95 risultati per:
spese processuali
Redditi rilevanti per lo squilibrio patrimoniale ai fini della confisca
Quali redditi rilevano, per valutare la sussistenza della situazione di squilibrio patrimoniale, ai fini della confisca di cui all’art. 24 del codice antimafia?(Riferimento normativo: D.lgs, 6 settembre 2011, n. 159, art. 24, co. 1) Per approfondimenti sulle prove, si rimanda al volume “Procedimento ed esecuzione penale dopo la Riforma Cartabia”, che ne tratta nel particolare. Indice 1. La questione: redditi rilevanti per confisca 2. La soluzione adottata dalla Cassazione 3. Conclusioni 1. La questione: redditi rilevanti per confisca La Corte di Appello di Bologna confermava un decreto, emesso dal Tribunale di Bologna, con cui erano confiscati dei beni di proprietà di una persona fisica, nell’ambito di un procedimento di prevenzione patrimoniale, disposto nei confronti di un altro soggetto. Ciò posto, avverso questa decisione il proprietario dei suddetti beni, per il tramite del suo difensore, proponeva ricorso per Cassazione e, tra i motivi ivi addotti, costui deduceva illogicità della motivazione del provvedimento impugnato. Per approfondimenti sulle prove, si rimanda al volume “Procedimento ed esecuzione penale dopo la Riforma Cartabia”, che ne tratta nel particolare. 2. La soluzione adottata dalla Cassazione La Suprema Corte reputava la doglianza summenzionata infondata alla stregua di quell’orientamento nomofilattico secondo il quale il ricorso per Cassazione, anche a seguito dell’entrata in vigore del d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, è ammesso soltanto per violazione di legge, nozione in cui può essere ricompresa la motivazione inesistente o meramente apparente del provvedimento, che ricorre, peraltro, solo quando il decreto omette del tutto di confrontarsi con un elemento potenzialmente decisivo nel senso che, singolarmente considerato, sarebbe tale da poter determinare un esito opposto del giudizio (v., ex ceteris, Sez. 6, n. 21525 del 18/06/2020). Tal che se ne faceva conseguire come non possa essere dedotto, neppure nell’assetto vigente, salvo abbia dato luogo ad una motivazione solo apparente, il vizio di illogicità manifesta (cfr. Sez. U, n. 33451 del 29/05/2014). Orbene, a fronte di tale quadro ermeneutico, per gli Ermellini, il provvedimento impugnato aveva diffusamente motivato in ordine all’insussistenza di redditi di provenienza lecita idonei a giustificare l’acquisto dei beni intestati alla stessa oggetto della misura di prevenzione, essendo stato tra l’altro correttamente applicato il consolidato principio per il quale ciò che assume rilievo per vagliare la sussistenza della situazione di squilibrio patrimoniale che giustifica la confisca disposta ex art. 24 del d.lgs. n. 159 del 2011 sono solo i redditi dichiarati e non anche quelli derivanti da evasione fiscale (cfr., ex aliis, Sez. 1, n. 12629 del 16/01/2019). Tenuto conto che pure l’altro motivo era considerato non meritevole di accoglimento, il ricorso proposto era pertanto dichiarato inammissibile e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. 3. Conclusioni Fermo restando che, come è noto, l’art. 24, co. 1, d.lgs. n. 159 del 2011 prevede che il “tribunale dispone la confisca dei beni sequestrati di cui la persona nei cui confronti è instaurato il procedimento non possa giustificare la legittima provenienza e di cui, anche per interposta persona fisica o giuridica, risulti essere titolare o avere la disponibilità a qualsiasi titolo in valore sproporzionato al proprio reddito, dichiarato ai fini delle imposte sul reddito, o alla propria attività economica, nonché dei beni che risultino essere frutto di attività illecite o ne costituiscano il reimpiego”, la decisione in esame desta un certo interesse, essendo ivi chiarito quali redditi rilevano, per valutare la sussistenza della situazione di squilibrio patrimoniale, ai fini della confisca preveduta da siffatta disposizione legislativa.Si afferma difatti in tale pronuncia, sulla scorta di un pregresso orientamento nomofilattico, che, per determinare se esiste uno squilibrio patrimoniale che giustifichi la confisca secondo l’articolo 24 del decreto legislativo n. 159 del 2011, si considerano solo i redditi dichiarati e non quelli ottenuti tramite evasione fiscale. Ove vengano invece considerati pure quest’ultimi redditi, ben si potrà contestare una decisione in cui sia compiuta siffatta valutazione, ricorrendo per Cassazione.Ad ogni modo, il giudizio in ordine a quanto statuito in codesta sentenza, poiché contribuisce a fare chiarezza su siffatta tematica giuridica sotto il versante giurisprudenziale, non può che essere positivo.Potrebbero interessarti anche: Prova nuova rilevante per revocazione confisca preventiva Confisca di prevenzione: prova nuova rilevante ai fini della revocazione
Rischio di recidiva e attualità del pericolo: chiarimenti della Cassazione
La Corte di Cassazione, con sentenza n. 13593 del 13 marzo 2024, ha fornito chiarimenti in merito al rischio di recidiva e all’attualità del pericolo in relazione dell’emissione di misure cautelari. Per approfondimenti si consiglia il seguente volume, il quale fornisce indicazioni operative e soluzioni per una corretta redazione degli atti e per evitare gli errori più frequenti: Appello e ricorso per Cassazione penale dopo la Riforma Cartabia Indice 1. I fatti 2. Rischio di recidiva e attualità del pericolo: l’analisi della Cassazione 3. La decisione della Cassazione 1. I fatti Il Tribunale di Palermo, in parziale accoglimento dell’appello cautelare proposto nell’interesse dell’indagata, annullava l’ordinanza emessa dal Gip presso il Tribunale di Termini Imerese in relazione al contestato reato di estorsione in concorso e, per l’effetto, sostituiva nei confronti della stessa la misura dell’obbligo di dimora con prescrizioni con quella dell’obbligo di presentazione quotidiano. Avverso tale ordinanza, è stato proposto ricorso per Cassazione affidato ad un unico motivo con il quale si denunciava violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’art 274, comma 1, lett. c) cod. proc. pen.: la difesa non ha individuato il motivo per il quale si ritiene sussistente il rischio di recidivazione o, quanto meno, l’elevata probabilità che alla ricorrente si presentino effettivamente occasioni analoghe, non meramente ipotetiche o astratte, per compiere ulteriori delitti. Per approfondimenti si consiglia il seguente volume, il quale fornisce indicazioni operative e soluzioni per una corretta redazione degli atti e per evitare gli errori più frequenti: 2. Rischio di recidiva e attualità del pericolo: l’analisi della Cassazione La Corte di Cassazione, nell’analizzare il ricorso, sostiene che il motivo sollevato sia manifestamente infondato perché contrario all’orientamento maggioritario della giurisprudenza di legittimità, secondo cui, in tema di misure cautelari personali, “il requisito dell’attualità del pericolo previsto dall’art. 274, comma 1, lett. c), cod. proc. pen. non è equiparabile all’imminenza di specifiche opportunità di ricaduta del delitto e richiede, invece, da parte del giudice della cautela, una valutazione prognostica sulla possibilità di condotte reiterative, alla stregua di un’analisi accurata della fattispecie concreta, che tenga conto delle modalità realizzative della condotta, della personalità del soggetto e del contesto socio-ambientale, la quale deve essere tanto più approfondita quanto maggiore sia la distanza temporale dai fatti, ma non anche la previsione di specifiche occasioni di recidivanza”. La difesa, al contrario, si era affidata ad un orientamento minoritario, rimasto isolato nel panorama giurisprudenziale, secondo cui occorrerebbe la dimostrazione che all’imputato si presenti effettivamente un’occasione per compiere ulteriori delitti. Ancora, in temi di presupposti per l’applicazione delle misure cautelari personali, la Suprema Corte rammenta che il requisito dell’attualità del pericolo di reiterazione del reato non va equiparato all’imminenza del pericolo di commissione di un ulteriore reato, ma indica, invece, la continuità del “periculum libertatis” nella sua dimensione temporale. 3. La decisione della Cassazione Alla luce di quanto finora esposto, la Corte di Cassazione osserva che il pericolo di recidiva va apprezzato sulla base della vicinanza ai fatti in cui si è manifestata la potenzialità criminale dell’indagato, ovvero della presenza di elementi indicativi recenti, idonei a dar conto della effettività del pericolo di concretizzazione dei rischi che la misura cautelare è chiamata a realizzare. Di tali principi, ad avviso della Suprema Corte, ha fatto corretta applicazione il Tribunale che, con motivazione immune da rilievi di illogicità, ha ritenuto sussistente il pericolo di recidiva desunto dalle specifiche modalità del fatto posto in essere in epoca recente con spregiudicatezza ai danni di persona offesa posta in condizioni di particolare vulnerabilità. La Corte ha, dunque, dichiarato inammissibile il ricorso condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Creazione di bottiglie di falso vino pregiato: associazione a delinquere e reato plurioffensivo
, non contestabili entrambi separatamente. Il ricorso è stato, dunque, rigettato e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali, nonché
Inammissibilità del ricorso per Cassazione contro ordinanze per infondatezza
Il ricorso per Cassazione contro l’ordinanza del giudice dell’esecuzione, che dichiara l’inammissibilità per manifesta infondatezza dell’istanza, è inammissibile? Per approfondimenti, si rimanda al volume “Procedimento ed esecuzione penale dopo la Riforma Cartabia”, che ne tratta nel particolare. Indice 1. La questione: inammissibilità del ricorso per Cassazione 2. La soluzione adottata dalla Cassazione 3. Conclusioni 1. La questione: inammissibilità del ricorso per Cassazione Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Catania, in funzione di giudice dell’esecuzione, dichiarava inammissibile un incidente di esecuzione volto a ottenere la declaratoria di estinzione per espiazione dell’isolamento diurno di tutte le pene temporanee allo stesso inflitte. Ciò posto, avverso questo provvedimento il difensore del condannato proponeva ricorso per Cassazione e, tra i motivi ivi addotti, costui deduceva violazione di legge, in relazione agli articoli 666 cod. proc. pen., 24 e 111 Cost., perché l’istanza era stata dichiarata inammissibile, nonostante fosse stata fissata l’udienza camerale all’esito della quale, quindi, il giudice avrebbe dovuto semmai rigettarla, essendo stato già superato il vaglio di ammissibilità. Per approfondimenti, si rimanda al volume “Procedimento ed esecuzione penale dopo la Riforma Cartabia”, che ne tratta nel particolare. 2. La soluzione adottata dalla Cassazione La Suprema Corte reputava il motivo summenzionato inammissibile poiché, a suo avviso, non è affatto precluso al giudice dell’esecuzione di dichiarare l’inammissibilità dell’istanza all’esito dell’udienza camerale, né da ciò deriva una qualche nocumento alla parte, richiamandosi a tal proposito quell’orientamento nomofilattico secondo cui «è inammissibile, per carenza di interesse, il ricorso per cassazione avverso l’ordinanza del giudice dell’esecuzione che dichiari l’inammissibilità per manifesta infondatezza dell’istanza (nella specie, di rideterminazione della pena) ad esito di udienza camerale partecipata, ex art. 666, comma 3, cod. proc. pen., anziché “de plano”, ai sensi del comma 2 del medesimo articolo, non derivando dalla diversità del rito alcuna conseguenza pregiudizievole all’interessato, né quanto alla comunicazione e al regime di impugnazione del provvedimento conclusivo – comunque ricorribile per cassazione ex art. 606 cod. proc. pen.» (Sez. 1, n. 20226 del 08/06/2020). 3. Conclusioni La decisione in esame desta un certo interesse essendo ivi chiarito, sulla scorta di un pregresso indirizzo interpretativo, che il ricorso per Cassazione contro l’ordinanza del giudice dell’esecuzione, che dichiara l’inammissibilità per manifesta infondatezza dell’istanza di rideterminazione della pena, è inammissibile per mancanza di interesse quando l’udienza camerale partecipata è stata eseguita secondo l’articolo 666, comma 3, del codice di procedura penale anziché “de plano” come previsto dal comma 2 dello stesso articolo. Tale provvedimento, quindi, deve essere preso nella dovuta considerazione al fine di evitare che il proprio ricorso venga dichiarato inammissibile laddove si impugni una decisione di questo genere. Ad ogni modo, il giudizio in ordine a quanto statuito in codesta sentenza, poiché contribuisce a fare chiarezza su siffatta tematica procedurale sotto il versante giurisprudenziale, non può che essere positivo.Potrebbero interessarti anche: Inammissibilità ricorso per Cassazione: spese processuali Inammissibilità del ricorso senza specifico mandato ad impugnare Inammissibilità del ricorso per Cassazione per atti non riportati
Falso in attestazioni ed effetto abrogativo parziale dell’art. 236-bis legge fall.
in esame, l’omessa informazione riguarda proprio un dato aziendale, relativo a un consistente apporto di finanza. Il ricorso è stato dunque rigettato con condanna al pagamento delle spese processuali.
Abusiva occupazione di spazio demaniale ex art. 1161 cod. nav.: chiarimenti della Cassazione
anche formalmente abusive. Pertanto, il ricorso è stato rigettato con condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.
La difficile difesa personale nel processo tributario telematico
Pediatra sottovaluta la sintomatologia del bambino ritardando la visita…
in toto il ricorso e si condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Dott. Carlo Pisaniello Leggi anche: https
Incidente stradale: l’aggravante della guida in stato di ebrezza
il ricorso e condannare il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Da ciò emerge che chi si pone alla guida in stato di ebrezza, già
Agevolazioni prima casa: decorrenza del termine triennale per la revoca
Sicurezza sui cantieri: responsabilità del datore di lavoro e preposto
di lavoro è stato quindi ulteriormente condannato al pagamento delle spese processuali.
Diniego al trasferimento per poter prestare le cure al padre disabile
la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo. Il tribunale Condanna il Ministero resistente alla rifusione delle spese processuali, che liquida