Uso personale di stupefacenti, esiste il diritto di auto ledersi?

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L’ Art. 75 comma 1 TU 309/19901

A seguito della novellazione introdotta dalla L. 49/2006, l’ uso personale di stupefacenti è stato depenalizzato, ovverosia esso costituisce un illecito amministrativo non penalmente rilevante e non sanzionabile con strumenti rieducativi o repressivi di rango penalistico. Ex art. 75, comma 5 TU 309/19902, la depenalizzazione dell’ uso personale è estesa anche al tossicomane minorenne, ma, in questo caso particolare, il Prefetto competente per territorio convoca i genitori, o una figura civilisticamente equipollente, e li rende edotti delle circostanze di fatto e dà loro notizia delle strutture idonee per il recupero socio-sanitario dell’ infra-18enne che ha fatto uso di sostanze illecite.

Dopo l’ entrata in vigore della L. 49/2006, è reato penalmente rilevante ex Art. 73 comma 1 bis TU 309/19903spacciare ( rectius : importare, esportare, acquistare, ricevere o detenere ) quantità non modiche di sostanze stupefacenti o psicotrope, tranne nel caso, comprensibile e financo ovvio, dell’ uso terapeutico delle droghe alienate / acquistate ( Art. 72 TU 309/19904 ). Si tenga presente che, nell’ Art. 73 TU 309/1990, non si distingue tra droghe pesanti e droghe leggere, ammesso e non concesso che esistano sostanze d’ abuso definibili come “ leggere”.

Per approfondire leggi anche “Autori e vittime di reato” (Atti del convegno internazionale Università degli Studi di Milano Martedì 7 giugno 2016, Milano)

Quantità per uso personale

Provvidenzialmente e necessariamente, i lemmi “modica quantità” e  “quantità destinata all’ uso personale”, nel TU 309/1990, sono stati finalmente sottratti all’ inestricabile ed infinito ginepraio dell’ ermeneutica giurisprudenziale, la quale, come noto, non giova alla ratio della certezza del Diritto Penale e della conseguente nonché indispensabile certezza della pena. Ovverosia, con Decreto attuativo dell’ 11/06/2006, il Ministero della Salute ha qualificato come “quantità per uso personale le seguenti dosi:

  1. 000 mg. di cannabis ( 35 – 40 spinelli confezionati )
  2. 750 mg. di cocaina ( circa 5 dosi )
  3. 250 mg. di eroina ( circa 10 dosi )
  4. 750 mg. di MDMA e/o relativi derivati e composti ( circa 5 pasticche di ecstasy )
  5. 500 mg. di amfetamina ( circa 5 pasticche )
  6. 150 mg. di LSD ( circa 3 francobolli di acido lisergico )

Dunque, nell’ Ordinamento Penale italiano, è “spacciatore penalmente sanzionabile ex comma 1 Art. 73 TU 309/19905 soltanto chi, eccedendo i limiti del Decreto attuativo 11/06/2006 del Ministero della Salute, coltiva, produce, fabbrica, estrae, raffina, vende, offre o mette in vendita, cede, distribuisce, commercia, trasporta, procura ad altri, invia, passa o spedisce in transito o consegna le sei tipologie di preparati tossico-voluttuari indicati nel predetto Decreto del 2006, promulgato in attuazione della L. 49/2006. Il tutto fatto salvo l’ uso terapeutico e farmacologico ( Artt. 726 e 17 comma 17 TU 309/1990 ).

Come intuitivo e prevedibile, le Farmacie, i Medici ed i rappresentanti di farmaci non sottostanno ad alcun limite quantitativo, tranne il normale obbligo di ricezione, se necessaria, di una regolare ricetta medica ( comma 2 Art. 17 TU 309/19908 ). Le limitazioni quantitative del Decreto attuativo 11/06/2006 costituiscono un traguardo sofferto, in tanto in quanto la precedente ipertrofia giurisprudenziale creata dalla Corte di Cassazione mutava eccessivamente la Normativa applicabile generando Precedenti contraddittori e discutibili, che cambiavano di orientamento, a loro volta, nel corso di pochi anni o di pochi mesi. La situazione era ormai divenuta insostenibile sotto il profilo esegetico. Esistevano lacune ed antinomie che creavano situazioni di impunità assurde o, viceversa, condanne illogiche e prive di proporzionalità.

Assai complicato, in Cass., sez. pen., 45912 del 18/10/2012, è stato distinguere l’ uso personale dalla detenzione di una provvista detenuta o ceduta per il consumo di gruppo di stupefacenti o altre sostanze psicoattive, psicotrope o allucinogene. Cass. 45912/2012 ha adottato una ratio decisamente e drasticamente proibizionistica, giacché il troppo facile pretesto dell’ uso di gruppo ( droga-party ) rischiava di annichilire gli sforzi ermeneutici e la lodevole precisione del Decreto attuativo 11/06/2006. Pertanto, nell’ attuale Giurisprudenza italiana, le feste a base di sostanze d’ abuso non beneficiano dell’ attenuazione ordinamentale amministrativa di cui all’ Art. 75 TU 309/1990, poiché “non si può far rientrare nell’ ipotesi di uso esclusivamente personale la fattispecie dell’ uso di gruppo, all’ interno della quale è inclusa sia l’ ipotesi di un gruppo di persone che conferisca mandato ad una di loro per acquistare dello stupefacente, sia l’ altra ipotesi in cui l’ intero gruppo proceda all’ acquisto della droga destinata ad essere consumata collettivamente” ( Cass. 45912/2012 ). D’ altra parte, i festini poli-tossicomaniacali manifestano un’ acuta pericolosità auto- ed etero-lesiva, specialmente presso la popolazione giovanile. I droga partys non meritano alcuna depenalizzazione o attenuazione sanzionatoria.

Nella summenzionata Sentenza Cass., sez. pen., n. 45912 del 18/10/2012, la Suprema Corte non distingue bene il lemma “detenere” dal lemma “coltivare” e tale lacuna ha generato non pochi disagi ermeneutici. Infatti, nel comma 1 Art. 75 TU 309/1990, non è citata la “coltivazione” di stupefacenti di origine vegetale, come la cannabis. Viceversa, il comma 1 Art. 73 TU 309/1990 p. e p. ( anche ) “chi coltiva, produce, fabbrica, estrae”. Da tale omessa precisazione nasce il dubbio se la coltivazione di sostanze d’ abuso debba o non debba beneficiare della sussunzione attenuante di cui al comma 1 Art. 75 TU 309/1990, ovverosia, Cass., sez. pen., n. 45912 del 18/10/2012 non chiarisce se il coltivatore di canapa sia passibile di sanzioni amministrative attenuate ( Art. 75 TU 309/1990 ) o, viceversa, di sanzioni di matrice penalistica nel senso tradizionale ( Art. 73 TU 309/1990 ). Nei primi Anni Duemila, la fattispecie della “coltivazione”, nella Giurisprudenza italiana predominante, è sempre stata giudicata con estremo rigore e, pertanto, il coltivatore di stupefacenti viene quasi sempre sottoposto al campo precettivo e sanzionatorio di cui all’ Art. 73 TU 309/1990. Tale ferma severità e tale mancata depenalizzazione valgono anche se chi coltiva la sostanza invoca i benefici attenuativi connessi all’ uso personale. Del resto, anche sotto il profilo fattuale, sarebbe fuorviante e risibile ipotizzare un uso personale di più di 1.000 mg. di cannabis piantata. Eguale rigore proibizionista vale pure per le foglie di coca ed il papavero da oppio, pur se i problemi maggiori sono quasi sempre connessi alle piantine di marjuana ed haschisch, assai comodamente coltivabili artigianalmente senza richiedere troppe spese in fertilizzanti e pesticidi.

Distinzione tra uso personale e spaccio penalmente rilevante

La distinzione tra uso personale ( Art. 75 TU 309/1990 ) e spaccio penalmente rilevante ( Art. 73 TU 309/1990 ) è stata messa in discussione dal Tribunale di Arezzo, Sentenza n. 460/2012. In tale sede, il Magistrato giudicante ha escluso il beneficio della semplice sanzione amministrativa ex Art. 75 TU 309/1990, in tanto in quanto la detenzione cessa di integrare gli estremi dell’ uso personale allorquando sussistono circostanze nel merito che giustificano l’ applicazione del regime proibitivo ex Art. 73 TU 309/1990. La contestualizzazione e la circostanziazione della modica quantità per uso personale non è sempre algebricamente automatica, giacché “la detenzione di quantità ad uso personale non costituisce un dato per sé decisivo ai fini dell’ esclusione della rilevanza penale della condotta, in quanto il superamento del limite ivi fissato rappresenta solo uno dei parametri normativi rilevanti ai fini dell’ affermazione della responsabilità; e l’ esclusione della destinazione della droga o un uso strettamente personale ben può essere ritenuta dal giudice anche in forza di ulteriori circostanze dell’ azione” ( Tribunale di Arezzo, Sentenza n. 460/2012 ). Necessita, dunque una fattualizzazione interpretativa nella quale va valutato ogni singolo caso, ogni circostanza, ogni contesto personale ed ogni corollario comportamentale del reo. P.e., de jure condito, il cpv. 1 comma 5 Art. 73 TU 309/19909 utilizza i lemmi “mezzi, modalità … circostanze dell’ azione … qualità e quantità delle sostanze”. Analogamente, nel Decreto attuativo dell’ 11/06/2006, il Ministero della Salute esorta a valutare anche “ il peso lordo [ e ] le modalità di confezionamento”, in tanto in quanto 1.000 mg. di cannabis non contengono, sempre e comunque, il medesimo tenore di THC. Eguale precisazione vale per più di 750 mg. di cocaina poco pura, pura, scadente, troppo pura o tagliata male. Purtroppo, il Decreto ministeriale dell’ 11/06/2006 è senz’ altro utile, ma, nell’ applicazione quotidiana, secondo Cass., sez. IV, 17 maggio 2012, n. 34758, il superamento quantitativo dei limiti massimi non comporta, sempre e comunque, l’ esclusione del beneficio di cui all’ Art. 75 TU 309/1990, poiché la destinazione personale o non personale di una provvista deve essere valutata “sulla base [ anche ] di altre circostanze dell’ azione, tra le quali rientrano anche l’ eventuale stato di tossicodipendenza [ cronica ] o anche solo l’ uso abituale di droga, e ciò soprattutto se il superamento della soglia è modesto”. Cass. Pen., sez. IV, 17 maggio 2012, n. 34758 ribadisce che ogni valutazione giuridica non dipende da misuratori e bilancini. L’ interpretazione giuridica non è mai un calcolo matematico avulso dalla realtà concreta.

In ogni caso, il Precedente di Cass. Pen., Sez. IV, 17 maggio 2012, n. 34758 non ha risolto, in maniera automatica ed immediata, i problemi interpretativi derivanti dal Decreto attuativo dell’ 11/06/2006. P.e., esistono molti casi in cui il tossicodipendente, uncinato in maniera irreversibile, detiene, per uso esclusivamente personale, quantità di sostanze stupefacenti molto abbondanti, accantonate al fine di possedere una provvista ben nutrita, la quale gli evita l’ eventuale panico di rimanere senza la propria dose giornaliera. Oppure ancora, si pensi a Cass., 20232/2012, in cui l’ uso personale ex Art. 75 TU 309/1990 è stato ammesso nonostante il sequestro, a carico dell’ imputato, di una provvista di cocaina oltremodo superiore ai 750 mg. di cui al summenzionato Decreto attuativo del 2006. Tale Precedente di Cass., 20232/2012 ha concesso i benefici amministrativi dell’ Art. 75 TU 309/1990 in tanto in quanto “la destinazione allo spaccio non può ritenersi provata oltre il ragionevole dubbio allorché gli elementi emersi dalla fase istruttoria indichino l’ acquisto di un considerevole quantitativo di cocaina, non frazionata, da parte di un soggetto di elevato stato di tossicità, con una buona posizione economica con una notevole disponibilità finanziaria, solito a fare uso di cocaina anche con gli amici e non conosciuto come spacciatore”. Di nuovo, prevale, sempre e comunque, la contestualizzazione personale e fattuale, giacché l’ alternativa precettiva tra gli Artt. 73 e 75 TU 309/1990 non può e non deve essere risolta in un calcolo algebrico delle quantità, che non tenga conto delle circostanze concrete. Lo stesso Diritto Processuale Penale italiano è costituzionalmente ancorato alla ratio della proporzionalità, dunque il Decreto attuativo dell’ 11/06/2006 non deve trasformare il Magistrato in un calcolatore cybernetico avulso dalla realtà empirica della singola fattispecie. La delittuosità richiede interpretazioni criminologico-giuridiche e non soltanto misurazioni medico-forensi o chimiche. Anzi, in Cass., 20232/2012, nonché in numerosi altri Precedenti della Suprema Corte, la Giurisprudenza italiana di legittimità impone espressamente al Magistrato di merito di valutare non soltanto la quantità ponderabile dello stupefacente, ma anche elementi altrettanto preziosi, a livello esegetico, come la quantità di principio attivo presente nella dose, la modalità di presentazione, il peso lordo complessivo, le modalità di confezionamento ed il modo di frazionamento. P.e., nel caso della cocaina e dell’ eroina, la nozione di “ quantitativo ad uso personale “ dipende spesso dal grado di purezza della sostanza e dalla bontà o meno del taglio. Oppure ancora, si pensi al diverso grado di THC contenuto nei peli ghiandolari della cannabis, a seconda della semente piantata e a seconda delle modalità, indoor o meno, della coltivazione. Esistono, infatti, varianti OGM dell’ haschisch e della marjuana con un’ elevata concentrazione di THC. Eguale contestualizzazione vale pure nel caso delle infinite varianti chimiche dell’ MDMA, in perenne evoluzione chimico-tossicologica. Si veda pure il GHB, ma anche i cristalli, lo speed, i fungi psichedelici, l’ efedrina e gli allucinogeni di sintesi.

Dopo la Riforma della L. 49/2006, l’ Art. 75 comma 1 TU 309/1990 esclude, nel caso di detenzione per uso personale, ogni responsabilità penale ed il tossicomane, per un periodo non inferiore ad un mese e non superiore ad un anno, è condannato ad una o più delle seguenti penalità di rango amministrativo:

  1. la sospensione delle patenti / della patente di guida ( o di navigazione ) e/o il divieto di conseguire patenti di guida per un periodo sino a 3 anni
  2. la sospensione della licenza e del porto d’ armi e/o il divieto di detenere o portare armi da fuoco per l’ avvenire
  3. la sospensione del passaporto e/o il divieto di espatrio con annessa segnalazione sulla Carta d’ Identità
  4. la sospensione del permesso di soggiorno turistico in Italia e/o, nel caso di infrattori extra-comunitari, il divieto di entrare per turismo in territorio italiano

Nei casi più gravi, il comma 2 Art. 75 TU 309/199010 impone al condannato per uso personale di droghe, di seguire un programma terapeutico e socio-riabilitativo, o altro programma educativo e informativo, personalizzato in relazione alle proprie specifiche esigenze, predisposto dal Sert competente per territorio, analogamente a quanto disposto al comma 13 o da una struttura privata autorizzata ai sensi dell’ Art. 116 TU 309/1990.

Riduzionisticamente e, fors’ anche, con sottile e concreto anti-proibizionismo, il comma 14 Art. 75 TU 309/199011 nei casi bagatellari, dispone che il Prefetto si limita ad ammonire il segnalato per uso personale di stupefacenti o altre sostanze d’ abuso illecite, purché si tratti della prima infrazione al TU 309/1990 e non si configuri alcuna ipotesi di una vera e propria carriera tossicomaniacale o delinquenziale.

Aspetti meta-normativi

Nell’ Ottocento, la “guerra dell’ oppio” vide contrapposti l’ Impero Cinese, tendenzialmente proibizionista, ed il Regno Unito, tendenzialmente liberista e legalizzatore. Tale conflitto anglo-cinese si svolse in due tappe. La prima tra il 1839 ed il 1842 e la seconda tra il 1856 ed il 1860. In entrambi gli scontri armati vinse il Regno Unito, che, dopo aver stabilmente occupato Hong Kong, iniziò a svolgere un ruolo di predominio incontrastato sulla coltivazione e la raffinazione del papavero oppiaceo asiatico. In realtà, la Cina proseguì nella coltivazione dei precursori di eroina, anche se, verso il Novecento, per motivi strategici, le piantagioni vennero via via trasferite nell’ Indocina sottoposta al regime coloniale francese. In ogni caso, il predominio inglese sull’ eroinomania rimase incontrastato sino al 1920 circa, quando la dipendenza popolare da oppiacei, in Asia, era ormai divenuta una grande piaga socio-sanitaria.

Alla luce dei notevoli disagi criminologici provocati dall’ eroina, in data 23/01/1912, venne conchiusa la Convenzione Internazionale sull’ oppio, sottoscritta da Germania, USA, Cina, Francia, Regno Unito, Italia, Giappone, Paesi Bassi, Persia ( Iran ), Portogallo, Russia e Siam. Sette anni dopo, nel 1919, la summenzionata Convenzione venne annessa al Trattato di Versailles, acquisendo, in tal modo, una cogenza pressoché globale. Nel 1938, i predetti Protocolli trans-nazionali istituirono pure un Organo permanente ed internazionale per il controllo degli stupefacenti, con sede centrale presso la neo-nata Società delle Nazioni. Nel proprio Preambolo, la Convenzione Internazionale sull’ oppio imponeva agli Ordinamenti firmatari di esercitare una supervisione semi-proibizionistica sul commercio e sull’ uso dell’ eroina, della morfina, ma anche della cocaina e delle relative sostanze derivabili per raffinazione.

Lodevolmente e pionieristicamente, gli USA inaugurarono il Proibizionismo radicale di eroina e cocaina con l’ Harrison Narcotics Act del 1914, seguito dall’ altrettanto proibizionistico Heroin Act del 1924 e dal Mariuhana Act del 1937, ma tale divieto non recò, purtroppo, la forza di sradicare la tossicodipendenza, che, negli USA era ormai discretamente diffusa presso insospettabili colletti bianchi, ma anche sempre più presso la gente comune.

Dopo la fine della II Guerra Mondiale, la malavita corsa iniziò a detenere il primato mondiale del commercio di oppio, coltivato in Turchia e trasportato a Marsiglia dal clan Croce, Francisci-Guerini-Cesari. La Siria ed il Libano divennero ben presto le sedi mondiali delle principali raffinerie di papaveri oppiacei. Da Marsiglia, l’ eroina veniva venduta alla mafia siculo-americana, capeggiata da Lucky Luciano, che gestiva poi lo smistamento dell’ oppio verso la Germania, la Francia, l’ Irlanda, il Canada, il Messico e gli USA. Non mancavano succursali pure a Tangeri e persino a Cuba. La piaga dell’ oppio portò il numero degli eroinomani statunitensi, nel corso degli Anni Cinquanta del Novecento, da 20.000 uncinati abituali a 150.000, specialmente nell’ ambito dei jazz clubs della zona di New York.

Di nuovo gli USA, con il Presidente Nixon, dichiararono, sempre nell’ ottica del Proibizionismo intransigente, una vera e propria “guerra alle droghe”, ben esplicitata in due Messaggi al Congresso del 1969 e del 1971. Del resto, l’ emergenza della tossicomania era divenuta insostenibile. I soldati statunitensi impegnati in Vietnam erano quasi tutti pericolosamente uncinati e la cultura giovanile hippy aveva contribuito alla diffusione delle sostanze d’ abuso, facilmente reperibili in Marocco e, soprattutto, in Estremo Oriente. Nixon, sebbene inutilmente, cercò di collaborare con il Governo turco al fine di azzerare le piantagioni di papavero e, durante la Presidenza di Nixon, gli USA e la Francia incarcerarono molti mafiosi corsi e siculo-americani implicati nella French Connection , con sede principale a Marsiglia. Sempre Nixon istituì, nel 1973, la DEA ( Drug Enforcement Administration ), la quale sostituì il pregresso ed ormai inadeguato Office of Drug Abuse Law Enforcement.

Nel 1971, il divieto nazionale turco di coltivare oppio provocò lo spostamento delle coltivazioni, peraltro e comunque semi-illegali, in Iran e persino in Messico, la cui Mexican Mud [ eroina messicana ] era molto apprezzata nel mondo del narcotraffico. Nel frattempo, Cosa Nostra, in Sicilia, aveva trovato degli ottimi rifornitori di eroina e morfina nel “Triangolo d’ Oro”, composto, tutt’ oggi, da Birmania, Thailandia e Laos. Le nuove regole geo-politiche mondiali spostarono il baricentro della produzione e dello smercio di eroina a Palermo, che, tra il 1973 ed il 1977, era ormai divenuta la nuova capitale mondiale del narcotraffico ed era munita di raffinerie clandestine assai attrezzate e professionalmente organizzate. Il denaro di Cosa Nostra veniva riciclato in insospettabili locali gastronomici italo-americani, da cui il nome della maxi-operazione storica “Pizza Connection”. Era l’ inizio della triste epoca del narcotraffico italiano, responsabile di faide, violenze di ogni genere, omicidi volontari e stragi.

Probabilmente, gli anti-proibizionisti italiani contemporanei hanno dimenticato quale sottobosco criminale e criminogeno accompagna, sempre e comunque, la tossicomania. Legalizzare e/o liberalizzare non impedisce la nascita di disordini anti-sociali ed anti-democratici. Le droghe a vendita libera o semi-controllata sono sempre e concretamente unite a gravi attentati contro la libertà ordinamentale delle legittime Istituzioni statali.

 

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Autori e vittime di reato

Il presente volume, pubblicato grazie al sostegno economico dell’Università degli Studi di Milano (Piano di sostegno alla ricerca 2016/2017, azione D), raccoglie i contributi, rivisti ed aggiornati, presentati al convegno internazionale del 7 giugno 2016, al fine di consentire, anche a coloro che non hanno potuto presenziare all’evento, di vedere raccolte alcune delle relazioni, che sono confluite in un testo scritto, e i posters scientifici che sono stati esposti, in quella giornata, a Palazzo Greppi (Milano) e successivamente pubblicati sulla Rivista giuridica Diritto Penale Contemporaneo (www.penalecontemporaneo.it). Raffaele Bianchetti è un giurista, specialista in criminologia clinica; lavora come ricercatore presso il Dipartimento di Scienze giuridiche “Cesare Beccaria” dell’Università degli Studi di Milano e come magistrato onorario presso il Tribunale di Milano. Da anni insegna Criminologia e Criminalistica e svolge attività didattica all’interno di corsi di formazione post-lauream e di alta formazione in Italia e all’estero; partecipa come relatore a convegni, congressi e incontri di studio nazionali ed internazionali; fa parte di gruppi di ricerca, anche di natura transnazionale, coordinandone alcuni come responsabile dei progetti. È autore di scritti monografici e di pubblicazioni giuridiche di stampo criminologico, alcune delle quali sono edite all’interno di opere collettanee e di riviste scientifiche specializzate. Membro componente di comitati scientifici e di comitati redazionali, è condirettore  di due collane editoriali.Luca Lupária Professore Ordinario di Diritto processuale penale nell’Università degli Studi di Roma Tre e visiting professor  in Atenei europei e americani, è autore di scritti monografici su temi centrali della giustizia penale e di oltre cento pubblicazioni scientifiche, apparse anche su riviste straniere e volumi internazionali. È responsabile di programmi e gruppi di ricerca transnazionali sui diritti delle vittime, sulle garanzie europee dell’imputato e   sui rimedi all’errore giudiziario. Condirettore di collane editoriali, è vice-direttore della rivista “Diritto penale contemporaneo” .Elena Mariani è laureata in giurisprudenza e specialista in criminologia clinica. Da oltre dieci anni collabora con la Catte- dra di Criminologia e Criminalistica del Dipartimento di Scienze giuridiche “Cesare Beccaria” dell’Università degli Studi di Milano, effettuando seminari e attività di ricerca sui temi della giustizia penale minorile, della vittimologia, dell’esecuzione penale e delle misure di prevenzione. Svolge da anni attività didattica in corsi di formazione post-lauream e di alta formazione presso diversi atenei italiani. È autrice di una monografia in tema di sistema sanzionatorio minorile e per gli adulti edita in questa Collana e di varie pubblicazioni in materia criminologica, edite all’interno di opere collettanee e di riviste scientifiche specializzate. Attualmente   è componente esperto del Tribunale di Sorveglianza di Milano e dottoranda di ricerca in diritto penale presso l’Università degli Studi di Milano. 

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1 Art. 75 comma 1 TU 309/1990

Condotte integranti illeciti amministrativi

Chiunque illecitamente importa, esporta, acquista, riceve a qualsiasi titolo o comunque detiene sostanze stupefacenti o psicotrope fuori dalle ipotesi di cui all’ articolo 73, comma 1 bis, o medicinali contenenti sostanze stupefacenti o psicotrope elencate nella tabella II, sezioni B, C e D, limitatamente a quelli indicati nel numero 3 bis della lettera e) del comma 1 dell’ articolo 14 fuori dalle condizioni di cui all’ articolo 72 comma 2, è sottoposto, per un periodo non inferiore ad un mese e non superiore ad un anno, salvo quanto previsto dalla lettera a), a una o più delle seguenti sanzioni amministrative:

  1. a) sospensione della patente di guida, del certificato di abilitazione professionale per la guida di

motoveicoli e del certificato di idoneità alla guida di ciclomotori o divieto di conseguirli per un periodo

fino a tre anni

  1. b) sospensione della licenza di porto d’ armi o divieto di conseguirla
  2. c) sospensione del passaporto e di ogni altro documento equipollente o divieto di conseguirli
  3. d) sospensione del permesso di soggiorno per motivi di turismo o divieto di conseguirlo se cittadino extracomunitario.

2 Art. 75 comma 5 TU 309/1990

Se l’ interessato è persona minore di età, il prefetto convoca i genitori o chi ne esercita la potestà, li rende edotti delle circostanze di fatto e dà loro notizia circa le strutture di cui al comma 2

3 Art. 73 comma 1 bis TU 309/1990

Con le medesime pene di cui al comma 1 è punito chiunque, senza l’ autorizzazione di cui all’ articolo 17, importa, esporta, acquista, riceve a qualsiasi titolo o comunque illecitamente detiene:

  1. a) sostanze stupefacenti o psicotrope che per quantità, in particolare se superiore ai limiti massimi

indicati con decreto del ministro della salute emanato di concerto con il ministro della giustizia,

sentita la presidenza del consiglio dei ministri – dipartimento nazionale per le politiche

antidroga, ovvero per modalità di presentazione, avuto riguardo al peso lordo complessivo, o al

confezionamento frazionato, ovvero per altre circostanze dell’ azione, appaiono destinate ad un

uso non esclusivamente personale

  1. b) medicinali contenenti sostanze stupefacenti o psicotrope elencate nella tabella II, sezione A, che

eccedono il quantitativo prescritto, In questa ultima ipotesi, le pene suddette sono diminuite da

un terzo alla metà

4 Art. 72 TU 309/1990

Attività illecite

E’ consentito l’ uso terapeutico di preparati medicinali a base di sostanze stupefacenti o psicotrope, debitamente prescritti secondo le necessità di cura in relazione alle particolari condizioni patologiche del soggetto

5 Art. 73 comma 1 TU 309/1990

Produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti o psicotrope

Chiunque, senza l’ autorizzazione di cui all’ articolo 17, coltiva, produce, fabbrica, estrae, raffina, vende, offre o mette in vendita, cede, distribuisce, commercia, trasporta, procura ad altri, invia, passa o spedisce in transito, consegna per qualunque scopo sostanze stupefacenti o psicotrope di cui alla tabella I prevista dall’ articolo 14, è punito con la reclusione da sei a venti anni e con la multa da euro 26.000 a euro 260.000

6 ut supra

7 Art. 17 comma 1 TU 309/1990

Obbligo di autorizzazione

Chiunque intenda coltivare, produrre, fabbricare, impiegare, importare, esportare, ricevere per transito, commerciare a qualsiasi titolo o comunque detenere per il commercio sostanze stupefacenti o psicotrope, comprese nelle tabelle di cui all’ articolo 14, deve munirsi dell’ autorizzazione del ministero della sanità

8 Art. 17 comma 2 TU 309/1990

Dall’ obbligo dell’ autorizzazione sono escluse le farmacie, per quanto riguarda l’ acquisto di sostanze stupefacenti o psicotrope e per l’ acquisto, la vendita o la cessione di dette sostanze in dose e forma di medicamenti

9 Art. 73 cpv. 1 comma 5 TU 309/1990

Quando, per i mezzi, per la modalità o per le circostanze dell’ azione ovvero per la qualità e quantità delle sostanze, i fatti previsti dal presente articolo sono di lieve entità [ … ]

10 Art. 75 comma 2 TU 309/1990

L’ interessato, inoltre, ricorrendone i presupposti, è invitato a seguire il programma terapeutico e socio-riabilitativo di cui all’ articolo 122 o altro programma educativo e informativo personalizzato in relazione alle proprie specifiche esigenze, predisposto dal servizio pubblico per le tossicodipendenze competente per territorio analogamente a quanto disposto dal comma 13 o da una struttura privata autorizzata ai sensi dell’ articolo 116

11 Art. 75 comma 14 TU 309/1990

[ … ] nel caso di particolare tenuità della violazione, se ricorrono elementi tali da far presumere che la persona si asterrà, per il futuro, dal commettere nuovamente [ i fatti previsti dal comma 1 ], in luogo della sanzione, e limitatamente alla prima volta, il Prefetto può definire il procedimento con il formale invito a non fare più uso delle sostanze stesse, avvertendo il soggetto delle conseguenze a suo danno

 

 

Dott. Andrea Baiguera Altieri

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