Abolita l’Imu, ma sulla service tax è già rivolta

Redazione 30/08/13
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L’Unione inquilini protesta: il peso fiscale spostato dai proprietari a chi abita le case. Anci al momento appare soddisfatta

 

tratto da www.lagazzettadeglientilocali.it

 

L’Imu è ormai destinata all’abolizione, ma davvero i contribuenti pagheranno meno in futuro al fisco? A breve termine, sicuramente scompariranno le rate 2013 dell’imposta sugli immobili, ma poi, dal 2014, è già annunciato l’arrivo di una nuova service tax.
Dunque, svaniscono le due rate di giugno e dicembre, la prima delle quali era stata prorogata a settembre, in attesa di un intervento più ad ampio spettro che il Governo ha mantenuto nei tempi prefissati (si era detto entro la fine di agosto).
Ora, però, si inizia già a pensare alla nuova tassa, che prenderà il posto, in un colpo, sia dell’Imu che della Tares, orientandosi a coprire una gamma amplissima di servizi pubblici locali.
Vediamo, così, come la nuova imposta si ispirerà ai principi del federalismo fiscale che entreranno in vigore a partire dal 2014, secondo le istruzioni della Bicamerale che aveva disposto l’attuazione nella passata legislatura.
A riscuotere la service tax saranno proprio i comuni, che dell’Imu avrebbero dovuto spartire il gettito con l’erario e, invece, si troveranno deputati alla riscossione della nuova tassa in arrivo dall’anno prossimo.
La prima componente della service tax (Tari) sarà dovuta da chi occupa, a qualunque titolo, locali o aree suscettibili di produrre rifiuti urbani. Le aliquote, commisurate alla superficie, saranno parametrate dal comune con ampia flessibilità ma comunque nel rispetto del principio comunitario “chi inquina paga” e in misura tale da garantire la copertura integrale del costo del servizio di smaltimento.
La seconda componente (Tasi) sarà a carico di chi occupa fabbricati. Il comune potrà scegliere come base imponibile o la superficie o la rendita catastale. Sarà a carico sia del proprietario (i beni e servizi pubblici locali concorrono a determinare il valore commerciale dell’immobile) che dell’occupante (in quanto fruisce dei beni e servizi locali). Il comune avrà adeguati margini di manovra, nell’ambito dei limiti fissati dalla legge statale.
Così, tornando al principio federalista, quanto verrà raccolto tramite la service tax verrà trattenuto in cassa, con un margine di autonomia per la chiarificazione delle aliquote, ma sempre con l‘obiettivo di non incrementare il peso tributario sui contribuenti.

A quanto pare, però, averle cambiato nome non ha rassicurato i contribuenti. Non mancano infatti le reazioni scettiche.
Raffaele Bonanni (Cisl) teme che si tratto solo di una partita di giro. E i sindacati degli inquilini Sunia, Sicet e Uniat attaccano a testa bassa: “Scaricare, anche parzialmente, i costi dell’operazione Imu sugli inquilini è inaccettabile. Questa misura, se attuata, avrebbe un effetto moltiplicatore del costo dell’abitazione con il risultato di aumentare in maniera esponenziale gli sfratti per morosità che lo stesso decreto tenta di arginare”.
La legge prevede infatti che dal 2014 la service tax sia a carico anche degli inquilini. “Una stangata media da circa mille euro, secondo una stima prudenziale” la definisce Walter De Cesaris, segretario nazionale Unione inquilini. “Non è ancora chiaro nei dettagli il meccanismo, ma è evidente che, a partire dal 2014, saranno a carico degli inquilini la maggior parte degli oneri relativi alla nuova tassa che, di fatto, anche negli importi, sostituirà sostanzialmente l’Imu oggi pagata dai proprietari”.
Il provvedimento licenziato due giorni fa dal Consiglio dei Ministri rischia inoltre di provocare “uno tsunami di sfratti per morosità”. I dati della Banca d’Italia dicono che “l’80% degli inquilini ha un reddito lordo inferiore ai 30 mila euro” ricorda il segretario e si “finge di non sapere che il 90% delle circa 70mila sentenze annue di sfratto sono per morosità ed infine che in Italia sono 650 mila le famiglie che hanno diritto ad una casa popolare avendone i requisiti certificati dai comuni. In tale contesto, la sostanza è, pertanto, uno spostamento di imposizione fiscale dalla proprietà agli inquilini”.

I sindacati valutano invece positivamente alcune misure adottate dal Governo sugli sfratti per morosità incolpevole, sul fondo di sostegno all’affitto e sulle agevolazioni ai contratti concordati. Anche Enrico Zanetti (Scelta Civica), vicepresidente della Commissione finanze della Camera si mostra scettico: “Fino a prova contraria una imposta più sbilanciata sul pagamento dei servizi fruiti da ciascuno che sul possesso di un bene che resta il medesimo, in tanti o pochi si sia, è inevitabilmente portata a far pagare di più un nucleo familiare numeroso. Credo che la service tax sia poco più di un nome anche per chi siede al governo”

Tutto il Governo difende invece il provvedimento. Il premier Letta: “Le famiglie avranno una riduzione fiscale importante e dalla nuova service tax dell’anno prossimo in particolare ci sarà più equità, le famiglie numerose saranno meno penalizzate rispetto a quanto l’Imu faceva oggi”. Aggiunge Graziano Delrio, Affari regionali: “La «St» sarà meno pesante e quindi più equa della somma di Imu più Tares. È una tassa sui servizi e quindi la pagheranno certamente i proprietari e in parte gli inquilini”. E a dire il vero l’esecutivo, nelle sue linee guida, ha già scritto che sarà indicato un tetto massimo delle aliquote che i comuni potranno applicare, ma il presidente della Commissione finanze della Camera, Daniele Capezzone (Pdl), monta già di guardia: “Occorre vigilare, bisogna fare in modo che i contribuenti paghino di meno e che la prima casa sia esentata”.

Anche se i comuni del cambio di regime sono i principali destinatari, sembrano aver accolto l’annuncio del decreto con soddisfazione. Entro metà ottobre Governo e Anci si vedranno intorno a un tavolo per decidere il funzionamento reale di questa nuova tassa sui servizi immobiliari ma è già possibile sviluppare un ragionamento su chi pagherà il prezzo politico dell’operazione. Ai comuni italiani, infatti, verrà accordata la libertà di scegliere le aliquote entro una griglia, ponendo in capo alle amministrazioni locali la responsabilità di decidere l’aumento della pressione fiscale.
“Noi chiedevamo che il superamento dell’Imu non venisse scaricato sui comuni – ha detto Fassino – e sia il decreto sia le dichiarazioni del presidente del consiglio confermano l’equivalenza, nel nuovo regime, rispetto a quanto sarebbe stato introiettato con l’Imu”. Il presidente dell’Anci e sindaco di Torino ha poi auspicato che il decreto annunciato mercoledì preluda all’apertura di “una nuova stagione nei rapporti tra stato e comuni segnata dal federalismo fiscale. Anche questa espressione – ha sottolineato – compare nelle dichiarazioni di Enrico Letta, e noi lo apprezziamo”.
Una rivendicazione sul tema del federalismo fiscale accompagnata da una precisazione sul tenore delle trattative che i comuni dovranno intavolare a breve con l’esecutivo: “L’Anci, da parte sua, è pronta a discutere con il Governo perché il tributo garantisca ai comuni le risorse necessarie senza pesare eccessivamente sulle famiglie italiane”. Interrogato sul versante patrimoniale della service tax, Fassino non ha mostrato particolare preoccupazione: “Io credo che sia giusto. Il patrimonio è un elemento che contribuisce al reddito e al tenore di vita di un singolo come di una famiglia e dunque è giusto che la fiscalità tenga conto anche del patrimonio di cui una famiglia o una persona dispongono”.

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