Alle radici dell’interpretazione. Rapporto tra cultura e tecnica giuridica

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La Giustizia intesa quale insieme di normativa, organizzazione e interpretazione (D; O; I ) è funzione (f) della Cultura espressa nelle sue varie articolazioni, quale la scuola, le norme sociali, il lavoro, la famiglia, la tecnologia, etc., per (*) l’Economia anch’essa articolata dalla finanza, all’organizzazione lavorativa, alle reti commerciali e di sostegno, al sistema sanitario, etc., in questo ampio sistema che risulta pertanto paragonabile per aree geografiche e che , quindi, viene a ricomprendere in sé le varie forme che la stessa normativa può assumere, la struttura sociale viene a riprodurre se stessa attraverso le azioni di socializzazione di cui l’istruzione secondaria è uno dei più importanti pilastri, l’istruzione accademica su cui si fonda la trasmissione certificata di un sapere normativo che si vuole essere prevalentemente tecnico, viene pertanto a fondarsi in buona parte sul precedente livello di istruzione che incanala valori, tecnica e selezione, necessaria nell’interpretazione tecnica del superiore livello accademico, evitando quindi la progressiva dispersione del sapere così come codificato.

            L’istruzione curricolare come è strutturata ha la funzione sia di trasmettere i saperi scolastici, in materia, contenuto e misura, che socializzare e selezionare socialmente, si deve considerare che le teorie, i fatti e le interpretazioni accettate dalle maggiori autorità culturali hanno un ruolo fondamentale nei processi decisionali moderni, i decisori vengono in misura notevole influenzati dalle conoscenze formali nel formulare giudizi e sviluppare progetti, questi costituiscono punti di riferimento nell’utilizzo delle conoscenze tecniche e pratiche sviluppate sia nell’ambito accademico che sul posto di lavoro.

            Bernstein ha individuato due modalità di organizzazione curricolare, la prima a griglia basata su una divisione analitica per materia della conoscenza, l’altra integrata secondo raggruppamenti di sapere, le due modalità non rigidamente suddivise risultavano integrate nelle antiche università, solo con l’avvento della moderna istruzione di massa la necessità burocratica di coordinare e standardizzare ha indotto alla classificazione dei saperi normativamente vincolati, dando luogo a strutture sociali durature in cui la società sceglie e classifica le conoscenze ritenute pubbliche al fine della distribuzione del potere e del controllo sociale, come osserva Meyer vi è nell’ Occidente una visione della modernità nella quale l’evoluzione individuale è strettamente legata al progresso sociale, questo tuttavia deve inserirsi nella distribuzione del potere e nel controllo sociale stesso.

                       Nel favorire un individualismo orientato al mercato si è aperto un dibattito sulle caratteristiche delle differenti forme di multiculturalismo, che ha indotto ad interessarsi più al valore di mercato del titolo accademico che alla trasmissione dei valori in sé, specialmente in assenza di vantaggi per le prospettive occupazionali, nelle società economicamente sviluppate vi è quella che Weber chiama la “gabbia di ferro” dei vincoli e degli incentivi organizzativi.

            La socializzazione avviene con l’influenzare comportamenti, valori morali e stili culturali, in questo interviene non solo la famiglia, in termini di fiducia in sé e autocontrollo, ma anche l’ambiente e la scolarizzazione, dove quest’ultima passa da una socializzazione industriale con alta formazione comportamentale e conformità morale, atta alla produzione meccanica, ad una socializzazione lavorativa o di consumo di massa, nella quale vi è una bassa trattazione di questioni morali ed un controllo routinario fondato sulla disponibilità di una ampia serie di opzioni, l’organizzazione burocratica viene integrata al consumo di massa, vi è quindi il passaggio da una libertà meccanica della società dei motori, fondata su limitazioni predefinite, ad una libertà informatica apparentemente infinita, in realtà predeterminata e pilotabile in termini non visibili, con controlli a posteriori sulle possibilità concesse, questo non esclude tuttavia una possibile miscela di modelli (Wylie).

            Powell, Farrar e Cohen hanno sottolineato il passaggio, attraverso l’influenza della filosofia dell’adattamento alla vita (life adjustment), dalle tre tradizioni morali primarie del codice morale giudaico-cristiano (onestà, scienza, bontà e gentilezza) dell’etica del lavoro protestante (operosità, imprenditorialità, pianificazione, temperanza) e della religione civile repubblicana e patriottica, (patriottismo, coraggio, rispetto del diritto e della costituzione, responsabilità e partecipazione alle istituzioni sociali), alla scuola quale centro commerciale in cui prevale la varietà, la scelta e la neutralità dell’istituzione, si realizzano pertanto una serie concentrica di anelli educativi fondati su “curricolo invisibili”, nei quali si sviluppano solo alcune e particolari competenze necessarie al vivere sociale, si passa da una solidarietà meccanica (Durkhein), ordine morale condiviso ed obbligatorio, ad una solidarietà organizzativa di equilibrio, più funzionale agli attuali sistemi complessi.

            Dobbiamo considerare che la conformità morale risulta più difficile da conseguire rispetto alla conformità comportamentale e all’integrazione burocratico/consumistica, la cultura morale prevalente rispecchia quella delle persone che possiedono autorità nella società ed incontra spesso la resistenza dei due opposti, l’opportunismo pratico di coloro che sono privi di mezzi e delle persone più illuminate delle classi superiori, è infatti l’autorità del gruppo che accresce la legittimità delle norme comportamentali.

            Nella necessità di un’istruzione burocratico/consumista in cui prevale l’istruzione accademica, si è introdotto quello che è stato definito il “credenzialismo”, ossia il monopolio dell’accesso alle professioni più remunerative solo mediante il possesso di certificati di studio, il fenomeno è risultato funzionale alle esigenze delle più vaste organizzazioni produttive, che attraverso questo sistema non solo si sono rifatti alle capacità tecniche acquisite ma anche come indicatore dell’affidabilità e della disponibilità a conformarsi, il proliferare dei titoli e delle specializzazioni ha permesso la loro valutazione commerciale.

            Il sistema è stato visto secondo una teoria della meritocrazia per cui sarebbe sorta una “autocrazia del talento” (Comat) o al contrario come una più semplice riproduzione sociale mascherata (Bowler, Gints), nei fatti il successo nei massimi livelli è un intreccio di status sociale,  intelligenza individuale e capacità relazionali, dove gli individui nello sviluppare strategie di miglioramento si allontanano o avvicinano alla cultura prevalente espressa dal sistema scolastico/accademico.

            Il sociologo Bourdieu ha usato il termine “habitus” per indicare le concezioni del mondo e le proprie posizioni che si sviluppano come modelli in ciascuna classe sociale, gli individui esprimono tali modelli in forma di credenze, valori, comportamenti, abbigliamento, maniere, stili linguistici, in cui può prevalere quale conformismo la necessità di evidenziarsi, nel quale alla rispettabilità viene a sostituirsi la reputazione, in una interazione fra condizioni di gruppo, caratteristiche istituzionali e strategie di adattamento.

Dott. Sabetta Sergio Benedetto

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