Il caso in esame pone al centro della scena la complessa intersezione tra l’esecuzione forzata, l’acquisizione comunale di un bene e i diritti del creditore ipotecario. Le diverse questioni fondamentali richiedono un’attenta analisi alla luce del diritto civile italiano e delle normative internazionali. In particolare, il centro nevralgico del dibattito giuridico risiede nella compatibilità tra l’acquisizione comunale di un bene abusivo e la permanenza dell’ipoteca iscritta precedentemente.
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1. La questione
Una intricata vicenda legale tra la Società S. L. S.p.A., la B.S.A. S.r.l. in liquidazione e il Comune di Agrigento ha sollevato alcuni interrogativi sull’equilibrio degli interessi tra soggetti privati ed enti pubblici.
Tutto ha avuto inizio nel 1993, quando la Società S. L. S.p.A. aveva ottenuto un decreto ingiuntivo di considerevole entità nei confronti dei debitori. Successivamente, la società aveva iscritto un’ipoteca su un terreno di proprietà dei debitori, cedendo poi il credito alla B. S. A. S.r.l., diventando così la ricorrente principale nella complessa vicenda legale.
Circa otto mesi dopo l’iscrizione dell’ipoteca, nel 1994, il Comune di Agrigento aveva trascritto un provvedimento di acquisizione gratuita al proprio patrimonio riguardante un immobile costruito abusivamente sul terreno in questione. La B. S. A. S.r.l., nel tentativo di recuperare il credito attraverso l’esecuzione forzata, aveva proceduto al pignoramento sia del terreno che dell’edificio, coinvolgendo di conseguenza il Comune di Agrigento.
Il giudice dell’esecuzione, nel 2017, aveva rigettato l’istanza di vendita della B.S.A. S.r.l., sostenendo che l’acquisizione comunale avesse comportato l’estinzione dell’ipoteca iscritta sul terreno. La B.S.A. S.r.l. presentò, dunque, opposizione agli atti esecutivi, ma il Tribunale di Agrigento respinse la richiesta nel 2019.
La decisione del Tribunale si basava su tre argomentazioni chiave: la natura originaria dell’acquisizione comunale, che cancellava tutti i diritti reali di garanzia; l’assenza di aree non coinvolte dal provvedimento comunale; e l’irrilevanza del fatto che il creditore ipotecario non avesse avuto notizia del procedimento ablatorio.
In risposta a questa sentenza, la B.S.A. s.r.l. presentava ricorso per cassazione. La Terza Sezione Civile della Corte Suprema, riconoscendo l’importanza della questione, rimetteva gli atti alle Sezioni Unite.
La complessità di questo caso sottolinea la necessità di bilanciare attentamente gli interessi dell’Amministrazione comunale e del creditore ipotecario.
2. Il contenuto dell’ordinanza interlocutoria
La Terza sezione, con ordinanza interlocutoria, ha posto l’attenzione su questioni di fondamentale importanza giuridica relative alla confisca urbanistica, delineando un quadro interpretativo che si snoda tra la giurisprudenza della Corte europea e la legislazione nazionale in materia.
L’ordinanza riafferma che i diritti patrimoniali, nei quali si possa vantare una aspettativa legittima, sono tutelati dall’art. 1 del Protocollo n. 1 allegato alla CEDU, sottolineando che la confisca urbanistica, assimilabile a una sanzione penale, richiede adeguate garanzie a tutela del diritto di difesa, coinvolgendo sia l’espropriato che i terzi interessati.
È interessante notare come la Corte europea abbia elaborato un percorso interpretativo attraverso pronunce fondamentali, giungendo a considerare compatibile con l’art. 7 CEDU l’applicazione della confisca dopo un’accertata lottizzazione abusiva, anche in caso di prescrizione del reato. Questa evoluzione è stata recepita dalla giurisprudenza nazionale, come evidenziato nella sentenza n. 13539 del 2020 delle Sezioni Unite Penali.
Nel caso in esame, si discute della confisca amministrativa, ma è inevitabile richiamare il “tormentato iter giurisprudenziale” che ha coinvolto la Corte di Strasburgo, la Corte costituzionale e la Corte di cassazione riguardo all’assimilazione della confisca urbanistica a una sanzione penale. Anche se la vicenda in oggetto non presenta aspetti penali, la consolidata giurisprudenza sulla incompatibilità della confisca con la condizione di proprietario incolpevole o terzo con diritti sul bene è essenziale.
L’ordinanza evidenzia come la confisca non possa avvenire senza consentire al proprietario incolpevole o al terzo interessato di partecipare al procedimento, affermando così il principio di proporzionalità. Questo principio, ancorato alla necessità di adeguare le modalità applicative della confisca, è stato oggetto di attenzione sia da parte della Corte costituzionale che della Corte EDU.
Una questione cruciale emersa è la protezione del diritto del creditore ipotecario, il quale, in questo specifico caso, ha perso il diritto di garanzia senza essere coinvolto nel procedimento amministrativo concluso con l’acquisizione del bene da parte del comune. La giurisprudenza di Strasburgo considera il debito accertato mediante sentenza come un “bene,” e la perdita di tale bene deve rispettare il principio di proporzionalità e il diritto di difesa.
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3. Il percorso argomentativo della Corte di cassazione
Al centro del dibattito, infatti, c’è la relazione tra la confisca urbanistica, l’acquisizione comunale, e i diritti del creditore ipotecario.
In prima battuta, occorre richiamare la normativa, fondata sull’articolo 7 della legge n. 47 del 1985, ora riflesso nell’articolo 31, comma 3, del d.P.R. n. 380 del 2001, che disciplina l’acquisizione gratuita al patrimonio comunale di opere eseguite in totale difformità o in assenza di concessione. L’ordinanza interlocutoria rileva una trasformazione significativa rispetto alla normativa precedente, sottolineando l’assenza del riferimento testuale all’acquisizione al patrimonio indisponibile del comune.
La sentenza delinea tre ragioni fondamentali per criticare l’orientamento tradizionale, basato sulla sentenza del 26 gennaio 2006, n. 1693, che considera la confisca urbanistica fonte di un acquisto a titolo originario. La prima ragione evidenzia la parziale diversità del caso concreto rispetto alle situazioni che hanno originato tale orientamento. Nel caso attuale, il creditore ha un’ipoteca su un terreno, non sull’immobile abusivamente edificato, cambiando la prospettiva dell’applicabilità del principio.
3.1. L’Influenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo
La seconda ragione si basa sulla sopravvenuta giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo , delineando quattro principi chiave. La confisca urbanistica viene assimilata a una sanzione penale, richiedendo adeguati meccanismi di tutela del diritto di difesa. Inoltre, la confisca non può colpire soggetti non coinvolti nel procedimento, e deve essere proporzionata allo scopo. Questi principi, se applicati, metterebbero in dubbio la validità dell’orientamento tradizionale, specialmente considerando che il credito ipotecario potrebbe perdere la garanzia non solo sull’immobile abusivo ma anche sul fondo.
L’ordinanza interlocutoria propone due possibili soluzioni al problema. La prima suggerisce di consentire al creditore ipotecario di coltivare l’esecuzione forzata, con una vendita soggetta alla condizione sospensiva dell’assunzione dell’obbligo di demolire l’abuso o presentare una domanda di sanatoria. L’alternativa è sollevare una questione di legittimità costituzionale della normativa vigente, basandosi sugli articoli 6 e 7 della CEDU e sull’articolo 1 del Protocollo addizionale, contestando la conformità con la Convenzione.
La giurisprudenza della Corte Suprema è stata protagonista di un lungo e articolato dibattito sulla natura dell’acquisizione gratuita al patrimonio comunale in materia di immobili abusivi. L’ordinanza interlocutoria in esame, infatti, richiama la sentenza chiave del 26 gennaio 2006, n. 1693, della Terza Sezione Civile, che ha gettato le basi per l’interpretazione di tale procedura. La sentenza del 2006 stabilisce che l’acquisizione gratuita al patrimonio comunale si caratterizza per la sua “natura originaria del relativo titolo d’acquisto“. Questo significa che l’ente pubblico acquisisce l’immobile in modo originario, senza che ci sia alcun trasferimento derivativo dal precedente proprietario. L’atto di acquisizione è inconfigurabile come un qualsiasi trasferimento derivativo, poiché si tratta di un acquisto a titolo originario. Questo concetto si lega strettamente all’idea di “perimento del bene“, sostenendo che l’acquisizione comunale equivale a una sorta di estinzione giuridica del bene, con la demolizione dell’immobile abusivo come esito normale.
3.2. La soluzione di continuità nella Giurisprudenza
Va sottolineato che la sentenza del 2006 non è un novum assoluto, ma riafferma principi già espressi in precedenza, come nella sentenza 12 giugno 1999, n. 322, delle Sezioni Unite. La continuità di questa visione è ribadita anche in successivi orientamenti di tutte le Sezioni Civili della Corte, come le ordinanze del 9 ottobre 2017, n. 23583, del 6 ottobre 2017, n. 23453, e dell’11 novembre 2021, n. 33570.
3.3. Punti di contatto con la giurisprudenza amministrativa
La giurisprudenza amministrativa si allinea sostanzialmente con il principio dell’acquisizione a titolo originario. Alcune sentenze del Consiglio di Stato, come quelle del 7 marzo 1997, n. 220, del 16 gennaio 2019, n. 398, e del 9 giugno 2020, n. 3697, confermano che l’acquisizione gratuita al patrimonio comunale equivale a un acquisto a titolo originario, comportando la cancellazione di tutti i diritti reali minori e di garanzia eventualmente gravanti sul bene.
In particolare, l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, con la sentenza dell’11 ottobre 2023, n. 16, confermò l’acquisizione a titolo originario, sostenendo che “eventuali ipoteche, pesi e vincoli preesistenti vengono caducati unitamente al precedente diritto domenicale, senza che rilevi l’eventuale anteriorità della relativa trascrizione o iscrizione”.
Le Sezioni Unite ribadiscono che l’acquisto a titolo originario è la conclusione giuridica consolidata e condivisa sia dalla giurisprudenza della Corte che da quella del Consiglio di Stato. Tuttavia, emergono criticità nella prospettiva dei creditori ipotecari. La possibilità di far valere il diritto reale di garanzia sulla parte di terreno che eccede il decuplo dell’area di sedime acquisibile con l’immobile è problematica. Inoltre, la richiesta di risarcimento del danno potrebbe risultare complessa e incerta.
4. La posizione assunta dalla Corte costituzionale
La Corte costituzionale, richiamando l’art. 24 della Costituzione e l’art. 6, paragrafo 1, della CEDU, ha sottolineato che la tutela esecutiva rappresenta un elemento fondamentale del diritto a una tutela giurisdizionale effettiva. L’azione esecutiva è ritenuta complementare e necessaria all’effettività della tutela giurisdizionale, garantendo al creditore di soddisfare la pretesa anche in assenza di adempimento spontaneo del debitore.
La Corte costituzionale ha, inoltre, evidenziato che limitazioni al diritto del creditore di agire in sede esecutiva sono ammissibili solo in presenza di circostanze eccezionali e circoscritte nel tempo. Riferendosi a una sentenza recente, ha affermato che uno svuotamento legislativo degli effetti di un titolo esecutivo giudiziale è incompatibile con l’art. 24 Cost. se non è limitato a un periodo temporale ristretto o controbilanciato da disposizioni sostanziali che garantiscano l’effettiva realizzazione del diritto di credito.
La sentenza n. 5 del 2023 ha ribadito l’importanza di una valutazione puntuale della proporzionalità di ogni confisca rispetto alla finalità legittima perseguita, alla luce dei parametri costituzionali e sovranazionali che tutelano il diritto di proprietà.
Le Sezioni Unite, seguendo il principio della “interpretazione adeguatrice,” hanno esaminato due possibili interpretazioni della legge n. 47 del 1985 e del d.P.R. n. 380 del 2001, al fine di escludere dubbi di illegittimità costituzionale. Tuttavia, entrambe le interpretazioni sembrano difficilmente percorribili, evidenziando la complessità nell’adattare la normativa esistente a specifiche situazioni giuridiche.
In conclusione, la complessità della vicenda interpretativa sottolinea l’importanza di un costante confronto tra il diritto nazionale e la giurisprudenza sovranazionale per garantire una tutela giurisdizionale effettiva, nel rispetto dei diritti fondamentali e dei principi di proporzionalità e difesa.
5. Conclusioni delle Sezioni Unite
Le Sezioni Unite concludono che, data la natura originaria dell’acquisizione comunale, il ricorso in esame, e in particolare il quarto motivo, dovrebbe essere rigettato. La giurisprudenza consolidata e la sua condivisione sia a livello civile che amministrativo indicano che l’acquisizione gratuita determina una cesura irreversibile con la posizione dei precedenti titolari, estinguendo automaticamente i diritti reali di garanzia, indipendentemente dall’antecedente iscrizione o trascrizione.
Infine, si sottolinea che l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato ha approvato questa conclusione, sostenendo che il bene si intende acquisito a titolo originario al patrimonio pubblico. In attesa di future evoluzioni giurisprudenziali, la questione rimane complessa, poiché i creditori ipotecari potrebbero trovarsi con opzioni limitate in termini di tutela dei loro diritti. Le Sezioni Unite, giungendo al termine di un intricato percorso giuridico, sollevano una rilevante questione di legittimità costituzionale in merito alle norme richiamate, portando l’attenzione su un’articolata problematica che coinvolge principi fondamentali del diritto.
Il Collegio, nel giudizio sottoposto alla sua attenzione, si trova nella necessità di applicare una norma della cui legittimità costituzionale dubita, senza intravedere la possibilità di un’interpretazione adeguatrice. Tale incertezza si basa su precisi parametri costituzionali.
Innanzitutto, si fa riferimento all’art. 3 Cost., inteso come principio di ragionevolezza. Si sottolinea come sia paradossale che un creditore che abbia iscritto un’ipoteca su un fondo, senza alcuna responsabilità nell’abuso edilizio e nel conseguente rifiuto di procedere alla demolizione dell’immobile, si veda cancellato il suo diritto di ipoteca senza poter partecipare al procedimento. Tale situazione, come sottolineato nell’ordinanza interlocutoria, sembra violare il principio di ragionevolezza, generando un risultato giuridico ingiusto.
Un secondo parametro violato è individuato nell’art. 24 Cost., legato alla tutela esecutiva. La Corte sottolinea che il creditore ipotecario è titolare di una garanzia che gli consente di soddisfare le proprie ragioni attraverso il diritto di sequela e la possibilità di procedere all’espropriazione del bene. La norma in esame sembra ledere questo diritto, limitando la prospettiva di soddisfacimento delle ragioni del creditore.
Infine, un terzo parametro che appare violato è l’art. 117, primo comma, della Costituzione, collegato con l’art. 42, in considerazione del contrasto tra la norma in esame e l’art. 1 del Protocollo addizionale della CEDU. Le Sezioni Unite concludono affermando che la norma contestata, nel dirimere il conflitto tra il potere di acquisizione del Comune e il diritto del creditore ipotecario, appare in contrasto con l’interpretazione consolidata della Corte EDU sull’art. 1 del Protocollo addizionale. Pertanto, sollevano una questione di legittimità costituzionale ai sensi dell’art. 7, terzo comma, della legge n. 47 del 1985 e dell’art. 31, comma 3, del d.P.R. n. 380 del 2001, chiedendo la trasmissione della questione alla Corte costituzionale e la sospensione del giudizio in corso.
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