Affitto: quando la disdetta del contratto è illegittima?

Redazione 07/04/16
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E’ illegittimo il recesso dal contratto di locazione se il conduttore non fornisce la prova dell’imprevedibilità dell’evento sopravvenuto integrante grave motivo, ai sensi dell’art. 3, comma 6, della l. n. 431/98.


È quanto affermato dalla Corte di Cassazione, sez. III Civile, con la sentenza n. 6553 depositata il 5 aprile.

 

Un avvocato pisano recedeva da un contratto di locazione assumendo che la figlia, effettiva occupante dell’appartamento, terminati gli studi in Pisa, aveva manifestato l’intenzione di trasferirsi a Firenze, dove anch’ella lavorava come avvocato.

 

La proprietaria dell’appartamento proponeva decreto ingiuntivo per il pagamento di canoni di locazione non pagati dal conduttore, un avvocato pisano.

 

L’avvocato si opponeva invocando l’istituto della presupposizione, relativamente alle esigenze lavorative della figlia.

 

L’opposizione veniva come pure il successivo gravame, interposto innanzi alla Corte di Appello di Firenze, che veniva deciso con sentenza del 26 settembre 2012.

 

Anche gli Ermellini hanno confermato quanto affermato dai giudici toscani. In particolare, la Suprema Corte ha ribadito che nelle locazioni, siano esse abitative o non, il conduttore può liberarsi dal vincolo contrattuale solo per ragioni determinate da avvenimenti sopravvenuti alla costituzione del rapporto, estranei alla sua volontà ed imprevedibili, tali da rendere oltremodo gravosa la prosecuzione della locazione.

 

La valutazione sulla c.d. gravosità della prosecuzione del rapporto, tuttavia, deve attenere sia il profilo economico, che le esigenze di vita del conduttore medesimo e non può riguardare la mera convenienza dell’affare: l’apprezzamento in concreto di detta circostanza è, tuttavia, rimesso al giudice del merito che, nel caso di specie, lo aveva correttamente espresso.

 

Infatti, a parere della Suprema Corte, correttamente i giudici toscani avevano ritenuto «non necessitata» la scelta di non mantenere la residenza a Pisa, malgrado l’occupazione a Firenze, situazione ritenuta non particolarmente gravosa, sulla base del dato oggettivo della distanza tra le due città.

 

Per le sopra esposte ragioni, dunque, la Corte ha rigettato il ricorso, con condanna dell’avvocato pisano alla refusione delle spese di lite ed al pagamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato.

Redazione

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