Tutela del consumatore: clausole abusive e contratti di assistenza legale

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La disciplina delle clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori si applica anche ai contratti standard di assistenza legale?

È questo l’interessante e complesso quesito risolto dalla Corte di Giustizia dell’UE, Nona Sezione, con sentenza 15 gennaio 2015, causa C-537/13.

La Corte di Giustizia dell’UE, nella causa sopra citata, ha fornito una chiara interpretazione circa l’applicabilità della disciplina contenuta nella direttiva 93/13 CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, ai contratti standard di assistenza legale.

La Corte ha affermato, infatti, che la direttiva 93/13 deve essere interpretata nel senso che essa si applica ai contratti standard di servizi di assistenza legale stipulati da un avvocato con una persona fisica che non agisce per fini che rientrano nel quadro della sua attività professionale.

Nel caso di specie, la sig.ra Šiba aveva stipulato con il sig. Devėnas, nella sua qualità di avvocato, tre contratti standard di prestazione di servizi di assistenza legale a titolo oneroso, specificamente, il 25 febbraio 2008 un contratto avente ad oggetto la difesa dei suoi interessi nell’ambito di un procedimento di divorzio, di divisione dei beni e di fissazione della residenza della prole, il 14 novembre 2008 un contratto diretto a difendere i suoi interessi in un procedimento di dichiarazione di invalidità della vendita di un bene immobile avviato dal sig. Šiba e, il 21 gennaio 2010, un contratto mediante il quale la sig.ra Šiba aveva incaricato il sig. Devėnas di proporre un ricorso in appello dinanzi il Klaipėdos apygardos teismas (Tribunale regionale di Klaipėda, Lituania) e di difendere i suoi interessi nel procedimento dinanzi a tale giudice. Le modalità di pagamento degli onorari e i termini entro i quali siffatto pagamento doveva essere effettuato non erano specificati nei suddetti contratti, che non individuavano con precisione neppure i diversi servizi di assistenza legale per i quali detto pagamento era richiesto, né il prezzo delle prestazioni che vi corrispondevano.
Dato che la sig.ra Šiba non aveva pagato gli onorari entro il termine stabilito dal sig. Devėnas, quest’ultimo adiva il Klaipėdos miesto apylinkės teismas (Tribunale distrettuale di Klaipėda, Lituania) chiedendo l’emissione di un’ingiunzione di pagamento per la somma di 15.000 litas lituani (LTL) a titolo degli onorari dovuti.

Con ordinanza dell’8 luglio 2011 e con sentenza dell’11 aprile 2012, il Klaipėdos miesto apylinkės teismas accoglieva il ricorso del sig. Devėnas.

Investito dall’appello proposto dalla sig.ra Šiba, il Klaipėdos apygardos teismas respingeva detto appello con sentenza del 30 ottobre 2012. Avverso tale sentenza la sig.ra Šiba proponeva ricorso per cassazione dinanzi al giudice del rinvio. Nel suo ricorso, la ricorrente sosteneva, segnatamente, che i giudici di grado inferiore non avevano tenuto conto della sua qualità di consumatore, cosicché, contrariamente a quanto impone la normativa nazionale in proposito, essi non avevano proceduto all’interpretazione dei contratti controversi nel senso a lei favorevole.

Il giudice del rinvio, ritenuto necessario valutare se un avvocato che esercita una professione liberale possa essere qualificato come «professionista» e se un contratto di servizi di assistenza legale stipulato da un avvocato con una persona fisica costituisca un contratto stipulato con un consumatore con tutte le garanzie afferenti per la suddetta persona fisica, sospendeva il procedimento e sottoponeva alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1) Se debba essere considerata “consumatore”, ai sensi del diritto dell’Unione europea in materia di tutela del consumatore, una persona fisica che, in forza di un contratto stipulato con un avvocato, riceve servizi di assistenza legale, prestati in cambio di un compenso, in controversie presumibilmente connesse con gli interessi personali della menzionata persona (divorzio, divisione dei beni acquisiti nel corso del matrimonio ecc.).

2) Se debba essere considerato come “professionista”, ai sensi del diritto dell’Unione europea in materia di tutela del consumatore, un avvocato che esercita una professione liberale, il quale predispone un contratto con una persona fisica per la prestazione di servizi di assistenza legale a fronte di un compenso che lo obbliga a prestare assistenza legale finalizzata al raggiungimento di obiettivi di detta persona estranei alla sua occupazione o professione.

3) Se i contratti per la prestazione di servizi di assistenza legale a fronte di un compenso, predisposti da un avvocato nel corso delle sue attività professionali in quanto rappresentante di una professione liberale, rientrino nell’ambito di applicazione della direttiva 93/13 (…).

4) In caso di risposta affermativa alla terza questione, se possano essere applicati criteri generali ai fini della classificazione di siffatti contratti come contratti con i consumatori, o se essi debbano essere considerati contratti con i consumatori secondo criteri particolari. Ove sia necessario applicare criteri particolari per la classificazione di siffatti contratti come contratti con i consumatori, quali siano detti criteri».

Dalla lettura delle suindicate questioni pregiudiziali, ben si comprende come la questione fondamentale messa in luce dal Giudice del rinvio e portata dinnanzi alla Corte di Giustizia è quella se la direttiva 93/13 vada interpretata nel senso che la stessa trova applicazione a contratti standard di assistenza legale stipulati da un avvocato con una persona fisica che non agisce per fini che rientrano nel quadro della sua attività professionale.

La Corte, partendo dalla disciplina della direttiva 93/13 e dalle definizioni in essa contenute, nella specie “consumatore”, “professionista” e “clausole abusive”, tutte rilevanti al fine del decidere, ricorda che la disciplina della direttiva si applica alle clausole dei “contratti stipulati tra un professionista e un consumatore” che “non siano state oggetto di negoziato individuale”.

Rileva, poi, che per quanto concerne i contratti di assistenza legale, in materia di prestazioni offerte dagli avvocati, vi è, in linea di principio, una disparità tra i clienti-consumatori e gli avvocati, dovuta segnatamente all’asimmetria informativa tra le parti. Gli avvocati dispongono, infatti, di un elevato livello di competenze tecniche che i consumatori non necessariamente possiedono, cosicché questi ultimi possono incontrare difficoltà per valutare la qualità dei servizi loro forniti.

Così un avvocato che fornisce a titolo oneroso un servizio di assistenza legale a favore di una persona fisica che agisce per fini privati è un “professionista” ai sensi dell’art. 2 lettera c) della direttiva 93/13. Pertanto, il contratto relativo alla prestazione di un servizio siffatto è, di conseguenza, assoggettato al regime di detta direttiva.

La Corte ha, altresì, precisato che l’obbligo di riservatezza dei rapporti degli avvocati con i “clienti-consumatori” non rappresenta un ostacolo all’applicazione della direttiva 93/13/CEE alle clausole standardizzate di contratti relativi alla prestazione di servizi di assistenza legale.

Avv. Rossano Valentina

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