Anche il rumore entro i limiti può non essere tollerato

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Anche se il gestore di un bar “rumoroso” ha fatto dei lavori per ridurre le emissioni sonore e riportarle nell’ambito dei limiti dettati dalla legge 447/1995 e relativi decreti attuativi, resta il divieto di utilizzare gli spazi esterni a partire dalla mezzanotte.

Il principio della “normale tollerabilità” può dipendere dal rispetto dei limiti previsti dalla normativa in materia.

L’argomento è molto scottante, e in passato, ha originato una cospicua giurisprudenza, anche con oscillazioni sensibili tra l’una e l’altra pronuncia.

Con la recente sentenza del 6/02/2020 n.2757, la Suprema Corte di Cassazione ha stabilito che anche se le emissioni acustiche rientrano nei limiti normativi, possono lo stesso risultare non tollerabili per le proprietà vicine.

La Suprema corte ha respinto il ricorso della società immobiliare proprietaria del locale, destinataria di un’ordinanza cautelare con la quale è stata condannata ad eseguire una serie lavori al fine di ridurre i rumori molesti segnalati da un vicino.

Gli adempimenti venivano integrati con l’obbligo di vietare agli avventori del bar l’accesso a uno spazio all’aperto, a partire dalla mezzanotte.

Una previsione che, secondo il ricorrente, doveva venire meno dopo che lui aveva fatto i lavori richiesti per limitare i rumori e riportarli sotto la soglia limite.

Si legga anche:”I rumori di condominio, quando sono considerati molesti”

Però non è così.

La Cassazione precisa come il fatto che non sia consentito sforare i limiti di accessibilità, fissati dalla normativa in materia, non rende le immissioni lecite.

Il giudizio sulla loro tollerabilità deve essere formulato in relazione ai principi dettati dall’articolo 844 del codice civile.

L’articolo 844 del codice civile, rubricato “divieto di immissioni”, recita:

Il proprietario di un fondo non può impedire le immissioni di fumo o di calore, le esalazioni, i rumori, gli scuotimenti e simili propagazioni  derivanti dal fondo del vicino, se non superano la normale tollerabilità, avuto anche riguardo alla condizione dei luoghi.

Nell’applicare questa norma l’autorità giudiziaria deve contemperare le esigenze della produzione con le ragioni della proprietà. Può tener conto della priorità di un determinato uso.

La responsabilità del titolare del locale per i clienti che stanno all’aperto

Secondo la Suprema Corte di Cassazione, il titolare di un bar non può fare restare i clienti nell’area scoperta del locale se le immissioni rumorose, superano i limiti consentiti e disturbano i residenti.

Si contano diverse sentenze che hanno attribuito al titolare del locale notturno non esclusivamente la responsabilità per i rumori prodotti dentro il bar, il pub, la pizzeria, oppure la discoteca, ma sono responsabili anche in relazione a quello che succede all’esterno.

La persona in questione, deve fare in modo che coloro che frequentano l’esercizio commerciale rispettino le persone che vorrebbero riposare, affiggendo dei cartelli e impegnandosi a predisporre un servizio di sorveglianza che sia in grado di fare rispettare il divieto.

Nella circostanza che i clienti del locale si producano in schiamazzi all’aperto, il titolare del locale può essere punito penalmente per il reato di disturbo del riposo delle persone, meglio noto come disturbo della quiete pubblica.

In presenza di simili circostanze, viene posto in essere un procedimento penale nel corso del quale i vicini che hanno subito la “molestia acustica”, si potrebbero costituire anche parte civile al fine di chiedere il risarcimento del danno.

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La situazione in presenza di un locale è insonorizzato

La circostanza che la società che gestisce il locale faccia del suo meglio per riportare la soglia nei valori di legge non è sufficiente a cancellare il divieto di utilizzare gli spazi esterni dopo la mezzanotte.

Il rumore nei limiti di legge non esclude la sua intollerabilità per le abitazioni vicine.

La Corte di Cassazione spiega che “l’eventuale rispetto dei limiti previsti dalla legge non può fare considerare lecite le immissioni.

Il giudizio sulla loro tollerabilità deve essere formulato in relazione alla situazione ambientale reale, variabile da luogo a luogo, secondo le caratteristiche della zona e le abitudini degli abitanti, e non può dipendere dalla rumorosità di fondo o da quel complesso di suoni di origine varia e spesso non identificabile, continui e caratteristici del luogo, sui quali si innestano i rumori denunciati come immissioni abnormi”.

Il giudice di merito avrà il compito di accertare in modo reale “gli accorgimenti idonei a riportare le immissioni nell’ambito della normale tollerabilità”.

I rumori di natura illegale

Il codice civile stabilisce che i rumori diventano illegali quando superano la soglia della normale tollerabilità.

Non vengono fissati limiti di decibel e il giudice pone in essere il suo giudizio caso per caso, in relazione alla condizione dei luoghi e alla possibilità concessa all’autorità giudiziaria di bilanciare esigenze di produzione e diritti che derivano dalla proprietà, tenendo anche conto della priorità di un determinato utilizzo.

La Suprema Corte precisa che “se le immissioni acustiche superano, per la loro particolare intensità e capacità diffusiva, la soglia di accettabilità prevista dalla normativa a tutela degli interessi della collettività, a maggior ragione le stesse, dove si risolvano in immissioni nell’ambito della proprietà del vicino, devono per questo essere considerate intollerabili ai sensi del codice civile, e illecite, anche sotto il profilo civilistico”.

A cominciare da quale orario si deve fare silenzio

La Suprema Corte di Cassazione, scrive che anche se il gestore di un bar rumoroso abbia effettuato appositi lavori al fine di ridurre le emissioni sonore riportandole nell’ambito dei limiti dettati dalla legge 447/95 e relativi decreti attuativi, resta il divieto di utilizzare gli spazi esterni a partire dalla mezzanotte.

Il principio della “normale tollerabilità” può dipendere dal rispetto dei limiti previsti dalla normativa rilevante in materia.

Secondo la Cassazione, nonostante le emissioni acustiche rientrino nei limiti normativi, possono lo stesso risultare intollerabili per le abitazioni vicine.

La presentazione della denuncia

Non è necessario un esposto da parte dell’intero condominio.

Siccome si tratta del reato di “disturbo della quiete pubblica” procedibile d’ufficio, è sufficiente la segnalazione di una persona, residente o non residente, che si lamenti dei rumori.

Risulterà compito della polizia o dei carabinieri, a seguito di un sopralluogo, prenderne atto attraverso  le verifiche e informare la Procura della Repubblica delle condotte vietate dal codice penale.

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