Il portico, per sua struttura e funzione, è destinato all’uso collettivo e si presume che sia di proprietà comune se non vi è un titolo che ne attribuisca la proprietà esclusiva a un singolo condomino. Per un approfondimento in materia condominiale, consigliamo la “Guida pratica al condominio dalla A alla Z”, con oltre 230 quesiti e soluzioni., disponibile sullo shop Maggioli e su Amazon. In materia, abbiamo anche organizzato il Master in diritto condominiale – Responsabilità dell’amministratore, gestione dei conflitti e casi pratici
riferimenti normativi: artt. 1117 c.c.
precedenti giurisprudenziali: App. L’Aquila, Sentenza del 13/03/2025, n. 329
Indice
1. La vicenda: la proprietà del portico condominiale
Nel procedimento introdotto con ricorso ex art. 702 bis c.p.c., un condominio ha chiesto al giudice di accertare che il porticato antistante un appartamento al piano terra fosse parte comune dell’edificio condominiale, e di ordinare alla proprietaria dell’appartamento la rimozione di una struttura in legno (graticcio) posizionata nel porticato. L’attore ha fatto presente che, in estate, l’assemblea ha autorizzato l’uso stagionale di questi spazi per creare verande, ma la convenuta li manteneva anche in inverno, sostenendo di avere la proprietà esclusiva del portico. Il condominio ha inoltre affermato che dagli atti di vendita risulta chiaramente la natura condominiale del porticato. La convenuta, nella propria difesa, ha negato quanto sostenuto dal condominio, dichiarando di aver acquistato il portico come parte integrante dell’immobile, come risulterebbe dall’atto notarile del 2006, dalla planimetria allegata e dall’ipoteca sul bene. Ha affermato che utilizza il porticato da oltre vent’anni, con continuità ed esclusività, impedendo l’accesso di terzi, e che tale uso legittima la sua posizione. Ha eccepito anche il difetto di legittimazione attiva del condominio, contestando sia la validità della delibera che autorizzava l’amministratore ad agire, sia la competenza dell’assemblea nel definire la titolarità del bene.
In via subordinata, la convenuta ha chiesto che venisse accertato l’acquisto del portico per usucapione ordinaria o abbreviata. In ulteriore subordine, ha domandato il riconoscimento del proprio diritto di uso esclusivo dello spazio. Ha anche richiesto la chiamata in causa del venditore, per essere garantita in caso di evizione, e, se ritenuta non proprietaria, di ricevere una riduzione del prezzo pagato per l’acquisto. Per un approfondimento in materia condominiale, consigliamo la “Guida pratica al condominio dalla A alla Z”, con oltre 230 quesiti e soluzioni., disponibile sullo shop Maggioli e su Amazon.
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2. La questione
Salvo diversa indicazione negli atti di acquisto o nel regolamento condominiale il portico è da considerare una parte comune ai sensi dell’art. 1117 c.c.?
3. La soluzione
Il Tribunale ha dato ragione al condominio. Secondo lo stesso giudice il porticato antistante l’appartamento della convenuta è parte comune del condominio, in base alla presunzione di condominialità ex art. 1117 c.c., in quanto funzionale al passaggio e all’uso collettivo. Come ha sottolineato il Tribunale, la convenuta non ha fornito prove idonee a superare tale presunzione: né l’atto di compravendita del 2006 né il regolamento prodotto sono risultati validi titoli contrari, essendo stati redatti dopo l’atto costitutivo del condominio e privi di valore costitutivo. Inoltre, l’autorizzazione all’apposizione dei graticci da parte dell’assemblea dimostra che il godimento delle verande è concesso in via temporanea e regolata, non esclusiva o permanente.
Poiché la convenuta ha trasformato stabilmente una porzione comune in veranda personale, senza autorizzazione, alterando la destinazione d’uso e impedendo l’uso paritario da parte degli altri condomini, il Tribunale ha ordinato il rilascio dello spazio comune e la rimozione dei manufatti privati, applicando l’art. 1102 c.c. che regola l’uso corretto dei beni condominiali.
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4. Le riflessioni conclusive
È fondamentale ricordare che l’art. 1117 c.c. introduce una presunzione di condominialità con riguardo a cose che per le loro caratteristiche strutturali non sono destinate oggettivamente al servizio esclusivo di una o più unità immobiliari; la presunzione può essere superata soltanto dalle contrarie risultanze dell’atto costitutivo del condomino (primo atto di compravendita c.d. rogito pilota), quando questo contenga elementi tali da escludere, in modo chiaro e inequivoco, l’alienazione del diritto di condominio. Non è sufficiente, a tal fine, il regolamento condominiale se non allegato come parte integrante al primo atto d’acquisto trascritto, o se non espressione di autonomia negoziale, approvato o accettato con consenso individuale dai condomini e volto a costituire, modificare o trasferire diritti attribuiti dai singoli atti di acquisto o dalle convenzioni (Cass. civ., sez. II, 02/12/2024, n. 30791). Si ricorda che per usucapire una porzione di portico comune il condomino deve dimostrare di aver esercitato sul bene una signoria esclusiva, pacifica e continuativa per il periodo ventennale, mediante azioni e fatti materiali corrispondenti all’esercizio del diritto dominicale, con modalità incompatibili con il pieno possesso altrui. Il condomino che deduce di aver usucapito la cosa comune deve quindi provare di averla sottratta all’uso comune per il periodo utile all’usucapione, dimostrando una condotta diretta a rivelare in modo inequivoco che si è verificato un mutamento di fatto nel titolo del possesso, costituito da atti univocamente rivolti contro i compossessori e tale da rendere riconoscibile l’intenzione di non possedere più come semplice compossessore ma uti dominus (Trib. Milano 29 gennaio 2025, n. 797). Non è possibile però usucapire una porzione di portico comune recingendola con graticci di legno, manufatti pacificamente removibili, non fissi, che vengono posizionati secondo i tempi e le modalità decise dall’assemblea condominiale.
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