Atti persecutori telematici: il progetto per un nuovo reato

Presentato un disegno di legge volto a introdurre il reato di atti persecutori telematici: vediamo in cosa consiste

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È stato recentemente presentato alla Camera dei Deputati un progetto normativo, vale a dire il disegno di legge AC n. 2865, volto a introdurre una nuova norma incriminatrice con cui prevedere il reato di atti persecutori telematici.
Difatti, nell’intenzione dei firmatari del predetto disegno di legge, si vuole introdurre nel nostro ordinamento giuridico un reato di questo genere al fine di adeguare il nostro ordinamento domestico rispetto a quanto richiesto dalla “direttiva (UE) 2024/1385 del Parlamento europeo e del Consiglio del 14 maggio 2024, sulla lotta alla violenza contro le donne e alla violenza domestica, che impone di criminalizzare lo «stalking on line» e le molestie digitali come reati autonomi” (relazione illustrativa riguardante codesto progetto di legge, in camera.it, p. 3).
Chiarito ciò, scopo del presente scritto è quello di vedere cosa prevede la norma contemplata in siffatto progetto normativo, ossia l’art. 612-quinquies cod. pen., intitolato, in ossequio al fine di cui sopra, “Atti persecutori telematici”.
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Indice

1. L’elemento oggettivo del reato di atti persecutori telematici


Questa norma incriminatrice prevede innanzitutto al primo comma che chiunque, “attraverso strumenti informatici o telematici, anche mediante l’impiego di sistemi di intelligenza artificiale e idonei a indurre in inganno sulla genuinità del materiale falsificato, reca a taluno molestie con l’invio ripetuto o continuo di commenti, messaggi privati o messaggi diffamatori nelle piattaforme sociali digitali, la diffusione di contenuti privati, la condivisione di foto, video o informazioni personali senza il consenso della persona rappresentata, la creazione di profili falsi nelle piattaforme sociali digitali, l’impersonificazione della persona o la creazione di profili nelle piattaforme sociali digitali a fini diffamatori, il controllo, il tracciamento e il monitoraggio delle attività della persona nelle piattaforme sociali digitali o nella rete internet, la diffusione di materiale imbarazzante o il compimento delle condotte di cui all’articolo 629, cagionando un danno ingiusto alla persona offesa, è punito con la reclusione da uno a sei anni e sei mesi e con la multa da euro 5.000 a euro 15.000”.
Dunque, alla luce di quanto enunciato in siffatto precetto normativo, è sanzionato, con la pena della reclusione da uno a sei anni e sei mesi e della multa da euro 5.000 a euro 15.000, chiunque (e, quindi, si tratta di un reato comune) molestia taluno, purché ciò avvenga con l’uso di sistemi di intelligenza artificiale e nella misura in cui essi siano idonei a indurre in inganno sulla genuinità del materiale falsificato (non dovendo pertanto rilevare la fattispecie criminosa de qua allorquando l’impiego dei predetti mezzi non si appalesi in grado di operare codesta induzione), e si configuri attraverso una tra queste condotte (non essendo necessario che essere avvengano tutte insieme all’unisono): 1) l’invio, purché ciò avvenga in modo ripetuto e costante (e, di conseguenza, non dovrebbero assumere rilevanza i casi sporadici e isolati), di commenti, messaggi privati o messaggi diffamatori nelle piattaforme sociali digitali; 2) la diffusione di contenuti privati; 3) la condivisione di foto, video o informazioni personali senza il consenso della persona rappresentata (basta, pertanto, che ci sia anche la condivisione di uno tra questi elementi, ossia per l’appunto foto, video o informazioni personali, nella misura in cui però ciò si sia verificato senza il permesso di colui che è rappresentato in esse); 4) la creazione di profili falsi nelle piattaforme sociali digitali; 5) l’impersonificazione della persona o la creazione di profili nelle piattaforme sociali digitali a fini diffamatori (di conseguenza, in assenza di un intento di tal genere, siffatta impersonificazione o codesta creazione non dovrebbe rilevare ai fini dell’integrazione dell’illecito penale de quo); 6) il tracciamento e il monitoraggio delle attività della persona nelle piattaforme sociali digitali o nella rete internet; 7) la diffusione di materiale imbarazzante o il compimento delle condotte di cui all’articolo 629 cod. pen. il quale, com’è noto, stabilisce quanto segue: “Chiunque, mediante violenza o minaccia, costringendo taluno a fare o ad omettere qualche cosa, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno, è punito con la reclusione da cinque a dieci anni e con la multa da euro 1.000 a euro 4.000. La pena è della reclusione da sette a venti anni e della multa da euro 5.000 a euro 15.000, se concorre taluna delle circo-stanze indicate nel terzo comma dell’articolo 628. Chiunque, mediante le condotte di cui agli articoli 615-ter, 617-quater, 617-sexies, 635-bis, 635-quater e 635-quinquies ovvero con la minaccia di compierle, costringe taluno a fare o ad omettere qualche cosa, procurando a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno, è punito con la reclusione da sei a dodici anni e con la multa da euro 5.000 a euro 10.000. La pena è della reclusione da otto a ventidue anni e della multa da euro 6.000 a euro 18.000, se concorre taluna delle circostanze indicate nel terzo comma dell’articolo 628 nonché nel caso in cui il fatto sia commesso nei confronti di persona incapace per età o per infermità”.
Conclusa la disamina delle condotte necessarie perché possa configurarsi codesto delitto, va però fatto presente come non sia sufficiente il compimento di una tra quelle appena menzionate, occorrendo un quid pluris, ossia che sia cagionato un danno ingiusto alla persona offesa, il che può avvenire, ad esempio, quando, attraverso tali comportamenti, si sia venuto a determinare un danno all’immagine della vittima. Per supporto ai professionisti, abbiamo preparato uno strumento di agile consultazione, il “Formulario annotato del processo penale 2025“, giunto alla sua V edizione, acquistabile sullo Shop Maggioli e su Amazon, e il Codice Penale e norme complementari 2026 – Aggiornato a Legge AI e Conversione dei decreti giustizia e terra dei fuochi, acquistabile sullo Shop Maggioli e su Amazon.

2. Elemento soggettivo del reato di atti persecutori telematici


Per quanto concerne l’elemento soggettivo, ad avviso di chi scrive, è sufficiente il dolo generico, ossia la coscienza e la volontà di porre in essere una delle condotte già esaminate in precedenza.

3. Aggravante ad effetto comune


Al comma secondo di questo articolo 612-quinques cod. pen. è prevista un’aggravante ad effetto comune, essendo ivi sancito che la “pena è aumentata se il fatto è commesso dal coniuge, anche separato o divorziato, o da persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa”.
Difatti, in tale caso, l’incremento sanzionatorio non potrà essere superiore a un terzo.

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4. Aggravante ad effetto speciale


Invece, al comma terzo sempre di tale articolo 612-quinques cod. pen. è contemplata un’aggravante ad effetto speciale, essendo ivi disposto che la “pena è aumentata fino alla metà se il fatto è commesso in danno di un minore, di una donna in stato di gravidanza o di una persona con disabilità di cui all’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ovvero con armi o da persona travisata”.
Tal che, ove ricorra una tra queste situazioni, la sanzione potrà essere aumentata sino alla metà.

5. Conclusioni

 
Queste sono in sostanza le novità che connotano il disegno di legge qui in esame.
Non resta dunque che attendere di “vedere” se tale progetto normativo verrà approvato, così com’è, da ambedue i rami del Parlamento.

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Avv. Di Tullio D’Elisiis Antonio

Avvocato e giornalista pubblicista. Cultore della materia per l’insegnamento di procedura penale presso il Corso di studi in Giurisprudenza dell’Università telematica Pegaso, per il triennio, a decorrere dall’Anno accademico 2023-2024. Autore di diverse pubblicazioni redatte per…Continua a leggere

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