Una lectio magistralis di Pietro Rescigno

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Si è appena concluso a Enna l’incontro dal titolo “L’autonomia dei privati” tenuto dal Prof. Pietro Rescigno.

L’incontro si è svolto nella moderna e funzionale cornice dell’aula “Jean Monnet” dell’Università “Kore” di Enna, che ha presto dimostrato di essere insufficiente a contenere il gran numero di astanti (soprattutto studenti, ma anche avvocati e tecnici del diritto) accorsi ad ascoltare le parole del Maestro.

Ha introdotto l’incontro il Magnifico Rettore Salvo Andò, che dopo i saluti e ringraziamenti di rito ha giustamente ricordato il valore di una Università che, pur così giovane, ha già raggiunto importanti traguardi numerici e qualitativi.

Ha introdotto il tema dell’incontro il Prof. Galasso, che per sottolineare l’importanza dell’argomento ha richiamato alla mente la disputa che l’autonomia privata, e soprattutto l’autonomia contrattuale, provocò tra Betti1 e Stolfi. Per il primo la causa del contratto aveva una sua funzione economica e sociale, quasi collettiva, e si rifaceva ad una visione corporativistica della società, che ben si confaceva a questa interpretazione del nuovo (allora) Codice Civile. Per Stolfi, invece, la causa era lo scopo ultimo, se non unico, del contratto; chiudeva un cerchio in quanto la causa veniva considerata sia l’antecedente logico sia il fine, e tale concezione era fortemente influenzata dalle idee politiche di Stolfi, che era un liberale-individualista, per cui la volontà del singolo era al centro di tutto.

Tuttavia tale concezione era, ed è, smentita dal diritto positivo: l’art. 1322 CC, infatti, consente ai singoli di concludere contratti atipici, purchè realizzino interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico, imponendo volta per volta all’interprete un’interpretazione teleologica. Del resto, neanche la conclusione di contratti tipici è ammessa senza limiti, che sono anzi espressamente richiamati2.

Alle norme codicistiche deve oggi necessariamente dare una lettura costituzionalmente orientata, in quanto anche la Costituzione, pur senza fare mai riferimento espresso all’autonomia privata, contiene delle norme che ineriscono al problema: l’art. 41 Cost., ad es., tutela l’iniziativa economica privata, purchè non sia in contrasto con l’utilità sociale o in modo da arrecare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.

Tale norma, a sua volta, deve essere letta alla luce dell’art. 2 Cost., che tutela sia il singolo sia le formazioni sociali dove si svolge la sua personalità, norma che contiene, oltre all’affermazione del principio pluralista, anche un riferimento ad interessi che superano la sfera giuridica economico-patrimoniale -ossia quella tipica dell’autonomia negoziale dei singoli- per comprendere anche interessi non valutabili patrimonialmente.

Il riferimento dell’autonomia dei singoli anche ad interessi non patrimoniali è stato di recente ripreso da Corte Cost. 438/2008, che ha sancito la costituzionalità del principio di autodeterminazione in riferimento al consenso informato, segno che il tema dei confini dell’autonomia del singolo è sempre attuale.

Tali confini, infatti, si dimostrano labili soprattutto in caso di atti di disposizione particolarmente delicati, quali appunto gli atti di disposizione del proprio corpo: l’art. 5 CC vieta infatti gli atti di disposizione del proprio corpo quando comportino una diminuizione permanente dell’integrità fisica o quando siano altrimenti contrari alla legge, all’ordine pubblico o al buon costume. Tale norma non fa riferimento alle eccezioni, che pure abbondano nel nostro ordinamento: basti pensare alle norme sui trapianti3, sulla trasfusione di sangue4, sull’interruzione di gravidanza5, sul mutamento dei caratteri sessuali6 etc.

Anche il legislatore comunitario si è incidentalmente occupato dell’argomento, risolvendo limiti ed eccezioni a tali atti di disposizione con un criterio semplice ma efficace: il divieto di tali atti a scopo di lucro. Infatti la Carta di Nizza sui diritti fondamentali UE, dopo aver sancito l’inviolabilità della dignità umana, all’art. 3 (diritto alla vita) regola “l’uso” del corpo umano, purchè senza scopo di lucro. Ciò è sufficiente a garantire la libertà e l’autonomia decisionale, per esempio, di chi decida di donare liberamente una parte del proprio corpo, senza che nel processo decisionale entri il denaro o la sua mancanza.

Dalla lettura di tali norme sembra che la Carta di Nizza, di per sé, non impedisca l’introduzione di norme che rendano possibile l’eutanasia, purchè nel rispetto della dignità umana.

In direzione contraria va il nostro legislatore, se è vero che alla Camera giace un DDL che sancisce l’assoluta indisponibilità del diritto alla vita, svuotando sostanzialmente di contenuto qualunque testamento biologico possa aver fatto l’interessato, che viene così privato del potere di decidere della propria vita autonomamente.

Dopo l’introduzione del Prof. GALASSO interviene il Prof. RESCIGNO, che dopo aver riassunto e ripreso i temi del precedente relatore fa una premessa semantica sul termine “autonomia”.

La parola autonomia viene dal greco e vuol dire legge di se stesso, ossia la coincidenza fra chi crea la norma e chi la attua, contrapposto al concetto di “eteronomia”, ossia di norma posta dall’esterno, come, tipicamente, la norma statuale.

Nel nostro ordinamento il termine assume diversi significati.

Nella Costituzione non è mai utilizzato al singolare, ma sempre al plurale, in riferimento alle autonomie pubbliche locali, soggette al principoio di sussidiarietà, contrapposte all’autorità centrale. Non quindi autonomia del singolo, ma semmai formazione sociale.

Nel Codice Civile l’autonomia dell’individuo è quella tipica negoziale-patrimoniale, e specificamente l’autonomia contrattuale. Il contratto -tipico o atipico che sia- è certamente la figura più frequente che le parti pongono in essere grazie alla loro autonomia, ma non l’unica, in quanto possono creare anche assetti non contrattuali o addirittura non patrimoniali, che devono quindi essere riuniti in una figura unica che riunisca contratti e altre figure diverse dai contratti: il negozio giuridico.

Tale concetto, come è ben noto, non esiste nel nostro diritto positivo (a differenza di altri ordinamente, come nel BGB tedesco) ma è un presupposto del nostro sistema di diritto privato, nonostante le contrarie opinioni di tantissimi nostri autori che, se da un lato contestano la sua utilità, dall’altro lamentano la sua eccessiva genericità nonché la pretesa di riunire istituti eterogenei come il contratto, il matrimonio e il testamento.

Nell’ottica del negozio giuridico l’autonomia dunque non è solo quella di concludere contratti, ma più genericamente la libertà di concludere negozi giuridici; e tale libertà, oltretutto, non è solo dell’individuo, ma anche delle formazioni sociali, degli enti collettivi in genere e soprattutto dell’ente più importante di tutti, lo Stato-Pubblica Amministrazione.

Quale è, per l’appunto, il rapporto tra l’autonomia privata e l’ordinamento eteronomo statuale? L’autonomia privata trova fondamento e riconoscimento nella legge statuale (come se fosse la sua grundnorm7) oppure l’autonomia privata ha tutti i caratteri di un vero e proprio ordinamento a parte8? In effetti il rapporto tra autonomia privata e legge statale partecipa di entrambi i caratteri, perché la legge riconosce e tutela l’autonomia privata, mentre per il singolo le norme frutto dell’autonomia privata sono leggi perfette e insuscettibili di interventi ab externo, e del resto il contratto ha forza di legge fra le parti.

Ma gli effetti del contratto non sono solo quelli voluti dalle parti, ma anche quelli voluti dalla legge, per cui anche l’espressione più tipica dell’autonomia privata è inestricabilmente legata all’eteronomia, tanto più che, con la firma, espressione del consenso, anche gli effetti voluti dalla legge risultano, almeno formalmente, espressione della volontà delle parti.

Il contratto non è l’unico ambito in cui il nostro ordinamento riconosce valore alla volontà delle parti.

Prima dell’introduzione della L 218/1995 sul sistema di diritto internazionale privato, le preleggi consentivano al gudice di attribuire il valore di ”fonte” di diritto internazionale anche alle convenzioni private -espressione volutanente generica-, purchè nel rispetto dell’ordine pubblico.

L’autonomia privata non è mai senza limiti; anche l’espressione più tipica dell’autonomia negoziale, ossia l’autonomia di concludere contratti tipici o atipici, deve essere comunque effettuata nel rispetto della legge e realizzare interessi meritevoli di tutela. Peraltro, in nome dell’autonomia si effettuano negozi giuridici dove in realtà la vera autonomia sta tutta da una parte, e l’altra parte non ha alcuna libertà negoziale; basti pensare ai cd. “contratti di adesione” o contratti di massa, dove al singolo non è data altra scelta se non quella di firmare o meno, e non ha alcuna possibilità di influire sul contenuto del contratto.

Anche la possibilità di effettuare contratti atipici per realizzare interessi meritevoli di tutela è, a ben vedere, fortemente limitata. Al di là del limite teleologico vi sono interessi che non possono essere realizzati se non con le forme tipiche previste dalla legge: nell’ambito più generale non esistono alternative valide al matrimonio, al testamento, all’adozione, così come vi è l’impossibilità di creare società atipiche etc.

E ancora, sempre per restare nell’ambito del diritto di famiglia, ciascuno dei nubendi è libero di sposarsi o meno, ma non può determinare il contenuto dei diritti e dei doveri inerenti al matrimonio, tanto più in un ordinamento come il nostro in cui la giurisprudenza, per tutelare lo status familiare, si rifiuta di riconoscere valore a qualunque convenzione pre-matrimoniale, anche se avente contenuto meramente patrimoniale.

Ad ogni espressione –ad ogni facoltà, potremmo dire- dell’autonomia negoziale corrispondono altrettanti limiti imposti dall’ordinamento.

Libertà di contrarre è anche libertà di farsi sostituire, ma tale scelta non è senza limiti, mentre a volte è addirittura imposta (basti pensare ai minori e agli incapaci).

Un settore dove l’autonomia costituisce ormai l’eccezione piuttosto che la regola è quello delle forme. La libertà delle forme con cui concludere un qualunque negozio giuridico, pure contenuta espressamente nel codice civile, è ormai solo un’affermazione di principio, smentita dai fatti e dalla pratica quotidiana, così come la possibilità di introdurre a piacimento clausole ed elementi accidentali, possibilità preclusa nei cd. actus legitimus.

Un ‘espressione relativamente nuova dell’autonomia è invece quella di poter scegliere, nei negozi che presentino elementi di estraneità, a quale ordinamento sottoporre il contratto concluso, applicando un’ordinamento straniero o anche la cd. lex mercatoria.

Anche tale scelta, naturalmente, come tutto il sistema di diritto internazionale privato, è sottoposto al limite del diritto pubblico, ma pur nel rispetto di tale criterio la possibilità di scegliersi da sé l’ordinamento ha provocato effetti perversi imprevisti dallo stesso legislatore, come il fenomeno del cd. forum shopping.

L’autonomia, comunque, non è solo individuale, ma è anche delle formazioni sociali nei quali si svolge la personalità dell’uomo (alcune delle quali la Costituzione definisce, appunto, “autonomie”), con la differenza che in tal caso ha contenuto ed estensione diverse volta per volta, in attuazione del principio di sussidiarietà, e così vi sarà un’autonomia familiare, un’autonomia sindacale etc.

Tirando le fila del discorso si può dunque affermare che l’autonomia è un concetto mutevole quanto ad estensione e contenuto, sempre collegata a doppio filo con l’eteronomia, rappresentata dalla legge statuale.

L’uditorio presente ha mostrato partecipazione ed apprezzamento alla lectio magistralis del Prof. Rescigno, con vari interventi (tra cui quello del Prof. Barcellona e del Prof. Di Maria, ma provenienti anche da esponenti del mondo forense e notarile) che hanno fatto riferimento a situazioni estreme nelle quali più è sentito il problema dell’autonomia privata e del suo contenuto, come ad es. il biotestamento, o la possibilità, col consenso informato del paziente, di cancellare parte della memoria con un intervento chirurgico, o altre tematiche con profonde implicaziopni bioetiche, a riprova del fatto che il tema trattato all’incontro è sempre attuale e passibile di spunti critici.

 

1 Betti, Teoria generale del negozio giuridico, 1943

2 Le parti possono liberamente determinare il contenuto del contratto nei limiti imposti dalla legge

3 L 3/4/1957 n. 235

4 L 14/7/1967 n. 592

5 L 22/5/1978 n. 194

6 L 14/4/1982 n. 164

7 v. Kelsen, Lineamenti di dottrina pura del diritto, Torino, 1952

8 v. Santi Romano, Lordinamento giuridico, 1918

Avv. Chiricosta Giovanni

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