Tutela della concorrenza per i servizi di interesse generale: la doppia accezione del principio di separazione

Maresca Davide 19/04/07
Scarica PDF Stampa
Sommario: 0) Introduzione 1) Separazione tra ente regolatore ed ente imprenditore 1.1) Casistica della Corte di Giustizia delle Comunità Europee 1.2) Provvedimenti interni 2) Separazione tra attività per l’esercizio di  un servizio di interesse economico generale e attività concorrenziale
 
0) INTRODUZIONE
 
L’orientamento della politica economica europea in materia di servizi pubblici e mercati “captive” lascia poco spazio ai raggiri, sempre più frequenti, degli enti pubblici.
Infatti l’articolo 82 del Trattato Ce stabilisce senza mezze misure che l’attribuzione di diritti speciali o esclusivi per le imprese di gestione di servizi idi interesse economico generale è consentita nei limiti della missione loro affidata e purchè ciò non costituisca violazione delle norme del Trattato. Tali violazioni rilevano particolarmente riguardo ai principi di libera prestazione dei servizi, libertà di stabilimento, libera circolazione dei capitali e divieto di abuso di posizione dominante. In sostanza, l’obiettivo perseguito è la parità di trattamento per ogni concorrente che vuole accedere ad un mercato imprenditoriale, con particolare attenzione alle possibili discriminazioni tra imprese. Il concetto di discriminazione è peraltro applicabile non solo rispetto alle restrizioni della concorrenza per imprese di altri Stati Membri ma anche rispetto a imprese nazionali, magari soggette a un regime giuridico diverso; in questo senso il diritto comunitario vieta anche le discriminazioni tra imprese a capitale pubblico e imprese a capitale privato. (S.Cassese in “le privatizzazioni arretramento o riorganizzazione dello Stato?”, in Riv. It. Dir. Pubbl. com., 1996, p.579)
Ulteriore limite è costituito dall’illegittimità di ogni misura che, restringendo l’accesso al mercato, non causi necessariamente una discriminazione tra soggetti giuridici ma che si ponga semplicemente in contrasto con le libertà economiche del Trattato (c.d. illegittimità delle misure “oltre il trattamento nazionale: Causa C-55/94 pto.37 e conferma in Tesauro “Diritto Comunitario” II ed., Padova, 2001, p.458).
Per l’attuazione dei suddetti obiettivi si è proceduto mediante privatizzazioni. Il tipo di privatizzazione più controverso concerne le attività di servizio pubblico o di pubblica utilità attuata mediante le leggi n.474/94 e 481/95. Il cammino da percorrere è costituito dalla trasformazione degli enti pubblici in società per azioni e dal successivo passaggio di proprietà delle azioni dallo Stato a privati; presupposti necessari sono dichiaratamente i seguenti: 1) la separazione tra attività in “monopolio naturale”(istituzionali) e attività di natura imprenditoriale; 2) la costituzione di autorità pubbliche chiamate a controllare sia la qualità dei prezzi dei servizi, oltre a proteggere gli utenti. ( Come affermato da S.Cassese in “le privatizzazioni arretramento o riorganizzazione dello Stato?”, in Riv. It. Dir. Pubbl. com., 1996, p.579)
Pertanto la separazione deve essere intesa sotto due punti di vista: a) separazione tra ente regolatore (Autorità garante della cocncorrenza e del mercato, Autorità delle Telecomunicazioni, Consob, le Autorità portuali,ecc…) e impresa esercente l’attività di pubblico interesse e b) separazione tra impresa che esercita l’attività pubblica, in un regime che prevede diritti speciali o esclusivi a fronte della non concorrenzialità del servizio, e imprese operanti in mercati contigui liberamente accessibili.
 
1) SEPARAZIONE TRA ENTE REGOLATORE ED ENTE IMPRENDITORE
 
Molto netta deve caratterizzarsi la distinzione tra il regolatore e le imprese impegnate sul mercato e soggette alla disciplina in materia di concorrenza. Questo è stato rigorosamente applicato, per esempio, nei settori delle telecomunicazioni e dell’energia e si sta affermando anche nel sistema portuale. La concentrazione in capo al medesimo soggetto di funzioni regolamentari e di funzioni imprenditoriali in senso proprio è stato costantemente ritenuto incompatibile con gli artt.81 ed 82 del Trattato dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia.
Le Autorità di regolazione, oltre a garantire un’applicazione decentrata, hanno il compito di regolare e controllare le dinamiche della concorrenza nel settore di competenza. La separazione necessaria sembra peraltro non essere soddisfatta se attuata da un punto di vista semplicemente contabile perché, come ha più volte segnalato l’Autorità Garante italiana, pare inadeguata a garantire la trasparenza ed a scongiurare fattispecie di “cross subsidiarization”. Infatti la stessa Autorità Garante ha spesso ribadito che è necessaria una separazione reale, soprattutto alla luce della nozione comunitaria di impresa, qualificata come “qualsiasi entità economicamente rilevante”: la separazione contabile non crea certo due entità separate ma semmai organizza razionalmente l’amministrazione di più attività facenti capo ad una stessa impresa.
Questo principio si rafforza ulteriormente quando si è in presenza di un ente regolatore che coincide con l’organo di gestione del servizio pubblico istituzionale (es. gestione infrastrutture). È necessario che gli enti siano ben distinti sia sul piano contabile che organico per evitare un conflitto con i principi del diritto comunitario.
Qualora la stessa impresa eserciti sia attività in regime di diritti speciali o esclusivi sia un’attività contigua in regime di libero mercato sarà necessaria la separazione delle due gestioni per tutelare la concorrenzialità dell’attività imprenditoriale.
Quando un ente regolatore, e gestore di pubblico servizio, sia anche presente su un mercato contiguo liberamente aperto alla concorrenza l’obbligo di separazione rileva dal punto di vista sotto di entrambi i profili esaminati: sarà necessaria pertanto una separazione dell’ente regolatore rispetto all’ente gestore del servizio pubblico e una separazione, almeno contabile, tra la gestione del servizio pubblico e la gestione dell’attività imprenditoriale.
 
1.1) CASISTICA DELLA CORTE DI GIUSTIZIA
Sembra opportuno richiamare la casistica della Corte di Giustizia delle Comunità Europee. Nel Caso Spediporto causa C-96/94, ai punti 19 e segg., la Corte rileva che dai leading cases comunitari emerge che il combinato disposto degli artt. 85 e 86 con l’ art. 5 del Trattato (oggi artt.3,10,81,82) fa obbligo agli Stati membri di non adottare o mantenere in vigore provvedimenti, anche di natura legislativa o regolamentare, che possano rendere praticamente inefficaci le norme sulla concorrenza applicabili alle imprese (v., sull’ art. 85 del Trattato, sentenze 21 settembre 1988, causa 267/86, Van Eycke, Racc. pag. 4769, punto 16; Reiff, punto 14, e Delta Schiffahrts- und Speditionsgesellschaft, punto 14; v., sull’ art. 86 del Trattato, sentenza 16 novembre 1977, causa 13/77, GB-Inno-BM, Racc. pag. 2115, punto 31).
Infatti sebbene la giurisprudenza comunitaria abbia costantemente affermato che gli artt.81 e 82 siano applicabili ai comportamenti delle imprese, non comprendendo perciò, in via di principio, la legislazione degli Stati membri, non si è esitato ad affermare che i suddetti articoli ostino a che uno Stato adotti o mantenga in vigore misure, anche di natura legislativa o regolamentare, che possano pregiudicare l’effettività delle regole di concorrenza applicabili alle imprese. A tal proposito si segnala il caso ATAB, causa 13/77, in cui la Corte di Giustizia ribadisce che, in base all’art.5, 2 comma del Trattato, gli Stati membri devono astenersi da qualsiasi provvedimento che rischi compromettere la realizzazione degli scopi del trattato stesso; è in questa prospettiva che l’art 90 vieta agli Stati membri di emanare o mantenere in vigore, nei confronti delle imprese pubbliche e delle imprese cui si riconoscono diritti speciali od esclusivi, provvedimenti contrari, in particolare, agli articoli dall’85 al 94. Allo stesso modo, gli Stati membri non possono emanare provvedimenti che consentano alle imprese private di sottrarsi ai vincoli imposti dagli artt.85-94 del Trattato; Infine la Corte precisa che l’’art 86 proibisce comunque lo sfruttamento abusivo d’una posizione dominante da parte d’una o più imprese, anche se l’abuso risulta favorito da una norma di legge nazionale.
Per una giurisprudenza relativa a situazioni analoghe al caso di specie si veda il casoREGIE DES TELEGRAPHES ET DES TELEPHONES” causa 18/88, in cui si afferma esplicitamente il principio per cui è necessaria una separazione tra ente regolatore del mercato e imprese pubbliche e private che vi operano; Infatti il mantenimento di una concorrenza effettiva e la garanzia di trasparenza esigono che la definizione delle specifiche tecniche, il controllo della loro applicazione e l’ omologazione vengano svolti da un ente indipendente dalle imprese pubbliche o private che offrono beni o servizi concorrenti nel settore delle telecomunicazioni; Inoltre nella stessa sentenza si afferma che una situazione in cui l’ente gestore del mercato è allo stesso tempo concorrente in esso costituisce un abuso di posizione dominante; più precisamente, il fatto che un’ impresa che detiene il monopolio sul mercato della costituzione e dell’ esercizio della rete si riservi, senza obiettiva necessità, un mercato prossimo ma distinto, nella specie quello dell’ importazione, della vendita, dell’ allacciamento, del collaudo e della manutenzione degli apparecchi atti ad essere allacciati a detta rete, eliminando in tal modo ogni forma di concorrenza da parte di altre imprese, costituisce una violazione dell’ art. 86 del Trattato.
 
1.2)PROVVEDIMENTI INTERNI
 
L’attuazione del suddetto principio a livello interno si è avuta grazie all’intervento dell’Autorità Garante per la Concorrenza e il Mercato.
Innanzitutto merita essere ricordato il caso “Provveditorato al Porto di Venezia” dell’Antitrust in cui si afferma il principio per cui un ente che regola l’accesso ad un dato mercato e contemporaneamente vi esercita un’attività d’impresa è inquadrabile nella nozione di impresa in posizione dominante di cui all’art.3 l.287/90 e dell’art 82 TCE. Infatti, Come stabilito da consolidati principi comunitari, ai fini dell’applicazione della disciplina della concorrenza deve qualificarsi come impresa "qualsiasi entità che esercita un’attività economica a prescindere dal suo stato giuridico e dalle sue modalità di finanziamento" (Corte di Giustizia delle Comunità Europee, sentenza del 23 aprile 1991, causa 41/90, Klaus Hoefner e Fritz Elser – Macrotron GmbH). Inoltre il PROVVEDITORATO risulta essere il principale operatore nel mercato delle operazioni portuali per il traffico commerciale nei porti di Venezia e Porto Marghera. A ciò si aggiunga che il PROVVEDITORATO, in virtù della normativa vigente, dispone di diritti speciali per l’esercizio delle operazioni portuali nei porti di Venezia e Porto Marghera, in quanto esso stesso vi opera oltre che come impresa, come ente autorizzatore. In altre parole il ROVVEDITORATO determina le condizioni per l’accesso al mercato di cui trattasi, nonché le modalità di svolgimento nel medesimo mercato dell’attività delle imprese autorizzate. L’esercizio dei suddetti poteri di regolamentazione conferisce al medesimo ente la possibilità di tenere comportamenti alquanto indipendenti dai suoi concorrenti (delibera dell’Autorità del 18 novembre 1992, AICI/FIV).
La conclusione è che il PROVVEDITORATO detiene una posizione dominante con riferimento allo svolgimento di tutte le operazioni portuali nei porti di Venezia e Porto Marghera e, in particolare, nel mercato delle operazioni portuali relative al traffico commerciale.
Allo stesso modo l’Antitrust si è espressa con riguardo al caso “Fremura/Assologistica” in cui F.S. si trovava nella posizione di ente regolatore del mercato in cui era esso stesso presente attraverso alcune sue società controllate. In quest’occasione l’AGCM afferma che le restrizioni della concorrenza poste in essere da F.S. consistono nell’aver abusato della posizione dominante detenuta nel mercato dei servizi di trazione ferroviaria, discriminando tra gli acquirenti di tali servizi, così da favorire l’estensione della posizione dominante sul mercato a valle del trasporto intermodale di container, per il tramite della sua controllata ITALCONTAINER, e il suo rafforzamento nel mercato del trasporto bimodale di casse mobili, per il tramite della sua partecipata CEMAT. Pertanto i comportamenti riscontrati appaiono particolarmente gravi, in quanto posti in essere da un’impresa che ha esercitato il proprio potere di mercato derivante da un regime di monopolio legale, per limitare la concorrenza in mercati contigui, ma non riservati.
Ad una coerente conclusione l’Antitrust è giunta relativamente al caso “Servizi Aeroportuali di Bologna”(SAB) (n.12047) in cui la stessa società si trovava ad esercitare compiti di gestione dell’accesso al mercato, di prestazione dei servizi portuali di assistenza a terra, all’interno del quale essa stessa partecipava sia con la propria denominazione sia mediante la società controllata “Bologna Airport Services”(BAS). L’Autorità rileva che che, anche a prescindere dalla misura della quota, l’esercizio delle attività di assistenza a terra presuppone necessariamente l’utilizzazione delle infrastrutture aeroportuali, che devono essere assegnate dal gestore. Pertanto, SAB, in quanto gestore delle infrastrutture aeroportuali nello scalo di Bologna, è in grado di tenere comportamenti indipendenti dagli altri operatori di handling concorrenti e dagli utenti e di condizionare le dinamiche del mercato dei servizi di handling. Alla luce di tali considerazioni SAB è stata e si trova in posizione dominante anche nel mercato dei servizi di assistenza a terra nell’aeroporto di Bologna.
Infine è utile ricordare il contenuto della Segnalazione dell’Antitrust sulla separazione tra RFi e Trenitalia (AS265) in quanto Trenitalia, dati i suoi collegamenti con RFI, può tenere comportamenti abusivi indipendentemente dai propri concorrenti. In questa segnalazione L’Autorità auspica che venga meno la possibilità per Trenitalia di condizionare le dinamiche concorrenziali dei mercati del trasporto ferroviario di merci e dei servizi di terminalizzazione e che non siano vanificati i risultati positivi sino ad oggi conseguiti dal processo di liberalizzazione del trasporto ferroviario di merci, ribadendo, in tale prospettiva, la necessità che si proceda a favore di interventi volti a promuovere un’effettiva separazione tra l’attività di gestione dell’infrastruttura (che implica anche compiti di regolazione) e quella di fornitura di servizi di trasporto.
 
2) SEPARAZIONE TRA ATTIVITA’ PER  L’ESERCIZIO DI UN SERVIZIO DI INTERESSE ECONOMICO GENERALE E ATTIVITA’ CONCORRENZIALE
 
Mentre la separazione tra ente regolatore ed impresa è un obbligo ricavabile in via implicita dalla disposizione contenuta nell’art.3 della legge 287/90 (e dall’art.82 del Trattato Ce), l’obbligo di separazione tra le gestioni di servizi pubblici e concorrenziali è esplicitamente previsto dall’art.8 comma 2-bis della stessa legge,  introdotto dall’articolo 11, comma 3, della Legge 5 marzo 2001, n. 57. L’obbiettivo perseguito è quello di evitare che i vantaggi di cui l’impresa gode, in virtù della esclusività del servizio di interesse economico generale, non siano utilizzati per avvantaggiare la stessa impresa anche nei mercati contigui aperti alla concorrenza.
In particolare l’articolo 8 comma 2-bis prevede che le imprese che esercitano la gestione di servizi di interesse economico generale ovvero operano in regime di monopolio sul mercato, qualora intendano svolgere attività in mercati diversi da quelli in cui agiscono, debbano operare mediante società separate.
Il comma 2-ter dello stesso articolo si spinge oltre prevedendo l’obbligo di comunicazione all’Autorità delle gestioni separate la cui inottemperanza provoca l’irrogazione di una sanzione pecuniaria ai sensi dell’art.8 comma 2-sexies.
Questa giovane norma è stata più volte oggetto di alcune pronunce dell’Autorità Garante per la Concorrenza e il Mercato.
Il primo caso risale al Provvedimento “SP- ITALGAS” del 12 Febbraio 2004 con cui l’Antitrust rilevava la violazione dell’art 8 comma2 bis e ter dal momento che Italgas S.p.A., in quanto affidataria del servizio di distribuzione di gas naturale in regime di esclusiva in varie province, ove intendesse svolgere attività in mercati diversi rispetto a quelli in cui era titolare dell’esclusiva, sarebbe stata tenuta, ai sensi dell’articolo 8 commi 2 bis e 2 ter, ad operare mediante società separata ed a darne comunicazione preventiva all’Autorità. La stessa Italgas, oltre alla suddetta attività di distribuzione, esercitava l’attività di verifica del rendimento di combustione degli impianti termici che ovviamente costituisce un mercato diverso da quello in cui opera in regime di esclusiva. Infatti l’Autorità ha provveduto a sanzionare Italgas per l’omessa comunicazione includendo tra i parametri di determinazione della sanzione anche il perdurare per due anni della violazione dell’art 8 comma2-bis, ovvero della mancata separazione.
A conclusioni analoghe è giunta l’Antitrust con il provvedimento SP – AGESP/AGESP DUE n.37/2006 del 14/09/2006. In questo caso AGESP S.p.A. era affidataria esclusiva del servizio di distribuzione di gas naturale e, dunque, impresa che esercita un servizio di interesse economico generale in monopolio legale ai sensi dell’articolo 8, comma 2-bis. Essa aveva successivamente deciso di intraprendere l’attività di servizi “post contatore” che costituisce un mercato diverso da quello di distribuzione di gas naturale e pertanto era tenuta, ai sensi dell’articolo 8 commi 2-bis e 2-ter, a separare quest’attività, in quanto liberalizzata, e comunicare l’avvenuta separazione all’Autorità. A differenza del caso precedente AGESP ha provveduto ad ottemperare agli obblighi imposti dall’art 8 comma 2-bis separando la gestione dei servizi “post-contatore” attraverso la costituzione della società AGESP DUE S.p.A.. La censura dell’Antitrust deriva soltanto dal fatto che AGESP S.p.A. ha comunicato tardivamente la costituzione di AGESP Due S.p.A.
Più recentemente l’Autorità ha avviato due nuove istruttorie per contestare l’omessa separazione tra le attività di servizio pubblico e quelle concorrenziali operate rispettivamente da “Ferrovia Adriatico Sangritana S.p.A.” e “Aeroporti di Milano S.p.A.”. Con il primo provvedimento di avvio istruttoria (SP83 – FERROVIA ADRIATICO SANGRITANA/RAMI D’AZIENDA DI S.T.A.F. n.6/2007 del 6/02/2007) l’Autorità contesta alla Ferrovia Adriatico Sangritana S.p.A., concessionaria in esclusiva di una serie di servizi trasporto pubblico locale nella Regione Abruzzo, la violazione dell’articolo 8 commi 2-bis e 2-ter, per non aver esercitato attraverso una società separata l’attività di noleggio da rimessa e gestione di agenzie di viaggio e turismo. Infatti i servizi di noleggio e di agenzia di viaggi costituiscono attività liberalizzate e diverse rispetto al servizio pubblico di trasporto, esercitato dalla Ferrovia Adriatico Sangritana in via esclusiva. Con il secondo provvedimento l’Autorità contesta alla società Aeroporti di Roma S.p.A., società concessionaria in esclusiva della gestione totale degli aeroporti di Roma-Fiumicino e Roma-Ciampino, la violazione delle stesse disposizioni dell’articolo 8 per non aver operato mediante una società separata per lo svolgimento delle attività handling cargo sullo scalo di Roma-Fiumicino, essendo queste attività recentemente liberalizzate e pertanto non più ricomprendibili tra i servizi aeroportuali da esercitare in regime di esclusiva.
In conclusione dalla normativa italiana, art. 8 legge 287/90, e dalla prassi applicativa dell’Autorità Garante per la concorrenza e il Mercato emerge l’assoluta obbligatorietà della separazione delle attività imprenditoriali esercitate in regime liberalizzato da quelle esercitate in esclusiva in quanto aventi ad oggetto il soddisfacimento di un interesse economico generale.
 

Maresca Davide

Scrivi un commento

Accedi per poter inserire un commento