Tutela della salute umana e responsabilità medica

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L’art.590 sexies c.p.

La legge 8 marzo 2017, n.24, Gelli-Bianco, è intervenuta nuovamente a disciplinare la responsabilità medica, a pochi anni dalla precedente legge Balduzzi del 2012, inserendo all’art. 590sexies c.p. una causa di esclusione della punibilità dai risvolti problematici.

La natura e l’ambito di applicazione della norma pare non del tutto definibile, portando la Cassazione a pronunciarsi in più occasioni, da ultimo a Sezioni Unite con la ormai nota sentenza Mariotti. La materia della responsabilità medico-chirurgica appare oggi di indubbio rilievo scientifico, sia sul versante penalistico che su quello civilistico, riguardando la tutela della salute umana e la tenuta stessa dello Stato sociale.

Per approfondire leggi anche “La nuova responsabilità medica” a cura di Giuseppe Cassano.

 

Medicina difensiva e tutela della salute umana

La responsabilità penale dell’esercente la professione sanitaria è stata di recente oggetto di riforma da parte del legislatore nel tentativo di prevenire e arginare la c.d. medicina difensiva. Con tale dizione si fa rifermento a quel particolare fenomeno in cui il singolo medico agisce spinto da esigenze processuali e non dalla cura per il paziente, cercando di reperire materiale probatorio e sottoponendo il singolo ad accertamenti non sempre necessari. La cura e apparente perizia, quasi maniacale, che in tal modo il medico mette in atto crea deficienze sistemiche e rischia di inficiare l’intero sistema sanitario. La dottrina ha evidenziato, infatti, come tale fenomeno incida negativamente sulla pratica del singolo medico e sulla tenuta stessa del Welfare State, aumentando il costo della spesa pubblica. Effetti negativi si rintracciano anche sotto altro profilo, in quanto il medico per fronteggiare eventuali spese processuali deve dotarsi di un’assicurazione, il cui premio è commisurato all’an e al quantum dell’eventuale risarcimento. È evidente, pertanto, come l’estensione della responsabilità medica incida sul mercato delle assicurazioni, sul loro costo e sulla stessa professione medica.

La legge 8 marzo 2017, n.24, Gelli-Bianco

La legge Gelli-Bianco modifica la previgente disciplina nel tentativo di trovare un corretto bilanciamento tra la tutela della salute del paziente e la tenuta del sistema sanitario. La novella inserisce vari elementi di novità sia sul versante civilistico, sancendo definitivamente la natura extracontrattuale della responsabilità del medico, sia su quello penalistico, inserendo una causa di esclusione della punibilità ad hoc.

L’esigenza di contenere la responsabilità del medico ha spinto il legislatore ad operare in entrambi i settori. L’art. 590 sexies c.p., in particolare, esclude la punibilità del medico per imperizia nel caso in cui esso abbia seguito le linee guida della comunità scientifica. Il rispetto delle linee guida rappresentava anche sotto la previgente legge una causa di esclusione della punibilità, seppur con alcune differenze. La legge Balduzzi, infatti, prevedeva un’ipotesi di esclusione della punibilità incentrata sull’intensità della colpa e non sul tipo, operando solo in ipotesi di colpa lieve. Tale riferimento viene eliminato dal legislatore del 2017 che inserisce una distinzione su base qualitativa tra colpa per imperizia e colpa per negligenza o imprudenza.

Autorevoli autori hanno evidenziato sul punto come l’art.590 sexies c.p. si ponga in linea di continuità con le istanze della dottrina e della giurisprudenza maggioritaria sorte sotto la previgente normativa. La giurisprudenza, infatti, aveva delimitato l’efficacia della causa di esclusione della punibilità ai soli casi di imperizia, non ritenendo compatibile la negligenza o l’imprudenza con il rispetto delle linee guida. La norma, inoltre, veniva criticata da alcuni autori in merito alla distinzione tra colpa grave e colpa lieve; il diritto penale, infatti, non conoscerebbe tale distinzione propria della responsabilità di diritto civile e strumentale ad assolvere la funzione ripristinatoria della stessa.

La fattispecie è stata innovata in tal senso, eliminando il riferimento alla colpa lieve e riferendosi alla sola colpa per imperizia.

Ambito di applicazione della nuova causa di esclusione della punibilità ex art.590 sexies c.p.

Simili modifiche non sono valse a sopire il dibattito della scienza giuridica che di recente si è concentrata sulla corretta interpretazione della nuova fattispecie, riguardo alla compatibilità di condotte imperite con il rispetto delle linee guida.

Nello specifico si rintracciano due orientamenti giurisprudenziali.

Secondo una prima tesi il riferimento all’imperizia sarebbe funzionale soltanto a descrivere l’ambito di applicabilità della norma, competente in materia di colpa per imperizia[1]. Il rispetto delle linea guida, pertanto, escluderebbe l’imperizia e la punibilità dell’agente che ha rispettato le raccomandazioni della comunità scientifica. Tale teoria è stata criticata da taluni in quanto si risolverebbe in un’interpretatio abrogans della norma. L’accertamento della colpa consta in via generale, infatti, di due momenti essenziali, dovendosi verificare l’elemento oggettivo e quello soggettivo, relativo alla prevedibilità dell’evento e all’esigibilità del comportamento doveroso. Sotto il profilo oggettivo ai fini dell’esistenza della colpa si richiede la violazione di una norma cautelare[2], violazione che secondo simile interpretazione non sussisterebbe laddove vengano rispettate le linee guida. L’esclusione della punibilità deriverebbe dalla mancanza dell’elemento oggettivo della colpa e non dalla nuova fattispecie, il fatto di per sé non costituirebbe reato.

Diverso orientamento, in contrapposizione a simile interpretatio abrogans, definisce l’istituto alla stregua di una scusante, idonea ad escludere la colpevolezza dell’agente. La nuova norma opererebbe a fronte di condotte colpose, di per sé punibili. In particolare si distingue il momento della condotta colposa da quello della scelta delle linee guida[3]. L’agente, infatti, verserebbe in colpa nel solo momento esecutivo, avendo al contrario esattamente scelto la raccomandazione scientifica pertinente al singolo caso. Tale tesi, inoltre, ritiene applicabile la scusante anche in ipotesi di colpa grave, essendo stato espressamente eliminato il riferimento alla colpa lieve. Il grado della colpa rileverebbe solo ai sensi dell’art.133 c.p. per la determinazione del quantum di pena, non incidendo sull’an.

Alla suddetta teoria sono state opposte critiche proprio rispetto quest’ultima questione, ravvisandosi un’irragionevole disparità di trattamento per la condotta negligente o imprudente, punita in ogni caso, e quella imperita la cui punibilità può essere esclusa anche in caso di colpa grave.

Il ruolo assunto dalla c.d. colpa grave nell’interpretazione delle Sezioni Unite

La Cassazione a Sezioni Unite (sentenza n. 8770/17) pronunciatasi sulla questione ha accolto un orientamento intermedio, idoneo a coniugare la nuova norma con i principi di ragionevolezza e uguaglianza. In primo luogo la Corte ritiene necessario operare una distinzione tra il momento della scelta della linea guida e quello dell’esecuzione, propendendo per un’interpretazione che attribuisca un significato innovativo alla disposizione. La scusante opererebbe rispetto alla colposa esecuzione della pratica medica correttamente scelta. Siffatta interpretazione renderebbe coerente e possibile la sussistenza dell’imperizia con l’uso di una linea guida. Del resto mentre può ipotizzarsi l’imperizia durante il momento dell’esecuzione della pratica raccomandata, difficilmente potrebbe sussistere negligenza o imprudenza, in quanto in tali casi la colpa riguarda proprio la mancata o eccessiva azione.

Sotto tale aspetto la Cassazione accoglie il secondo orientamento giurisprudenziale, ritenendo  ragionevole la suddetta distinzione con taluni accorgimenti. L’esclusione della punibilità, infatti, deve essere circoscritta alle sole ipotesi di colpa lieve, non potendo operare di fronte a condotte di grave imperizia. La colpa grave, seppur non indicata direttamente dalla norma, diventa il parametro di esclusione tra la condotta imperita scusabile e quella invece da perseguire.

Da rilevare come il riferimento alla colpa grave avanzato dalla giurisprudenza non sia del tutto nuovo per l’ordinamento. Ai sensi dell’art. 2236 c.c., infatti, il prestatore d’opera risponde solo per colpa grave. L’esclusione della responsabilità per colpa lieve viene qui giustificata a fronte dell’alto tecnicismo e del rischio caratterizzante tali professioni, tra cui vi è quella medica, e risulta conforme nei fini con l’esegesi attribuita alla nuova fattispecie. L’analogia iuris qui applicata risulta conforme con il principio di legalità, operando in bonam partem.

Il necessario bilanciamento tra la tutela della salute umana e la tenuta del sistema sanitario viene attuato in materia penale limitando la responsabilità del medico tramite il riferimento alle linee guida generalmente ammesse dalla comunità scientifica e il parametro della colpa grave.

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Note

[1] Cass., Sez. IV, 20 aprile 2017, n. 28187, in Foro it., 2017, c. 493 nota come sentenza Tarabori.

[2] La giurisprudenza e la dottrina hanno in più occasione evidenziato come accanto alla mera violazione della norma si debba  accertare la causalità della colpa, ossia la relazione tra evento lesivo e violazione della norma. La c.d. causalità della colpa si differenzia dalla causalità materiale; mentre infatti questa attiene al legame eziologico tra condotta ed evento, la causalità della colpa riguarda l’elemento soggettivo della colpevolezza. L’agente è colpevole e responsabile personalmente del reato se ha violato la norma cautelare diretta ed idonea a prevenire il rischio dell’evento verificatosi. Tale differenza è di particolare rilievo in quanto il nesso di causalità attiene all’elemento oggettivo della condotta e può sussistere anche laddove non fosse verificabile la causalità della colpa.

[3] Cass., Sez. IV, 19 ottobre 2017, n. 50078, in Cass. pen., 2018, p. 161 ss. nota come sentenza Cavazza.

Dott.ssa Sonia Sasso

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