Non commette reato l’avvocato radiato che effettua una sola consulenza legale

Redazione 25/11/11
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Così ha stabilito, con sentenza n. 42967 del 22 novembre 2011, la Corte di Cassazione, pronunciandosi sull’imputazione dei reati di cui agli articoli 348 e 640 del codice penale a carico di un avvocato. Il primo reato si era configurato poiché, sebbene radiato dall’albo degli avvocati, il legale aveva, effettuando una consulenza, esercitato abusivamente la professione di avvocato. Il secondo reato, invece, per aver, con artifici e raggiri consistiti nel qualificarsi come avvocato, indotto in errore il cliente che gli consegnava, appunto, una somma di denaro quale acconto per la sua opera professionale.

In particolare, in ordine all’attività di consulenza, vi è differenza di opinioni. Per una tesi non commette il reato di abusivo esercizio della professione di avvocato il soggetto che compie una consulenza, in quanto questa non rientra tra gli atti tipici per i quali occorre una speciale abilitazione, ma è una attività relativamente libera, solo strutturalmente connessa con la professione forense. Al contrario per altri, ai fini della configurabilità del reato di cui all’art. 348 c.p., sono atti rilevanti non solo quelli riservati in via esclusiva a soggetti dotati di speciale abilitazione, cd. atti tipici della professione, ma anche quelli cd. caratteristici, strumentalmente connessi ai primi a condizione che vengano compiuti in modo continuativo e professionale, in quanto anche in questa seconda ipotesi si ha esercizio della professione per il quale è richiesta l’iscrizione nel relativo albo.

Nella fattispecie, all’imputato veniva contestato un solo ed isolato episodio e, pertanto, non essendo ipotizzabile che l’imputato abbia esercitato in modo continuativo, sistematico ed organizzato l’attività di consulenza, di conseguenza il reato non è configurabile. (Biancamaria Consales)

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