Accesso abusivo a sistema informatico e arresti domiciliari: valutazione della Cassazione

Scarica PDF Stampa Allegati

La Corte di Cassazione, con sentenza n. 242 del 3 gennaio 2024, ha chiarito che, in relazione all’accesso abusivo a sistema informatico, va valutata l’idoneità di una misura coercitiva meno rigorosa degli arresti domiciliari o del divieto temporaneo di esercitare attività professionali o imprenditoriali.

Volume consigliato: Le riforme della giustizia penale

Corte di Cassazione – Sez. VI Pen. – Sent. n. 242 del 03/01/2024

cass-242-2024.pdf 2 MB

Iscriviti alla newsletter per poter scaricare gli allegati

Grazie per esserti iscritto alla newsletter. Ora puoi scaricare il tuo contenuto.

Indice

1. I fatti

Il Tribunale di Catanzaro, adito ai sensi dell’art. 309 cod. proc. pen., confermava il provvedimento con il quale il Gip del medesimo Tribunale aveva disposto l’applicazione della misura cautelare degli arresti domiciliari nei confronti della persona sottoposta ad indagini in relazione ai reati di cui agli artt. 81, 110, 615-ter, primo, secondo comma n. 2 e terzo comma, cod. pen., 319 e 321 cod. pen. per avere, in concorso con altra persona, maresciallo della guardia di finanza che utilizzava le credenziali assegnategli, effettuati 163.123 ingressi abusivi nel sistema informatico di interesse pubblico della banca dati dell’Inps, compiendo 463.921 operazioni di raccolta e memorizzazione di dati relative a 165.548 soggetti; nonché per avere consegnato 2.000 euro in contanti al maresciallo, per compiere atti contrari ai doveri di ufficio consistenti nei menzionati accessi abusivi nel sistema informatico dell’Inps.
L’indagato, avverso tale ordinanza, ha presentato ricorso per Cassazione affidato a due motivi: a) violazione di legge, in relazione agli artt. 121 e 125 cod. proc. pen., 24 e 111 Cost., 319 e 321 cod. pen., e vizio di motivazione per illogicità per avere il Tribunale del riesame confermato l’ordinanza genetica della misura con riferimento al reato di corruzione omettendo di considerare che la somma di 2.000 euro in contanti che il maresciallo aveva versato sul proprio conto corrente non poteva essergli stata consegnata dal ricorrente il giorno precedente, in quanto l’incontro dei due era stato registrato integralmente dagli inquirenti e non era stato ascoltato alcun passaggio della conversazione riguardante la consegna di quell’importo; b) violazione di legge in relazione all’art. 274 cod. proc. pen., e vizio di motivazione, per manifesta illogicità, per avere il Tribunale confermato le scelte operate con il provvedimento genetico in ordine alla sussistenza delle esigenze cautelari e alla scelta della misura da applicare, in ragione del criterio di proporzionalità.
Per avere un quadro unitario delle varie riforme che si sono susseguite nel diritto e nella procedura penale e, quindi, della complessiva normativa vigente, si consiglia il seguente volume.

FORMATO CARTACEO

Le Riforme della Giustizia penale

In questa stagione breve ma normativamente intensa sono state adottate diverse novità in materia di diritto e procedura penale. Non si è trattato di una riforma organica, come è stata, ad esempio, la riforma Cartabia, ma di un insieme di interventi che hanno interessato vari ambiti della disciplina penalistica, sia sostanziale, che procedurale.Obiettivo del presente volume è pertanto raccogliere e analizzare in un quadro unitario le diverse novità normative, dal decreto c.d. antirave alla legge per il contrasto della violenza sulle donne, passando in rassegna anche le prime valutazioni formulate dalla dottrina al fine di offrire una guida utile ai professionisti che si trovano ad affrontare le diverse problematiche in un quadro profondamente modificato.Completano la trattazione utili tabelle riepilogative per una più rapida consultazione delle novità.Antonio Di Tullio D’ElisiisAvvocato iscritto presso il Foro di Larino (CB), giornalista pubblicista e cultore della materia in procedura penale. Referente di Diritto e procedura penale della rivista telematica Diritto.it. Membro del comitato scientifico della Camera penale di Larino. Collaboratore stabile dell’Osservatorio antimafia del Molise “Antonino Caponnetto”. Membro del Comitato Scientifico di Ratio Legis, Rivista giuridica telematica.

Antonio Di Tullio D’Elisiis | Maggioli Editore 2024

2. Accesso abusivo a sistema informatico e arresti domiciliari: l’analisi della Cassazione

La Corte di Cassazione, nell’analizzare il ricorso, rigetta il primo motivo di ricorso per non aver superato il vaglio preliminare di ammissibilità perché presentato per fare valere ragioni diverse da quelle consentite dalla legge.
Per quanto riguarda il secondo motivo, invece, il quale è oggetto di esame nella presente trattazione, la Suprema Corte lo ha ritenuto fondato.
Argomenta la Corte che “costituisce ius receptum nella giurisprudenza di questa Corte di Cassazione il principio secondo il quale è illegittima, per violazione del principio di proporzionalità, l’applicazione, al pubblico ufficiale autore di delitti contro la pubblica amministrazione, di una misura cautelare custodiale o anche di una misura coercitiva, qualora in tal modo si sia voluto esclusivamente contenere un pericolo connesso ai bisogni elencati dall’art. 274 cod. proc. pen., quale quello di reiterazione di reati della stessa specie, se la stessa esigenza può essere efficacemente soddisfatta attraverso l’applicazione della meno grave misura interdittiva della sospensione dal servizio o dalla professione“.
Ad avviso della Corte, il Tribunale di Catanzaro non ha fatto corretta applicazione di tale principio.

3. La decisione della Cassazione

Alla luce di quanto finora esposto, la Corte di Cassazione afferma che dopo aver sostenuto che è concreto il rischio che l’indagato “se adeguatamente cautelato continuerà a ricercare per conto della società nuovi accordi corruttivi per ottenere informazioni vantaggiose” e, dopo aver asserito che il pericolo di inquinamento probatorio è connesso alla possibilità che il pervenuto “possa impedire la ricerca investigativa degli ulteriori accessi abusivi molto probabilmente realizzati attraverso le banche dati in uso alla guardia di finanza“, il Collegio del riesame ha molto genericamente fatto riferimento alla eventualità che l’interessato prosegua ad usare i mezzi illeciti adoperati e al coinvolgimento di “terzi soggetti” ovvero di “altri contatti” di cui l’indagato avrebbe potuto continuare a beneficiare.
In tale quadro, però, la Corte territoriale non ha preso in considerazione o altrimenti valutato la possibilità – espressamente prospettata dalla difesa – che quei bisogni processuali potessero essere concretamente soddisfatti con l’applicazione di una misura coercitiva meno rigorosa di quella degli arresti domiciliari ovvero della misura interdittiva di cui all’art. 290 cod. proc. pen., la cui idoneità e proporzionalità è stata negata con una mera formula di stile.
Pertanto, la Cassazione annulla l’ordinanza impugnata limitatamente all’applicazione dei criteri di scelta della misura, con rinvio al Tribunale di Catanzaro che, nel nuovo giudizio, dovrà uniformarsi all’indicato principio di diritto.

Riccardo Polito

Scrivi un commento

Accedi per poter inserire un commento