Approvato il Decreto Sicurezza: nuova legge tra emergenze e dubbi

Con 109 voti favorevoli, il Senato ha approvato il 4 giugno 2025 in via definitiva il Decreto Sicurezza (DL n. 48/2025), già licenziato dalla Camera.

Lorena Papini 05/06/25

Con 109 voti favorevoli, 69 contrari e un astenuto, il Senato ha approvato il 4 giugno 2025 in via definitiva il Decreto Sicurezza (DL n. 48/2025), già licenziato dalla Camera. Il provvedimento, presentato come risposta al crescente allarme sociale in tema di criminalità minorile, violenza di genere e terrorismo, introduce 14 nuovi reati e 9 aggravanti, riformulando profondamente l’assetto del diritto penale e dell’ordinamento penitenziario. Tuttavia, il decreto ha suscitato dure critiche da parte delle opposizioni parlamentari e dell’Organismo Congressuale Forense (OCF), per i suoi profili illiberali e per la torsione repressiva che lo caratterizza. Le novità legislative sollevano interrogativi circa l’effettiva coerenza del testo con i principi costituzionali di proporzionalità, determinatezza e funzione rieducativa della pena. Per un’analisi approfondita degli interventi introdotti dal D.L. n. 48/2025, convertito in L. n. 80/2025, in materia penale sostanziale e processuale, abbiamo pubblicato il volume Il nuovo decreto sicurezza – Tutte le novità del D.L. n. 48/2025, convertito in L. n. 80/2025, disponibile su Shop Maggioli

Indice

1. Nuovi reati, aggravanti e contrasto alla criminalità urbana nel Decreto Sicurezza


Il decreto si sviluppa in 39 articoli e delinea una strategia di contrasto fortemente repressiva. Tra le novità più rilevanti si annovera l’introduzione di reati specifici come l’occupazione abusiva di immobili (pena da 2 a 7 anni), la detenzione di materiale con finalità di terrorismo, la rivolta in istituti penitenziari e nei CPR, e la resistenza passiva durante l’esecuzione di ordini di sicurezza. È inoltre prevista una nuova aggravante per chi commette reati contro la persona o il patrimonio in prossimità di stazioni, aeroporti e mezzi pubblici.
Ulteriori interventi si concentrano sulla sicurezza urbana: il blocco stradale, finora illecito amministrativo, diventa reato; il DASPO urbano viene esteso anche a soggetti denunciati o condannati nei cinque anni precedenti per reati in aree pubbliche strategiche; il danneggiamento durante le manifestazioni comporta pene più severe. L’ampliamento delle misure cautelari e l’introduzione delle bodycam per gli agenti rappresentano una risposta tecnologica al bisogno di trasparenza e controllo, ma inserite in un impianto repressivo generale, rischiano di apparire strumenti di sorveglianza più che di garanzia. Per un’analisi approfondita degli interventi introdotti dal D.L. n. 48/2025, convertito in L. n. 80/2025, in materia penale sostanziale e processuale, abbiamo pubblicato il volume Il nuovo decreto sicurezza – Tutte le novità del D.L. n. 48/2025, convertito in L. n. 80/2025, disponibile su Shop Maggioli

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Antonio Di Tullio D’Elisiis | Maggioli Editore

2. I punti critici: diritti individuali, madri detenute e libertà di manifestazione


Numerosi sono i profili che sollevano forti dubbi di costituzionalità. L’OCF ha denunciato un uso simbolico e disfunzionale del diritto penale, in cui la repressione del dissenso – anche pacifico – si sostituisce al confronto democratico. Emblematica è la norma sul blocco stradale, che colpisce attivisti e ambientalisti con pene detentive anche in caso di manifestazioni non violente. Altro punto controverso è la modifica del regime penitenziario per le madri: viene abolito l’obbligo di rinvio della pena per donne incinte e madri di minori fino a un anno, sostituito da un rinvio facoltativo soggetto a criteri restrittivi, con obbligo di custodia in ICAM.
L’introduzione di fattispecie di reato dalla formulazione vaga, come la resistenza passiva o la promozione della rivolta, rischia di ledere il principio di determinatezza e di rendere difficile la difesa nel processo penale. L’inasprimento delle pene e la proliferazione delle aggravanti producono inoltre un sistema sanzionatorio disomogeneo e potenzialmente sproporzionato. L’assenza di una visione riformatrice complessiva del sistema penale e penitenziario è stata sottolineata anche dalla dottrina, che lamenta il mancato bilanciamento tra esigenze di sicurezza e rispetto dei diritti fondamentali.

3. Prevenzione, legalità e garanzie: un equilibrio ancora da trovare


Non mancano nel decreto aspetti condivisibili. Tra questi, le disposizioni per contrastare le truffe agli anziani, il rafforzamento della gestione dei beni confiscati alle mafie, l’introduzione della figura del tutor per le vittime di usura e le misure volte a incentivare il lavoro dei detenuti in collaborazione con il terzo settore. Importante è anche l’estensione della tutela legale per le forze dell’ordine, comprese nuove garanzie economiche per le spese processuali.
Tuttavia, l’impianto complessivo appare segnato da un’impostazione emergenziale, in cui l’urgenza dell’intervento – giustificazione costituzionale per l’adozione del decreto – risulta quanto meno discutibile. Le opposizioni parlamentari, che hanno protestato platealmente in Aula sedendosi a terra, denunciano un tentativo di silenziare il dissenso e comprimere spazi di libertà. Alla luce di tali criticità, il rischio è che la sicurezza venga perseguita a scapito della legalità costituzionale. Come ricordato dall’OCF, “non può esistere processo giusto se il diritto penale sostanziale diventa illiberale”: un monito che dovrebbe guidare ogni intervento normativo in materia penale.

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