Basta un precedente per negare la messa alla prova?

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Per la Cassazione, la richiesta di sospensione del processo con messa alla prova non può essere rigettata solo sulla base dell’esistenza di una “recidiva specifica”.

 

Decisione: Sentenza n. 4526/2016 Cassazione Penale – Sezione IV

Classificazione: Penale

Parole chiave: messa alla prova – precedenti penali

 

Il caso.

Il Tribunale rigettava la richiesta di messa alla prova a causa della presenza di una “recidiva infraquinquennale”.

L’ordinanza viene impugnata in Cassazione che accoglie la tesi dell’imputato, annullando l’ordinanza e rinviando al Tribunale per un nuovo esame.

 

La decisione.

La sospensione del processo con messa alla prova (art. 168bis del codice penale), applicabile ai reati puniti con la pena detentiva massima di 4 anni, o ai delitti previsti dall’art. 550 codice di procedura penale, può essere concessa dal giudice nei casi in cui ritiene che l’imputato si asterrà dal commettere altri reati e reputi idoneo il programma di trattamento presentato.

Il giudice, nel valutare la concessione, deve ricorrere ai parametri dettati dall’art. 133 codice penale che elenca gli indicatori della gravità del reato, tra i quali anche i “precedenti penali e giudiziari e, in genere, della condotta e della vita del reo, antecedenti al reato” (2° comma, n. 2).

La Cassazione, però, ritiene che la sussistenza di uno solo degli indici previsti non sia sufficiente per negare la sospensione del processo con messa alla prova: il Tribunale deve valutare senza prendere in considerazione solo il precedente penale.

 

Osservazioni.

Nel motivare l’ordinanza annullata dalla Cassazione, il Tribunale aveva fatto riferimento solo a uno dei molteplici indici previsti dall’art. 133 codice penale e non aveva preso in alcun modo in considerazione, e valutato, il programma di trattamento.


Disposizioni rilevanti.

Codice Penale

Vigente al: 07-03-2016

Articolo 133 – Gravità del reato: valutazione agli effetti della pena

Nell’esercizio del potere discrezionale indicato nell’articolo precedente, il giudice deve tener conto della gravità del reato, desunta:

1) dalla natura, dalla specie, dai mezzi, dall’oggetto, dal tempo, dal luogo e da ogni altra modalità dell’azione;

2) dalla gravità del danno o del pericolo cagionato alla persona offesa dal reato; 3) dalla intensità del dolo o dal grado della colpa.

Il giudice deve tener conto, altresì, della capacità a delinquere del colpevole, desunta:

1) dai motivi a delinquere e dal carattere del reo;

2) dai precedenti penali e giudiziari e, in genere, dalla condotta e dalla vita del reo, antecedenti al reato;

3) dalla condotta contemporanea o susseguente al reato;

4) dalle condizioni di vita individuale, familiare e sociale del reo.

Articolo 168 bis – Sospensione del procedimento con messa alla prova dell’imputato

Nei procedimenti per reati puniti con la sola pena edittale pecuniaria o con la pena edittale detentiva non superiore nel massimo a quattro anni, sola, congiunta o alternativa alla pena pecuniaria, nonché per i delitti indicati dal comma 2 dell’articolo 550 del codice di procedura penale, l’imputato può chiedere la sospensione del processo con messa alla prova.

La messa alla prova comporta la prestazione di condotte volte all’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose derivanti dal reato, nonché, ove possibile, il risarcimento del danno dallo stesso cagionato. Comporta altresì l’affidamento dell’imputato al servizio sociale, per lo svolgimento di un programma che può implicare, tra l’altro, attività di volontariato di rilievo sociale, ovvero l’osservanza di prescrizioni relative ai rapporti con il servizio sociale o con una struttura sanitaria, alla dimora, alla libertà di movimento, al divieto di frequentare determinati locali.

La concessione della messa alla prova è inoltre subordinata alla prestazione di lavoro di pubblica utilità. Il lavoro di pubblica utilità consiste in una prestazione non retribuita, affidata tenendo conto anche delle specifiche professionalità ed attitudini lavorative dell’imputato, di durata non inferiore a dieci giorni, anche non continuativi, in favore della collettività, da svolgere presso lo Stato, le regioni, le province, i comuni, le aziende sanitarie o presso enti o organizzazioni, anche internazionali, che operano in Italia, di assistenza sociale, sanitaria e di volontariato.

La prestazione è svolta con modalità che non pregiudichino le esigenze di lavoro, di studio, di famiglia e di salute dell’imputato e la sua durata giornaliera non può superare le otto ore. La sospensione del procedimento con messa alla prova dell’imputato non può essere concessa più di una volta.

La sospensione del procedimento con messa alla prova non si applica nei casi previsti dagli articoli 102, 103, 104, 105 e 108.

Graziotto Fulvio

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