, di qualunque tipo essa sia?”dava la seguente risposta: ”La sterilizzazione è proibita dalla “sarì’a”. Ricollegandosi all’argomento responsabilità del medico, vanno citati i risultati di uno studio svolto sui 136 dossier relativi a dieci ospedali di Rabat/Salè(Marocco),depositati in diverse giurisdizioni,nel periodo Gennaio 1990- Dicembre 2004. Tra di essi, 87 dossier riguardano la responsabilità civile, 25 la responsabilità penale e 24 quella disciplinare. Nessun verdetto d’imprigionamento è stato emesso. Nei primi 10 anni sono stati depositati 87 dossier e negli ultimi cinque 74, verificandosi un aumento reale delle cause,che in maggioranza sono di responsabilità civile,ossia le vittime cercano prima di tutto di essere indennizzate. In questa sede vengono presentati,inoltre,alcuni elementi di cultura giuridica islamica,ricordando che molti Paesi musulmani si sono dotati di codici e leggi d’ispirazione occidentale. Ad esempio il codice penale della Tunisia si rifà al codice Rocco, che adotta il criterio bipartito secondo cui i reati sono distinti in delitti e contravvenzioni. Il Marocco e l’Algeria, i cui codici penali sono mutuati dal codice napoleonico invece,  segue il criterio tripartito secondo il quale i fatti penalmente rilevanti sono i crimini,i delitti e le contravvenzioni. Nel diritto penale islamico viene fatta una prima distinzione tra i reati contro la persona e i reati contro la religione e la disciplina militare. I crimini come l’omicidio, le lesioni personali e i reati contro il patrimonio sono affrontati attraverso una variegata casistica di pene, studiate in base ai diversi gradi di colpevolezza.

Le intenzioni con cui l’omicidio o la lesione personale vengono perpetrati si distinguono in:

  • Deliberata
  • Quasi deliberata-perché l’azione è eseguita ricorrendo a strumenti non mortali;
  • Errore
  • Omicidio colposo

A ogni grado d’intenzione corrispondono pene specifiche che vanno dalla vendetta personale, considerata piena riparazione per l’omicidio volontario, alla richiesta di un pagamento, in denaro o beni, che compensi la perdita e all’imposizione di un atto espiatorio che garantisca la remissione dei peccati gravi.

 Le pene previste sono:

  • Il taglione, come vendetta personale per l’azione deliberata;
  • L’espiazione e il pagamento di un “più alto”prezzo del sangue, come compensazione all’azione quasi deliberata;
  • L’espiazione e il pagamento di un prezzo del sangue “normale”, come compensazioni all’azione commessa per errore;
  • Il pagamento di un prezzo del sangue “normale”,come compensazione all’azione non direttamente e personalmente causale.

Nell’elaborazione classica del sistema penale, si trovano indicazioni utili a leggere in chiave islamica alcune situazioni di responsabilità penale in cui i medici possono incorrere: il caso di errore e quello di causalità indiretta, colposa. Nella prima eventualità si deve distinguere fra errore d’intenzione o errore d’azione;nella seconda la responsabilità è accertata solo se l’azione non sia stata autorizzata. I giuristi musulmani dell’epoca medioevale discussero se il medico avrebbe dovuto pagare compensazioni per errori commessi nella diagnosi e nella terapia di malattie, giungendo a concludere che la pratica della medicina non poteva svolgersi sotto la minaccia di pesanti punizioni finanziarie e che solo i medici negligenti dovevano essere puniti,non quelli che potevano incorrere in errori di valutazione. A questo proposito, lo sàyh Abu Zuhra di al-Azhar analizza i casi in cui l’operato del medico può condurre al danno totale o parziale della salute del paziente,senza che egli ne sia ritenuto responsabile e senza che debba,pertanto,versare personalmente alcuna forma di risarcimento. In tal caso, il Tesoro dovrà comunque intervenire nel pagamento di una composizione a dimostrazione che “il sangue di nessun musulmano è violabile”. L’atteggiamento, in sintesi, è proteggere il medico da accuse di malpratice, molto diffuse in Occidente, che porterebbero a una pesante crescita dei costi assicurativi dei medici.

                                                                  

 

 

Dott.ssa Filosa Maria Anna

Scrivi un commento

Accedi per poter inserire un commento