Revoca dello status di rifugiato e sicurezza nazionale: la Cassazione delinea i confini tra tutela e prevenzione

Tema cruciale nel diritto dell’immigrazione: l’equilibrio tra la salvaguardia della sicurezza nazionale e la protezione giurisdizionale dei rifugiati.

Redazione 17/07/25
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Con l’ordinanza n. 18427 del 7 luglio 2025, la Prima Sezione Civile della Corte di Cassazione torna a esprimersi su un tema cruciale nel diritto dell’immigrazione: il delicato equilibrio tra la salvaguardia della sicurezza nazionale e la protezione giurisdizionale dei rifugiati. La pronuncia si focalizza su due questioni centrali: da un lato, la possibilità di fondare provvedimenti amministrativi su documenti secretati; dall’altro, l’interpretazione della nozione di pericolo per la sicurezza dello Stato quale presupposto per la revoca dello status di rifugiato. Per approfondimenti in materia, consigliamo il volume “Immigrazione, asilo e cittadinanza”, acquistabile sia su Shop Maggioli che su Amazon, un testo di riferimento in materia di diritto all’immigrazione.

Corte di Cassazione -sez. I civ.- ordinanza n. 18427 del 7-07-2025

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Indice

1. Il contenzioso in Cassazione: i presupposti del ricorso avverso la revoca dello status da rifugiato


Il caso origina da un provvedimento del Tribunale di Milano che aveva accolto il ricorso di un cittadino straniero avverso la revoca dello status di rifugiato, decisa dalla Commissione Nazionale per il diritto d’asilo. La revoca si fondava su due profili: la presunta pericolosità dell’interessato per la sicurezza nazionale, attestata da una nota riservata della Polizia di Prevenzione, e l’inattendibilità originaria della domanda di protezione, motivata con riferimento all’orientamento sessuale dichiarato dal richiedente.
Il Tribunale aveva ritenuto inammissibile l’uso della nota riservata, non acquisita al giudizio, e aveva escluso che i contenuti violenti pubblicati online dal ricorrente potessero da soli integrare una condizione di pericolo sufficiente a giustificare la revoca. Contro tale decisione il Ministero dell’Interno ha proposto ricorso in Cassazione, denunciando: (i) l’omessa attivazione del meccanismo previsto dall’art. 42, comma 8, legge n. 124/2007 per l’ostensione controllata dei documenti classificati; (ii) una errata valutazione dei presupposti di pericolosità secondo la direttiva 2011/95/UE. Per approfondimenti in materia, consigliamo il volume “Immigrazione, asilo e cittadinanza”, acquistabile sia su Shop Maggioli che su Amazon, un testo di riferimento in materia di diritto all’immigrazione.

VOLUME

Immigrazione, asilo e cittadinanza

Obiettivo degli autori è quello di cogliere l’articolato e spesso contraddittorio tessuto normativo del diritto dell’immigrazione.Il volume, nel commento della disciplina, dà conto degli orientamenti giurisprudenziali e delle prassi amministrative, segnalando altresì la dottrina “utile”, perché propositiva di soluzioni interpretative utilizzabili dall’operatore (giudici, avvocati, amministratori, operatori nei diversi servizi).Il quadro normativo di riferimento di questa nuova edizione è aggiornato da ultimo alla Legge n. 176/2023, di conversione del decreto immigrazione (D.L. n. 133/2023) e al D.lgs n. 152/2023, che attua la Direttiva UE/2021/1883, gli ultimi atti legislativi (ad ora) di una stagione breve ma normativamente convulsa del diritto dell’immigrazione.Paolo Morozzo della RoccaDirettore del Dipartimento di Scienze umane e sociali internazionali presso l’Università per stranieri di Perugia.

 

Paolo Morozzo della Rocca | Maggioli Editore

2. Documenti secretati e diritto alla difesa: l’uso processuale regolato


La Suprema Corte ha accolto la censura relativa alla documentazione classificata. La pronuncia chiarisce che, in presenza di provvedimenti amministrativi fondati su atti coperti da segreto, il giudice non può limitarsi a ignorare tali fonti, ma ha l’obbligo di attivare la procedura speciale prevista dall’art. 42, comma 8, della legge n. 124/2007, finalizzata a consentire un controllo giurisdizionale nel rispetto delle esigenze di sicurezza.
La Corte riconosce la legittimità della motivazione per relationem a documenti riservati, purché vi sia una possibilità effettiva di controllo giudiziale sul contenuto sostanziale degli atti utilizzati. L’omessa acquisizione della nota riservata – mediante le cautele previste – ha impedito il corretto bilanciamento tra interesse pubblico alla segretezza e diritto di difesa del ricorrente, compromettendo il contraddittorio.

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3. Pericolo per la sicurezza: il parametro della potenzialità ragionevole


In merito al secondo motivo, la Cassazione ha respinto la restrizione operata dal giudice di merito che subordinava la revoca dello status alla prova di un rischio attuale e concreto. I giudici di legittimità hanno invece valorizzato l’art. 14, par. 4, lett. a), della Direttiva 2011/95/UE, secondo cui è sufficiente la presenza di “fondati motivi per ritenere” che il soggetto rappresenti un pericolo per la sicurezza dello Stato, anche in via potenziale.
In questa prospettiva, la nozione di pericolosità assume una valenza prognostica, legata a una valutazione ex ante basata su elementi sintomatici. Le manifestazioni virtuali, se inserite in un quadro più ampio, possono costituire segnali concreti di un rischio evolutivo, anche in assenza di condotte penalmente rilevanti. Il controllo giurisdizionale deve pertanto concentrarsi sulla ragionevolezza e proporzionalità del giudizio amministrativo, senza scivolare in una rivalutazione nel merito.

4. Orientamenti giurisprudenziali e indicazioni sistemiche


La Cassazione, nel cassare il decreto del Tribunale e rinviare a una diversa composizione del giudice di merito, fornisce due indicazioni sistemiche di ampio respiro. In primo luogo, richiama i giudici a rispettare il meccanismo di ostensione protetta degli atti riservati per garantire il giusto processo. In secondo luogo, afferma che il “pericolo per la sicurezza” può fondarsi su valutazioni di tipo preventivo, purché non arbitrarie, e idonee a bilanciare i diritti fondamentali con le esigenze di tutela collettiva.
La decisione, perfettamente in linea con i recenti arresti della Corte di Giustizia dell’UE (v. causa C-454/23), conferma l’orientamento evolutivo del diritto d’asilo europeo, in cui la dimensione della sicurezza nazionale assume crescente rilievo, pur nel rispetto dei principi di legalità e proporzionalità. Si tratta di un contributo giurisprudenziale destinato ad incidere sulle future controversie in materia di revoca dello status di protezione internazionale.

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