Appalti pubblici: come è cambiato (e cambierà) il Codice nel 2015

Redazione 21/05/15
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Il settore degli appalti e dei contratti pubblici è sottoposto a continue sollecitazioni come raramente è successo negli ultimi anni. Con l’incremento del ruolo rivestito da istituzioni come l’Anac, la prossima approvazione di una riforma e il nodo del contributo unificato, fin troppe questioni orbitano attorno al settore delle gare pubbliche. 

Tratto da LeggiOggi.it

Al contempo, il sistema giudiziario e quello amministrativo hanno continuato a fare il proprio corso, fornendo nuovi spunti e pronunce che tutti gli attori impegnati nell’assegnazione dei lavori e servizi pubblici devono tenere in considerazione.

 

Sull’aggiornamento delle procedure, e le ultime, fondamentali novità in materia, discutiamo con l’avvocato Alessandro Massari, autore, insieme ad Antonella Cutajar, del “Codice dei contratti pubblici commentato con la giurisprudenza“, edito da Maggioli nel maggio 2015.

 

Gli ultimi aggiornamenti legislativi in che modo hanno modificato le procedure di verifica dei requisiti dei partecipanti alle procedure?

Le procedure di verifica dei requisiti hanno purtroppo subito un aggravamento negli ultimi tempi a seguito dell’entrata in vigore del sistema AVCPass, obbligatorio per le gare cartacee di importo pari o superiore a 40.000 euro. Gli operatori delle stazioni appaltanti e gli operatori economici lamentano malfunzionamenti del sistema informatico e in generale una farraginosità procedimentale che non corrisponde al principio di semplificazione sulla base del quale è stato concepito e articolato il sistema AVCPass.

L’ANAC ha istituito un tavolo tecnico finalizzato all’ottimizzazione del sistema e al superamento delle criticità riscontrate. L’auspicio è che il nuovo Codice appalti possa contribuire ad una reale e concreta semplificazione in sintonia con lo spirito delle nuove direttive comunitarie che prevedono maggiore spazio per l’autocertificazione integrale e prevedono l’onere di comprova dei requisiti esclusivamente in capo all’aggiudicatario. In questa prospettiva la verifica a campione dei requisiti dovrebbe scomparire a tutto vantaggio di una maggiore celerità della procedura di gara e di minore contenzioso.

 

Quali le principali differenze tra opere e servizi concessi in appalto, guardando alla normativa più recente?

La questione della differenza tra lavori e servizi in appalto si pone con particolare riguardo alle manutenzioni e ai contratti di global service,  ove non è sempre agevole individuare la linea di demarcazione tra le due categorie. In generale il “servizio” di manutenzione è finalizzato al mantenimento della funzionalità di un’opera già esistente senza comportare la modifica fisica, tipica invece dei “lavori”. La manutenzione c.d. “ordinaria” viene dunque tendenzialmente ricondotta alla fattispecie dei servizi, mentre quella “straordinaria” a quella dei lavori pubblici.  Il tema è molto complesso e richiederebbe un ampio approfondimento.

 

Cosa si intende per “criterio del prezzo più basso” e quando si applica?

Il criterio del prezzo più basso trova applicazione quando l’appalto è integralmente definito dall’amministrazione aggiudicatrice in tutti i suoi aspetti tecnici, prestazionali, qualitativi ed economici e dove l’offerta del concorrente può quindi riguardare solo ed esclusivamente il prezzo, senza possibilità di presentare varianti qualitative, ciò che invece viene previsto nel diverso criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, dove ad essere valorizzato è il rapporto qualità-prezzo.

Nella prospettiva del recepimento delle nuove direttive comunitarie, invece, il criterio del prezzo più basso, prima equiordinato al criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, diventerà eccezionale e residuale  (art. 67 direttiva 2014/24/UE) e dovrà essere espressamente autorizzato da norme interne di ogni stato membro. L’idea è quella di valorizzare la capacità progettuale e l’innovazione delle imprese nel  mercato e di premiare gli aspetti qualitativi nella logica del Life-Cycle Costing, ovvero tenere conto non solo dei costi immediati di acquisizione del prodotto, servizio od opera, ma dei costi di lungo periodo relativi alla manutenzione, all’assorbimento energetico, all’impatto ambientale, allo smaltimento, ecc. una volta raggiunto il “fine vita” del prodotto, servizio od opera.

Le gare d’appalto saranno quindi in futuro sempre più complesse e delicate, dovendosi applicare di regola il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa.

Ma prima di rassegnare delle conclusioni certe dobbiamo attendere il recepimento delle direttive con il nuovo Codice appalti,  per capire il reale bilanciamento tra i due criteri di aggiudicazione voluto dal legislatore italiano.

 

In materia di contenzioso quali sono le principali novità?

La novità più attesa, che condizionerà tutto il sistema del contenzioso in materia di appalti, è sicuramente datadall’imminente pronunciamento della Corte di Giustizia sulla questione del “contributo unificato”nell’applicazione scaturente dalla disciplina vigente e dalla prassi. Gli operatori economici e gli avvocati lamentano da tempo gli eccessi dell’applicazione cumulativa del contributo nell’ambito del medesimo procedimento giurisdizionale: per gli appalti più importanti i 6.000 euro del ricorso principale si sommano con ulteriori contributi dello stesso importo da versare per l’impugnazione, con motivi aggiunti, di ulteriori atti emanati dalla stessa stazione appaltante nella medesima procedura di aggiudicazione.

In questo quadro si coglie l’attualità della nota affermazione del giudice inglese del XIX secolo Sir James Matthew per il quale «in Inghilterra la giustizia è aperta a tutti, come l’Hotel Ritz». La causa fornisce alla Corte l’opportunità di considerare se lo stesso valga per i procedimenti giurisdizionali relativi all’aggiudicazione di appalti pubblici in Italia disciplinati dal diritto dell’Unione europea.

L’Avvocato Jaaskinen della Corte di Giustizia CE ha già rassegnato le sue conclusioni il 7 maggio scorso (C-61/14) affermando che la direttiva comunitaria sui ricorsi 89/665/CEE, interpretata alla luce dell’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e dei principi di equivalenza e di effettività, non osta ad una normativa nazionale che stabilisce un tariffario di contributi unificati applicabile solo ai procedimenti amministrativi in materia di contratti pubblici, purché l’importo del tributo giudiziario non costituisca un ostacolo all’accesso alla giustizia né renda l’esercizio del diritto al sindacato giurisdizionale in materia di appalti pubblici eccessivamente difficile.  Non è invece compatibile con la suddetta direttiva  la riscossione di più tributi giudiziari cumulativi in procedimenti giurisdizionali in cui un’impresa impugna la legittimità di un’unica procedura di aggiudicazione di un appalto.

Attendiamo ora con trepidazione il verdetto della Corte di Giustizia.

 

A che punto è l’annunciata riforma del Codice di cui si è parlato molto nei mesi scorsi?

La legge delega per il recepimento delle nuove direttive sta per essere approvata dal Parlamento. Il termine per l’approvazione del nuovo “Codice degli appalti e delle concessioni”, che manderà quindi in pensione il vigente “Codice de Lise” di cui al Dlgs. 163/2006, è fissato al 18 febbraio 2016, mentre il 18 aprile 2016 entrano in vigore nel nostro ordinamento le nuove direttive, che, in caso di mancato recepimento, dovranno trovare comunque applicazione nelle norme self-executing, ovvero quelle sufficientemente dirette e puntuali.

L’auspicio è che entro il termine previsto, sia approvato anche il nuovo Regolamento esecutivo, che sostituirà il DPR 207/2010, e si mettano “a sistema” in un vero “Testo Unico”, le numerose e assai poco coordinate norme extracodicem disseminate in una miriade di provvedimenti (antimafia, anticorruzione, spending review, sicurezza, normative settoriali e speciali in materia di appalti).

L’idea di un Codice, come quello vigente, che ha subito oltre 600 modifiche normative dal 2006 ad oggi, con una media di una modifica ogni settimana, non è più ammissibile e va fermamente respinta.

La certezza e la stabilità normativa di un settore così delicato come quello degli appalti pubblici,  che muove una massa finanziaria del 18% del PIL europeo ed è considerato leva strategica di politica economica, è essenziale e imprescindibile per lo sviluppo di tutto il “Sistema Paese”.

 

 

 

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