Applicabilità dello sconto di 1/6 della pena nel rito abbreviato

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La Corte di Cassazione, con sentenza 4237 del 31 gennaio 2024, si è nuovamente pronunciata sull’applicabilità dello sconto di pena di 1/6 previsto dall’art. 442, co. 2 bis, c.p.p., introdotto con la Riforma Cartabia.

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Corte di Cassazione – Sez. II Pen. – Sent. n. 4237 del 31/01/2024

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Indice

1. I fatti

La Corte di appello di Venezia confermava la sentenza pronunciata dal Gip del Tribunale di Vicenza che aveva condannato l’imputato per i reati ascrittigli con rito abbreviato.
L’imputato ha proposto ricorso per Cassazione deducendo, tra gli altri motivi, quello relativo alla violazione dell’art. 606, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., con riferimento all’applicabilità dell’art. 442, comma 2-bis, cod. proc. pen., osservando che la novella introdotta con il d.lgs n. 150/2022 (Riforma Cartabia), che prevede la riduzione di un sesto della pena nell’ipotesi di rinuncia all’appello, è entrata in vigore dopo la proposizione dell’appello, ma prima della discussione, per cui il ricorrente avrebbe dovuto essere messo nelle condizioni di rinunciare all’appello e beneficiare della riduzione di pena, per cui avanza istanza di rimessione in termini.
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La Riforma Cartabia del sistema sanzionatorio penale

Aggiornato alla L. 30/12/2022 n. 199, di conv. con modif. D.L. 31/10/2022 n. 162, l’opera fornisce un inquadramento del D.Lgs. 150/2022, nel tentativo di affrontare e offrire le soluzioni pratiche dei numerosi problemi che un provvedimento di tale portata presenta. Oggetto specifico dell’elaborazione sono le norme che comportano la riforma del sistema sanzionatorio penale, mentre la novella processuale è affidata al corredo di circolari tematiche emesse dal Ministero della Giustizia, riportate in appendice. Per agevolare la lettura, il volume è suddiviso per aree tematiche di intervento, in ciascuna delle quali sono riportati i criteri di delega e le disposizioni oggetto del decreto, unitamente alle corrispondenti disposizioni attuative. Fabio PiccioniAvvocato del Foro di Firenze, patrocinante in Cassazione; LLB presso University College of London; docente di diritto penale alla Scuola di Specializzazione per le Professioni Legali; coordinatore e docente di master universitari e corsi di formazione; autore di pubblicazioni e monografie in materia di diritto penale e amministrativo sanzionatorio; giornalista pubblicista.

Fabio Piccioni | Maggioli Editore 2023

2. Applicabilità dello sconto di 1/6 della pena nel rito abbreviato: l’analisi della Cassazione

La Corte di Cassazione, nell’analizzare il ricorso, si sofferma in particolar modo sul motivo oggetto di trattazione, osservando che il principio di retroattività della lex mitior, con riferimento alle norme penali sostanziali, ha trovato affermazione in svariate sentenze nazionali e sovranazionali (tra cui il caso Berlusconi, con sentenza della Grande Sezione della Corte di Giustizia dell’Unione Europea del 03/05/2005), venendo poi ribadito successivamente, desumendolo dall’art. 7 CEDU e facendolo assurgere a diritto fondamentale della persona.
Infatti, la Corte di Strasburgo, dopo avere svolto una ricognizione sugli approdi giurisprudenziali formatisi sull’art. 7 CEDU, con riferimento al principio nullum crimen, nulla poena sine lege e alle nozioni di pena e di prevedibilità della legge penale, ha precisato che “se pure detta norma non fa espressamente menzione dell’obbligo, per gli Stati contraenti, di far beneficiare l’imputato di un cambiamento legislativo intervenuto dopo la perpetrazione del reato, gli sviluppi giurisprudenziali ed il consenso che ne è conseguito a livello europeo ed internazionale impongono di interpretarla nel senso che, vietando di infliggere una pena più severa di quella che era applicabile nel momento in cui è stato commesso il reato, il paragrafo 1 in fine dell’art. 7 non esclude che l’imputato possa beneficiare di una pena meno grave, prevista dalla legislazione posteriore al reato“.
Insomma, la Suprema Corte sottolinea che detta norma non si limita a vietare l’applicazione retroattiva delle norme penali sostanziali, ma impone altresì di applicare la legge penale più favorevole, anche se introdotto posteriormente alla perpetrazione del reato, con la conseguenza che, nell’ipotesi di successione di leggi penali nel tempo, costituisce violazione del principio di legalità convenzionale l’applicazione della pena più sfavorevole al reo. In più, specifica come il principio di retroattività in mitius sia un corollario di quello di legalità, che si applica alle sole disposizioni che definiscono i reati e le pene che li reprimono, per cui ha un campo di operatività più ristretto di quello riservato dal nostro ordinamento all’art. 2, co. 4, cod. pen., che riguarda ogni disposizione penale successiva alla commissione del fatto e più favorevole al reo, in quanto incidente sul complessivo trattamento riservatogli.
Alla luce di questa preliminare analisi, la Corte di Cassazione afferma che la disciplina prevista dall’art. 442, comma 2-bis, cod. proc. pen. è astrattamente applicabile anche ai procedimenti penali per i quali era stata già proposta impugnazione al momento dell’entrata in vigore del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, atteso che, incidendo sul trattamento sanzionatorio, in quanto determina una ridefinizione della pena stessa, ha natura sostanziale.
La Suprema Corte, inoltre, evidenzia che “tutte le norme che non solo qualificano il comportamento come reato, ma che ne stabiliscono la punizione in concreto e, quindi, l’an, il quantum ed il quomodo delle conseguenze punitive devono soggiacere alla regola della irretroattività della legge sopravvenuta sfavorevole e della retroattività della legge sopravvenuta favorevole. In tali casi, deve, allora, trovare applicazione il principio di retroattività della lex mitior, di cui all’art. 2, comma quarto, cod. pen., tenuto conto che la sentenza non è passata in giudicato“.

3. La decisione della Cassazione

Alla luce di quanto finora esposto, la Corte di Cassazione precisa che “la riduzione di pena nella misura di un sesto, conseguente ai sensi del comma 2-bis dell’art. 442 cod. proc. pen. alla mancata impugnazione della sentenza di condanna emessa all’esito del giudizio abbreviato, incidendo sul trattamento sanzionatorio concreto, ha ricadute necessariamente sostanziali, la cui natura non muta nonostante siano collegate non all’illecito penale in sé, ma ad un comportamento successivo, consistente nel mancato esercizio di una facoltà processuale. Pertanto, l’art. 442, comma 2-bis, cod. proc. pen., pur essendo disposizione processuale, comporta un trattamento sostanziale sanzionatorio più sfavorevole e si applica – a mente dell’art. 2, comma quarto, cod. pen. – anche ai procedimenti penali per i quali era stata già proposta impugnazione al momento dell’entrata in vigore del d. lgs. 10 ottobre 2022, n. 150“.
In conclusione, la Suprema Corte afferma che è ormai acquisito nel nostro sistema giuridico il principio secondo cui “il trattamento sanzionatorio, anche laddove collegato alla scelta del rito, finisce sempre con avere ricadute sostanziali, con la conseguenza che è soggetto alla complessiva disciplina di cui all’art. 2 cod. pen.” e che, quindi, nel caso di specie, il ricorso continua a coltivare in via principale motivi relativi al merito, che contestano l’affermazione di responsabilità del ricorrente, con la conseguenza che l’appello all’evidenza non risulta enunciato. Tale circostanza, ad avviso della Corte, impedisce l’applicazione dell’art. 442, comma 2-bis, cod. proc. pen., che presuppone una siffatta rinuncia.
Pertanto, il ricorso è risultato inammissibile e la Corte ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della Cassa delle ammende della somma di euro tremila.

Riccardo Polito

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