Veranda in condominio: è un’opera modificatrice?

Lorena Papini 15/05/23
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Per valutare la legittimità di una veranda costruita sul lastrico dai proprietari dell’ultimo piano si deve considerare la clausola del regolamento che vieta ai condomini qualsiasi opera modificatrice.
riferimenti normativi: art. 1127 c.c.
precedenti giurisprudenziali: Cass., sez. II, Sentenza n. 8174 del 23/05/2012
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Corte di Cassazione – sez. II civ.- sentenza n. 12795 del 11-05-2023

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Indice

1. La vicenda


Un condominio, con tutte le riserve e al solo fine di ovviare alle lamentate infiltrazioni di acqua piovana nelle giornate ventose, autorizzava i proprietari dell’appartamento all’ultimo piano a realizzare una pensilina amovibile destinata a coprire parzialmente il terrazzo a livello; la copertura autorizzata doveva essere in lamiera grecata zincata e poggiante su una struttura in canne di ferro leggera”, senza opere strutturali di base e di tamponamento. I condomini dell’ultimo piano, però, nel tempo trasformavano la struttura in una vera propria veranda in vetro e muratura e con copertura non più in lamiera grecata (come autorizzata dall’assemblea condominiale) ma in polistrato, in tal modo aumentando il volume abitabile. Alla luce di quanto sopra il condominio si rivolgeva al Tribunale chiedendo la condanna dei predetti condomini alla rimozione della veranda realizzata nella loro
abitazione in violazione degli artt. 1127 e 1120, comma 2 c.c., nonché del regolamento condominiale (e dello stesso atto di acquisto del bene). Il condominio, infatti, faceva presente che il divieto di modificare in qualunque modo l’architettura dell’edificio o di effettuare opere aggiuntive, previsto dall’art. 7 del regolamento condominiale, integrava di per sé un divieto di modificare l’originario assetto architettonico dell’edificio. Il Tribunale dava ragione al condominio: il giudice di prime cure riteneva che il manufatto non pregiudicasse l’aspetto esteriore dell’edificio condominiale, inserendosi i materiali utilizzati perfettamente nell’architettura dell’edificio. La Corte di Appello confermava la decisione del Tribunale. A sostegno della decisione adottata il giudice dell’impugnazione rilevava che il manufatto oggetto di causa sebbene fosse stato realizzato dalle appellate in difformità di quello assentito dall’assemblea condominiale, non alterava in alcun modo l’aspetto architettonico ed il decoro dell’edificio, come emergeva chiaramente dall’accertamento tecnico e dalle foto allegate. Inoltre i giudici di secondo grado notavano che il manufatto sarebbe stato altrettanto visibile e con analogo ingombro qualora fosse stato realizzato con una diversa copertura o non fosse stato chiuso a vetri. In ogni caso sottolineavano che il CTU, attraverso l’espletamento di prove di carico, riteneva la veranda lecita e rispettosa della normativa sulla sicurezza sismica.

3. La soluzione


La Cassazione ha dato ragione al condominio. Come hanno notato i giudici supremi la realizzazione di nuove opere (nuovi piani o nuove fabbriche) nell’area sovrastante il fabbricato da parte del proprietario dell’ultimo piano dell’edificio va disciplinata alla stregua dell’art. 1127 c.c. Secondo la Cassazione la decisione della Corte di Appello si pone in evidente contrasto con l’orientamento giurisprudenziale dominante e con il chiaro disposto dell’art. 1127, comma secondo e terzo c.c., secondo cui la sopraelevazione non è ammessa, non solo se le condizioni statiche dell’edificio non la permettono, ma anche se risulti lesiva dell’aspetto architettonico dell’edificio ovvero risulti necessaria l’autorizzazione dei condomini. I giudici supremi hanno sottolineato che il Giudice distrettuale non avrebbe dovuto considerare legittima la costruzione senza – di fatto – valutare, oltre all’impatto sull’aspetto architettonico dell’edificio in base alle caratteristiche stilistiche visivamente percepibili dell’immobile, la presenza di una clausola del regolamento condominiale di natura contrattuale più restrittiva (cioè la clausola contenente il divieto di modificare in qualunque modo l’architettura dell’edificio o di effettuare opere aggiuntive).

4. Le riflessioni conclusive


In tema di condominio, ai fini della tutela prevista dall’art. 1120 c.c., per “decoro architettonico del fabbricato” deve intendersi l’estetica dell’edificio, costituita dall’insieme delle linee e delle strutture ornamentali che imprimono alle parti di esso una determinata ed armonica fisionomia, non essendo richiesto che si tratti di edifici di particolare pregio artistico (Cass. civ., Sez. II, 29/01/2016, n. 1718).
Merita di essere ricordato che una clausola del regolamento di condominio cosiddetto contrattuale ove abbia ad oggetto la conservazione dell’originaria “facies” architettonica dell’edificio condominiale, comprimendo il diritto di proprietà dei singoli condomini mediante il divieto di qualsiasi opera modificatrice, persino migliorativa, appresta in tal modo una tutela pattizia ben più intensa e rigorosa di quella apprestata al mero “decoro architettonico” dagli artt. 1120 c.c., 1127 c.c., terzo comma, e 1138, primo comma, c.c., con la conseguenza che in presenza di opere esterne la loro realizzazione integra di per sé una vietata modificazione dell’originario assetto architettonico dell’edificio (Cass. civ., Sez. II, 23/05/2012, n. 8174).

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Lorena Papini

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