Aliquota IVA ordinaria per lezioni di nuoto impartite da una ASD

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 A cura di Avv. Francesca Moroni, Dott.ssa Laura Mancini

Aliquota IVA ordinaria per lezioni di nuoto impartite da una ASD. Normativa nazionale e comunitaria a confronto.

     Indice

  1. Attività esenti IVA. Normativa statuale e comunitaria
  2. Esenzione IVA. Riscontro del presupposto soggettivo e oggettivo
  3. La (mancata) esenzione IVA per lezioni di nuoto impartite da una ASD. La questione sottoposta alle Entrate
  4. Conclusioni

1. Attività esenti IVA. Normativa statuale e comunitaria

La tematica dell’esenzione IVA per particolari tipologie di attività – quali, ad esempio, prestazioni didattiche – rese da enti di Terzo settore / enti non commerciali è stata di frequente oggetto di controversie sia a livello nazionale che comunitario[1].

Sul piano normativo, il riferimento va alla direttiva IVA n. 2006/112[2], art. 132, par. 1, lett. i) che elenca, tra le operazioni che gli Stati membri possono esentare dall’IVA, “l’educazione dell’infanzia o della gioventù, l’insegnamento scolastico o universitario, la formazione o la riqualificazione professionale, nonché le prestazioni di servizi e le cessioni di beni con essi strettamente connesse, effettuate da enti di diritto pubblico aventi lo stesso scopo o da altri organismi riconosciuti dallo Stato membro interessato come aventi finalità simili”. Inoltre, alla successiva lettera j) si dispone che sono esenti dall’imposta anche “le lezioni impartite da insegnanti a titolo personale e relative all’insegnamento scolastico e universitario”.

Sul piano nazionale, l’articolo 10, numero 20), del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, analogamente prevede l’esenzione dall’imposta sul valore aggiunto per “le prestazioni educative dell’infanzia e della gioventù e quelle didattiche di ogni genere, anche per la formazione, l’aggiornamento, la riqualificazione e riconversione professionale, rese da istituti o scuole riconosciuti da pubbliche amministrazioni e da enti del Terzo settore di natura non commerciale (…)”[3].

La disposizione interna, dunque, coerentemente con quanto previsto dalla normativa europea, subordina l’applicazione dell’esenzione IVA al verificarsi di due presupposti, uno di carattere oggettivo e l’altro soggettivo, stabilendo che le prestazioni esenti:

  1. a) devono essere di natura educativa dell’infanzia e della gioventù o didattica, ivi compresa l’attività di formazione, aggiornamento, riqualificazione e riconversione professionale;
  2. b) devono essere rese da istituti o scuole riconosciuti da pubbliche amministrazioni[4].

2. Esenzione IVA. Riscontro del presupposto soggettivo e oggettivo

Sul piano sistematico, la normativa interna subordina, dunque, la disciplina fiscale di favore alla sussistenza di due requisiti, uno soggettivo e uno oggettivo, in armonia con la disposizione comunitaria[5].

Nel dettaglio, con riferimento al presupposto soggettivo, occorre considerare come al termine “istituti o scuole” vada attribuito un “valore meramente descrittivo”[6], facendo riferimento a generici soggetti che presiedono di norma a tali attività educative, senza che si tratti, quindi, di un’indicazione tassativa di enti ammessi a fruire del regime di favore.

Inoltre, l’esenzione deve ritenersi operante anche se il riconoscimento di istituti o scuole è effettuato, per ragioni di specifica competenza, da un’amministrazione dello Stato che non sia quella scolastica; infine, deve riguardare il corso educativo / didattico che l’organismo intende realizzare[7].

Riguardo al profilo oggettivo, invece, si segnala quanto recentemente affermato dalla Corte di Giustizia UE con la sentenza pronunciata nella causa C- 373/19 del 21 ottobre 2021[8], in materia di corsi di nuoto impartiti principalmente a bambini, da una scuola specializzata e vertenti sull’apprendimento delle basi e delle tecniche della disciplina stessa. Sul punto, i giudici unionali hanno precisato l’ambito applicativo della disposizione di cui al citato articolo 132, lettere i) e j) della direttiva 112/2006/CE, chiarendo in maniera più dettagliata la nozione di “insegnamento scolastico o universitario” in essa contenuto[9].

In particolare, la Corte di Giustizia UE ha ribadito che “i termini con i quali sono state designate le esenzioni di cui all’articolo 132 della direttiva 2006/112 devono essere interpretati restrittivamente, dato che tali esenzioni costituiscono deroghe al principio generale stabilito dall’articolo 2 della direttiva stessa, secondo cui l’IVA è riscossa per ogni prestazione di servizi effettuata a titolo oneroso da un soggetto passivo. Tuttavia, questa regola d’interpretazione restrittiva non significa che i termini utilizzati per specificare le esenzioni di cui al menzionato articolo 132 debbano essere interpretati in modo da privare le esenzioni stesse dei loro effetti”[10].

In aggiunta – evidenzia sempre la Corte – si rileva come l’articolo 132, paragrafo 1, alle lettere i) e j), non contenga alcuna definizione della nozione di “insegnamento scolastico o universitario“. Di conseguenza, si può pacificamente affermare che, ai sensi della direttiva 2006/112, tale nozione non possa essere circoscritta e limitata ai soli insegnamenti che si concludono con esami volti all’ottenimento di una qualifica o che consentono di acquisire una formazione per l’esercizio di un’attività professionale. Al contrario, la nozione comprende tutte quelle attività in cui l’istruzione viene fornita nelle scuole o nelle università per sviluppare le conoscenze e le attitudini degli allievi o degli studenti, purchè tali attività non abbiano carattere puramente ricreativo[11].

Prosegue inoltre la Corte di Giustizia, «“la nozione di insegnamento scolastico o universitario” include attività che si distinguono tanto per la loro specifica natura, quanto per il contesto in cui sono esercitate». Ne deriva che il legislatore UE ha inteso fare riferimento ad una determinata tipologia di insegnamento, che è comune a tutti gli Stati membri, indipendentemente dalle caratteristiche specifiche di ogni sistema nazionale.

In altri termini, la nozione “di insegnamento scolastico o universitario” ai fini del regime IVA, si riferisce, in generale, a un sistema integrato di trasmissione di conoscenze e di competenze avente ad oggetto un novero ampio e diversificato di materie, nonché all’approfondimento e allo sviluppo di tali conoscenze e di tali competenze da parte degli allievi e degli studenti, di pari passo con la loro specializzazione[12].

Infine, in merito al termine “formazione professionale”, l’articolo 44, del regolamento UE di esecuzione n. 282/2011[13] specifica che “i servizi di formazione o riqualificazione professionale comprendono le prestazioni didattiche direttamente relative a un’attività commerciale o professionale, nonché le prestazioni didattiche perla formazione e l’aggiornamento professionale”.


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3. La (mancata) esenzione IVA per lezioni di nuoto impartite da una ASD. La questione sottoposta alle Entrate

Delineato il panorama normativo e giurisprudenziale di riferimento, si richiama la recente questione sottoposta all’attenzione dell’Agenzia delle Entrate[14].

L’ente istante dichiara di essere una ASD che esercita in via principale attività volta allo sviluppo e alla diffusione di attività sportive connesse alla disciplina del nuoto e del triahtlon.  Rappresenta inoltre che, nell’ambito della sua attività, impartisce, principalmente a bambini, corsi di vari livelli sull’apprendimento delle basi e delle tecniche del nuoto.

Ciò posto, l’ASD chiede di conoscere il corretto trattamento tributario, agli effetti dell’IVA, applicabile ai corrispettivi percepiti per lo svolgimento della suddetta attività.

In particolare, in qualità di ente formatore, chiede se possa di rientrare tra “gli istituti o scuole riconosciute da pubbliche amministrazioni” di cui all’articolo 10, n. 20), DPR 633/1972, al fine di beneficiare della conseguente esenzione IVA.

Le Entrate, per fornire adeguati chiarimenti al quesito in esame, richiamano precedenti orientamenti giurisprudenziali comunitari in materia di corsi di scuola guida [15] e lezioni di volo[16].

Sul punto, sotto il profilo oggettivo e in parallelo alle indicazioni della Corte di Giustizia UE sopra illustrate, con specifico riferimento alle lezioni di nuoto, è necessario accertare se queste ultime possano essere riconducibili nell’ambito della nozione di “insegnamento scolastico o universitario”, contenuta nella richiamata disposizione comunitaria e, di conseguenza, possa ritenersi applicabile l’esenzione di cui all’articolo 10, d.P.R. 633/1972.

Al riguardo, la Corte, nella già richiamata sentenza emessa nella causa C-373/19[17], ha statuito come “l’insegnamento del nuoto, impartito da una scuola di nuoto nei confronti  principalmente di bambini e diretto all’apprendimento delle basi e delle tecniche della disciplina del nuoto, presenti un’indubbia importanza e persegua un obiettivo di interesse pubblico; esso costituisce comunque un insegnamento specialistico ed impartito ad hoc, che non equivale, di per se stesso, alla trasmissione di conoscenze e di competenze aventi ad oggetto un insieme ampio e diversificato di materie, nonché al loro approfondimento e al loro sviluppo, caratterizzanti l’insegnamento scolastico o universitario”.

In sostanza, si ribadisce quanto già precisato in materia di insegnamento della guida automobilistica e della vela, ovvero che la locuzione comunitaria di “insegnamento scolastico o universitario” ai fini del regime IVA, deve riferirsi a “un sistema integrato di conoscenze e competenze avente ad oggetto un insieme ampio e diversificato di materie, nonché all’approfondimento e allo sviluppo di tali conoscenze e di tali competenze da parte degli allievi e degli studenti”. Ne deriva quindi che ” la nozione di insegnamento scolastico o universitario, ai sensi dell’articolo 132, paragrafo1,lettere i) e j) della direttiva 2006/112 deve essere interpretata nel senso che essa non comprende l’insegnamento del nuoto impartito da una scuola di nuoto”[18].

Peraltro, i predetti corsi non possono essere considerati quali servizi di formazione o riqualificazione professionale, nell’accezione sopra evidenziata, piuttosto hanno uno scopo meramente ricreativo o sportivo.

4. Conclusioni

Alla luce di tali considerazioni, in riferimento alla fattispecie concreta in esame, occorre verificare se l’insegnamento del nuoto, impartito dalla ASD istante, possa rientrare nella nozione di “insegnamento scolastico o universitario”, ai sensi dell’articolo 132, paragrafo 1, lettere i) e j), della direttiva 2006/112.

I giudici comunitari[19] hanno già sottolineato che sussiste un rilevante interesse generale alla disciplina del nuoto e che tale circostanza consente, ai fini dell’esenzione IVA prevista dalla direttiva, di distinguerlo da altri apprendimenti[20].

Tuttavia, si deve osservare che, benché l’insegnamento del nuoto (ripetizione di insegnamento troppo vicino, vedi anche sotto) impartito da una scuola specializzata presenti un’indubbia importanza e persegua un obiettivo di interesse pubblico, esso costituisce comunque una disciplina specialistica ed impartita ad hoc, che non equivale, di per se stesso, alla trasmissione di conoscenze e di competenze aventi ad oggetto un insieme ampio e diversificato di materie, nonché al loro approfondimento e al loro sviluppo, caratterizzanti l’insegnamento scolastico o universitario[21].

In armonia con i precedenti principi espressi dalla Corte di Giustizia UE, le Entrate chiariscono, in definitiva, come i corsi di nuoto impartiti dall’ASD istante, prevalentemente a bambini, non possano essere riconducibili nell’ambito dell’esenzione dall’IVA, in quanto, fermo restando l’eventuale sussistenza del requisito soggettivo di scuola di nuoto riconosciuta dalla Federazione di competenza, risulta carente il presupposto oggettivo che concerne la definizione e la qualificazione della nozione “di insegnamento scolastico o universitario”, come emerge dalla citata giurisprudenza della Corte di Giustizia UE.

Ne consegue che, ai corrispettivi percepiti dall’istante a fronte dei corsi di nuoto in argomento, si applica l’IVA nella misura ordinaria del 22 per cento.

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Note

[1] In dottrina sulla tema dell’IVA applicabile agli Enti di Terzo settore, si permetta il richiamo a F. Moroni, Enti di Terzo settore: nella Legge di Bilancio 2022 regime IVA di esenzione al 2024, in Fisco e Tasse, 3 gennaio 2022; ead., Esenzioni IVA per gli ETS: nuove regole, in Fisco e Tasse, 20 dicembre 2021.

[2] Cfr. direttiva Comunità Europea del 28/11/2006 n. 112, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto.

[3] Cfr. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 10, n. 20 (Operazioni esenti da imposta). V., anche, Agenzia delle Entrate, circ. n. 22/E/2008, in cui si forniscono chiarimenti in merito al requisito del riconoscimento cui è subordinata l’applicazione del regime di esenzione dall’IVA per prestazioni educative e didattiche. In dottrina, in riferimento ai profili fiscali degli ET, v. M. Barbizzi, Fiscalità degli Enti del Terzo Settore, in Diritto e pratica del lavoro, 38, 14, 2021 pp. 852 – 857; G. Girelli, La disciplina tributaria degli enti del Terzo settore: un’occasione mancata, in Rassegna tributaria, 63, 2, 2020, pp. 409 – 435; G.M. Colombo, M. Setti, Terzo settore – Aspetti civilistici, contabili e fiscali, Ipsoa, 2020; B. Pagamici, Le agevolazioni fiscali per il Terzo Settore, in Cooperative e enti non profit, 19, 3, 2019, pp. 20-25; G. Sepio, I criteri di qualificazione fiscale delle attività di interesse generale svolte dagli Enti del Terzo Settore, in Rivista di diritto tributario – Supplemento online, 30 dicembre 2019; G. Rivetti, La qualificazione tributaria delle attività degli “Enti di Terzo Settore” tra incertezze interpretative e ripensamenti legislativi, «Rivista di Dir. Tributario», 2, 2019; S. Boffano, P. Cella, Enti no profit al bivio. Linee guida per orientarsi nella Riforma del Terzo Settore, Milano, Egea, 2019; A. Fici (a cura di), La riforma del terzo settore e dell’impresa sociale. Una introduzione, Napoli, Esi, 2018; P. Consorti, L. Gori, E. Rossi, Diritto del Terzo settore, Bologna, Il Mulino, 2018; F. Loffredo, Gli enti del Terzo settore, Milano, Giuffrè, 2018; F. Farri, Le modifiche strutturali al quadro normativo del Terzo settore, «Riv. Dir. Trib.», 16 febbraio 2018; G. Rivetti, Enti senza scopo di lucro. Terzo Settore e Impresa Sociale. Profili di specialità tributaria tra attività no profit o for profit, Giuffré, Milano, 2017.

[4] Cfr. Agenzia delle Entrate, risposta interpello n. 393 del 27 luglio 2022. Si richiamano poi la risoluzione n. 308/E del 5 novembre 2007 e la circolare n. 22/E/2008, cit.

[5] In riferimento alla tematica dell’Iva applicabile agli enti non commerciali, v. F. Montanari, Le criticità dell’Iva per le attività di interesse generale nel nuovo codice del terzo settore, in Rivista di diritto tributario, fascicolo 5/2018; A. Fatarella, Terzo settore – aspetti IVA dei regimi forfetari, in Terzo settore, non profit e cooperative, 2018, Fascicolo 3, pp. 60-69; F. Montarari, Gli enti del terzo settore (ETS) nel sistema dell’iva: profili soggettivi, in Rivista Trimestrale di diritto tributario, fascicolo 2/2018; A.M. Garuffi, La distinzione tra attività commerciali e non commerciali degli enti no profit, ai fini delle imposte sui redditi e IVA, alla luce della nuova normativa del Codice del Terzo Settore, in Rivista Trimestrale di diritto tributario, 2019, fascicolo 4; S. Boffano, L’IVA quale “tributo-cenerentola” della riforma del terzo settore, in Rivista di diritto tributario – Supplemento online, 2 giugno 2020; R. Rizzardi, IVA per gli enti del Terzo settore: vecchie e nuove anomalie normative, in Corriere tributario,  2021, Volume 44, Fascicolo 12, pp. 1065-1072 ; F. Napolitano, A. Fatarella, Le ONLUS e l’Imposta sul valore aggiunto: prima e dopo la riforma del Terzo settore, in Terzo settore, non profit e cooperative, 2021, Fascicolo 3, pp. 74-80.

[6] Sul punto, v., AdE, risoluzione n. 77 del 28/5/2001 in cui si specifica come alla terminologia, utilizzata dalla norma, “istituti o scuole” deve essere attribuito valore meramente descrittivo, in relazione ai soggetti che normalmente presiedono allo svolgimento di tale attività, e non il significato di una elencazione tassativa dei soggetti ammessi ad usufruire del regime di esenzione. La stessa risoluzione richiama poi la precedente n. 73 del 1998 con la quale “il regime di esenzione è stato riconosciuto applicabile a organismi svolgenti attività di formazione, dando esclusivo rilievo al requisito amministrativo del riconoscimento”.

[7] Cfr. AdE, risoluzioni n. 308/E del 2007 e n. 53/E del 15 marzo 2007.

[8] Si richiama anche Corte di Giustizia UE, sentenza causa C- 449/17 del 14 marzo 2019, avente per oggetto le lezioni di guida automobilistica impartite da una scuola guida.

[9] Cfr. AdE, risposta a interpello 393/2022, cit.

[10] Cfr. Corte di Giustizia UE, sentenze: causa C-699/15 del 4 maggio2017; causa C-449/17 del 14 marzo 2019.

[11] Cfr. Corte di Giustizia UE, sentenze: causa C-473/08 del 28 gennaio 2010; causa C- 449/17 del 2019.

[12]  Relativamente alle lezioni di guida impartite da una scuola guida, i medesimi giudici unionali hanno statuito, tra l’altro, che “(…) l’insegnamento della guida automobilistica impartito da una scuola guida (…) pur avendo ad oggetto varie conoscenze di ordine pratico e teorico, resta comunque un insegnamento specialistico che non equivale, di per se stesso, alla trasmissione di conoscenze e di competenze aventi ad oggetto un insieme ampio e diversificato di materie, nonché al loro approfondimento e al loro sviluppo, caratterizzanti l’insegnamento scolastico o universitario.” (sentenza causa C-449/07 del 2019).

[13] Cfr. Regolamento UE di esecuzione n. 282/2011 del Consiglio, datato 15 marzo 2011, recante disposizioni di applicazione della citata direttiva 2006/112/CE.

[14] Cfr. Agenzia delle Entrate, risposta a interpello n. 393 del 27 luglio 2022. In dottrina, sul tema v. G. Visconti, Disciplina fiscale delle associazioni sportive, Maggioli – Fisco e Tasse, Bologna, 2022; M. Mottola, Le prestazioni di lavoro nelle società sportive, Maggioli – Fisco e Tasse, Bologna, 2022; A.M. Gambino, La riforma del Terzo settore e l’attività sportiva, in Rivista di diritto sportivo, 2020, 1, pp. 11-18; E. Savio,  Associazioni sportive: rapporto tra Riforma dello sport e del Terzo settore, in Cooperative e enti non profit, 21, 8/9, 2021, pp. 15-21; A. Fatarella, Associazioni sportive dilettantistiche-onlus e riforma del terzo settore: il dilemma del patrimonio, in Terzo settore, non profit e cooperative, 1, 2021, pp.72-82.

[15] Cfr. Corte di Giustizia UE, sentenza causa C-449/07; v., anche, AdE, risposta n. 162 del 1° giugno 2020. Con riferimento alla fattispecie in esame, è utile riportare le conclusioni dell’Avvocato generale concernenti la predetta sentenza relativa ai corsi di scuolaguida, secondo cui “le lezioni di scuola guida per l’ottenimento della patente di guida per la categoria C1 potrebbero essere considerate come formazione professionale se il giudice nazionale stabilisse, ad esempio, che tale formazione sia rivolta a coloro che intendono esercitare un’attività nel settore dei trasporti di merci su strada e  costituisca parte integrante della formazione di queste persone”.

Alle medesime conclusioni è giunta la suddetta Corte con riferimento agli insegnamenti della vela, pur non negando l’importanza delle conoscenze trasmesse nell’ambito di detto insegnamento (cfr. ordinanza del 7 ottobre 2019, causa C-47/19).

[16]  Al riguardo, questa Agenzia, con la risposta n. 162 del 1 giugno 2020, ha precisato che, in merito alle lezioni di volo impartite da una scuola di volo per piloti in ambito civile e commerciale, “(…) al pari dell’insegnamento della guida automobilistica, i corsi di volo rappresentano, in via generale, un insegnamento di tipo specialistico, imponibile IVA, dal cui ambito è possibile escludere, per assoggettarli al regime di esenzione, solo i corsi finalizzati all’ottenimento della licenza di pilota commerciale e quella di pilota di linea in quanto finalizzati a svolgere l’attività professionale di pilota. Tali corsi in sostanza possiedono di per sé le caratteristiche per essere ricondotti nell’ambito della formazione professionale (esente da IVA) perché volti a trasmettere conoscenze utilizzate esclusivamente ai fini dello svolgimento professionale dell’attività di pilota. (…) Diversamente, l’insegnamento finalizzato all’ottenimento della licenza di pilota privato, avendo uno scopertamente ricreativo o sportivo, va considerato di tipo specialistico, come tale imponibile IVA con aliquota ordinaria (…)”.

[17] Sul punto sia permesso il richiamo a F. Moroni, Le lezioni di nuoto non sono esenti da IVA, in Fisco e Tasse, 25 gennaio 2021. Nel merito, i giudici concludono con il seguente principio: «La nozione di “insegnamento scolastico o universitario”, ai sensi dell’articolo 132, paragrafo 1, lettere i) e j), della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, deve essere interpretata nel senso che essa non comprende l’insegnamento del nuoto impartito da una scuola di nuoto».

[18] Del resto, pur non potendosi negare l’importanza delle conoscenze trasmesse nell’ambito dell’insegnamento della guida automobilistica e di quello della vela, in particolare per far fronte a situazioni di emergenza e, più in generale, per garantire la sicurezza e l’integrità fisica delle persone, la Corte ha nondimeno dichiarato che tali insegnamenti non rientrano comunque nella nozione di «insegnamento scolastico o universitario» ai sensi dell’articolo 132, paragrafo 1, lettere i) e j), della direttiva 2006/112, v. Corte di Giustizia UE, sentenza del 14 marzo 2019, A & G Fahrschul Akademie (C‑449/17, EU:C:2019:202), e nell’ordinanza del 7 ottobre 2019, Finanzamt Hamburg Barmbek-Uhlenhorst (C‑47/19, non pubblicata, EU:C:2019:840).

[19] Cfr. Corte di Giustizia, sentenza 21 ottobre 2021, causa C-373/19.

[20] Si rimanda, ad esempio, all’insegnamento della guida automobilistica impartito da una scuola guida, di cui trattasi nella causa che ha dato luogo alla sentenza del 14 marzo 2019, A & G Fahrschul-Akademie (C‑449/17, EU:C:2019:202).

[21] Cfr. AdE, risposta ad interpello n. 162 del 1° giugno 2020, cit., dove le Entrate pongono una distinzione tra le lezioni di volo per piloti che possono essere finalizzate allo svolgimento della professione di pilota o quelle a scopo ricreativo/sportivo. Così l’AdE: “Dal sito internet dell’ENAC – che costituisce l’autorità italiana di regolamentazione tecnica, certificazione e vigilanza nel settore dell’aviazione civile, sottoposta al controllo del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti – si rileva che le licenze e le abilitazioni che consentono di pilotare aeromobili civili sono di diverse tipologie. In considerazione della licenza conseguita «è possibile svolgere l’attività di pilota come professione (licenza di pilota di linea di velivolo o elicottero, licenza di pilota commerciale di velivolo o elicottero) o a scopo ricreativo/sportivo (licenza di pilota privato di velivolo o elicottero, licenza di aliante, licenza di aerostato)»”. Solamente i corsi diretti a ottenere la licenza di pilota commerciale e quella di pilota di linea, in quanto attività professionali, possono beneficiare dell’esenzione IVA.

Francesca Moroni

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