Approfondimento sui rimborsi spese chilometrici e sull’uso di autovetture da parte degli amministratori di società

Redazione 08/03/01
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PREMESSE

Come è oramai noto i compensi percepiti dagli amministratori di società sono considerati con decorrenza dalle somme o valori corrisposti a partire dal 1° gennaio 2001 redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente (cfr. art. 47, comma 1 lettera c-bis del D.P.R. N. 917/1986, aggiunta dall’art. 34 della Legge 21 novembre 2000 N. 342).

Questa diversa classificazione comporta tutta una serie di rilevanti novità, sia per gli amministratori sia per le società già in precedenza esaminate, fra le quali quella relativa alle spese per l’uso di autovetture che questo approfondimento si propone di analizzare.

2. LA RILEVANZA DEL RIMBORSO SPESE PER L’AMMINISTRATORE

La norma in materia di determinazione dei redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente (cfr. art. 48-bis del D.P.R. N. 917/1986) stabilisce che si applicano, salvo quanto diversamente specificato, le stesse regole previste per la determinazione del reddito di lavoro dipendente (art. 48 D.P.R. N. 917/1986).

Da questa indicazione deriva quindi che non concorrono a formare il reddito dell’amministratore le somme corrisposte per il rimborso analitico delle spese di viaggio e trasporto, compreso il rimborso chilometrico per l’uso di una propria autovettura purchè ad ogni viaggio o trasferta corrisponda un incarico e una precisa e dettagliata scheda di rapporto compilata e sottoscritta dall’amministratore e conservata dalla società che ne indichi il motivo, la destinazione, i chilometri percorsi e le altre eventuali spese documentate oggetto di rimborso quali ad esempio quelle per il vitto e l’alloggio.

Le eventuali ulteriori spese non documentate, nel caso del rimborso analitico delle spese di viaggio e trasporto, non concorrono a formare il reddito dell’amministratore sino ad un massimo giornaliero di lire 30.000 se relative a trasferte fuori dal territorio comunale, elevate a lire 50.000 per le trasferte all’estero.

LA RILEVANZA DEL RIMBORSO SPESE PER LA SOCIETA’

La deducibilità dei rimborsi spese agli amministratori da parte delle società è a mio avviso regolata dall’art. 62 del D.P.R. N. 917/1986 che reca disposizioni in materia di spese per prestazioni di lavoro dipendente e ciò in quanto nel testo delle norma appena richiamata si citano espressamente nel comma 1-ter anche i titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa (gli amministratori sono pacificamente titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa).

La disposizione in esame prevede due limiti alla deducibilità delle spese da parte delle società per le trasferte al di fuori del territorio comunale effettuate dai collaboratori coordinati e continuativi (quelle relative a trasferte all’interno del territorio comunale sono interamente indeducibili).

Il primo prevede la possibilità di dedurre le spese di vitto e alloggio sino ad un ammontare giornaliero non superiore a lire 350.000 (elevate a lire 500.000 per le trasferte all’estero).

Il secondo limita la possibilità di dedurre le spese per l’impiego di autovetture non aziendali, laddove il collaboratore sia stato autorizzato ad utilizzare un autoveicolo di sua proprietà ovvero noleggiato al fine di essere utilizzato per una specifica trasferta, al costo di percorrenza A.C.I. ovvero alle tariffe di noleggio relative ad autoveicoli di potenza non superiore a 17 cavalli fiscali o a 20 cavalli fiscali se con motore diesel (è la disposizione, tuttora in vigore, introdotta dal Governo Dini con l’art. 33 del D.L. 23 febbraio 1995 N. 41 convertito in Legge dalla Legge 22 marzo 1995 N. 85).

Ciò non significa, seguendo il tenore letterale della disposizione e comparandola con altre norme esistenti in materia di deducibilità delle spese per l’impiego di mezzi di trasporto (cfr. art. 121-bis del D.P.R. N. 917/1986) la perdita totale della facoltà di detrarre le spese rimborsate agli amministratori laddove usino autovetture proprie o noleggiate di potenza superiore a quelle indicate. Significa piuttosto che solo la quota di costo eccedente quella che si otterrebbe dall’avere percorso gli stessi chilometri rimborsati con una autovettura di 17 ovvero di 20 cavalli fiscali se diesel è indeducibile per le società.

In buona sostanza, ad esempio, se l’amministratore viene rimborsato analiticamente per una trasferta di lavoro nella quale ha impiegato, debitamente autorizzato, la propria autovettura con alimentazione a benzina di 23 cavalli fiscali il rimborso chilometrico effettuato dalla società sulla base dei costi chilometrici di percorrenza stabiliti annualmente dall’A.C.I. non costituisce comunque reddito per l’amministratore mentre per la società la spesa rimborsata è deducibile dal reddito fiscale come costo sino ad un importo corrispondente ai chilometri rimborsati (percorsi) moltiplicati per il costo chilometrico di percorrenza di una autovettura similare per modello o per marca e per alimentazione a quella utilizzata dall’amministratore (in mancanza della possibilità di operare questo riferimento, nulla dicendo la norma al riguardo, si potrebbe anche assumere l’autovettura con alimentazione a benzina di 17 cavalli fiscali dal costo chilometrico più alto).

Per l’uso della propria autovettura l’amministratore deve essere a mio avviso necessariamente autorizzato dall’Assemblea dei soci mediante apposita preventiva deliberazione motivata.

Infine, un ultimo aspetto di interesse nel tema dell’uso delle autovetture da parte degli amministratori.

L’art. 121-bis del D.P.R. N. 917/1986 introdotto dall’art. 12 della Legge 27 dicembre 1997 N. 449 con l’obiettivo di disciplinare in una unica disposizione la normativa in punto di limitazioni alla deducibilità ai fini delle imposte sui redditi delle spese per l’uso di mezzi di trasporto a motore impiegati nell’esercizio di imprese, arti e professioni stabilisce che questi costi sono deducibili interamente, fra le altre ipotesi, quando i mezzi sono “dati in uso promiscuo ai dipendenti per la maggior parte del periodo di imposta”.

Vi deve essere correlato l’art. 48, comma 4 lettera a), del medesimo D.P.R. N. 917/1986 che prevede che costituisce reddito tassabile per il dipendente per le autovetture concesse in uso promiscuo un importo pari al “30 per cento dell’importo corrispondente ad una percorrenza convenzionale di 15 mila chilometri calcolato sulla base del costo chilometrico di esercizio desumibile dalle tabelle nazionali che l’Automobile club d’Italia deve elaborare entro il 30 novembre di ciascun anno e comunicare al Ministero delle finanze che provvede alla pubblicazione entro il 31 dicembre, con effetto dal periodo d’imposta successivo, al netto degli ammontari eventualmente trattenuti al dipendente”.

Quindi, concretamente, quando una autovettura aziendale, di qualunque cilindrata, viene concessa in uso promiscuo a un dipendente per la maggior parte del periodo d’imposta la società concedente può portare in detrazione tutti i costi relativi a questa autovettura se in capo al dipendente viene tassato da parte della società come reddito un importo corrispondente al costo di almeno una percorrenza chilometrica annua di 4.500 chilometri (30% di 15.000 chilometri) calcolata sulla base della tariffa A.C.I. prevista per quella specifica autovettura.

Se, invece, l’autovettura viene concessa in uso promiscuo ad un amministratore per la maggior parte dell’anno occorre seguire da una parte la stessa regola per quanto riguarda la determinazione del fringe benefit da tassare in capo all’amministratore da parte della società ma dall’altra, a mio avviso, la società non può portare in detrazione interamente i costi dell’autovettura ma deve rispettare le ordinarie limitazioni alla loro deducibilità previste dall’art. 121-bis, comma 1 lettera b), del D.P.R. N. 917/1986 (quindi deve comportarsi ai fini della detrazione dei costi come se il veicolo non fosse concesso in uso).

A questa discriminante conclusione, in particolare alla luce della novellata normativa in materia di classificazione del reddito derivante dall’attività di amministratore, si può giungere a mio avviso sia perché l’art. 121-bis del D.P.R. N. 917/1986 laddove parla di autovetture date in uso promiscuo solo ai dipendenti usa un termine che esclude inequivocabilmente gli amministratori (che dipendenti comunque non lo sono nemmeno oggi), sia perché questa norma sembra da interpretare nel senso di una volontà del legislatore tesa ad evitare taluni fenomeni elusivi sia perché infine, a conforto, laddove si è inteso comprendere i titolari dei rapporti di collaborazione coordinata e continuativa fra i soggetti per i quali esiste il diritto alla detrazione delle spese per l’uso di autovetture il legislatore lo ha espressamente affermato (cfr. art. 62, comma 1-ter, del D.P.R. N. 917/1986).

E’ anche necessario osservare come il quadro generale della normativa prevede che la quantificazione e la tassazione del fringe benefit è obbligatoria se l’autovettura è in uso promiscuo (sia al dipendente sia all’amministratore), anche se questa condizione non si verifica per la maggior parte del periodo d’imposta, per effetto delle disposizioni combinate degli artt. 47, 48-bis e 48 del D.P.R. N. 917/1986.

approfondimento del 24 febbraio 2001 a cura del

Dr. Rag. Francesco Roman

studio.roman@iol.it

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