Trib. di Modica, sentenza n. 308/2006 (giudice relatore ed estensore S. Levanti) che applica la recente sent. della Cass. n. 13584 del 12.6.2006 che ha fissato i confini tra interdizione e amministrazione di sostegno, nelle zone grigie relative ai casi

sentenza 13/07/06
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE DI MODICA
composto dai magistrati:
1) *******************                                            Presidente
2) ***********************                                    Giudice
3) ***********************                                    Giudice rel. ed est.
ha emesso la seguente
SENTENZA
nella causa iscritta al n. 835/2005 R.G., avente ad oggetto: interdizione
promossa da
Tizio e ****
ricorrenti
contro
Sempronia
resistente contumace
con l’intervento del P.M. – Sede
All’udienza del 27 marzo 2006, il G.I. assegnava alle parti il termine di giorni trenta par il deposito di comparse conclusionali e di successvi giorni venti per il deposito di memorie di replica; si riservava all’esito di riferire al Collegio per la decisione.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso del dì 30.6.2005, notificato in data 22.7.2005, Tizio e **** chiedevano a questo Tribunale la pronuncia dell’interdizione della madre Sempronia, in quanto affetta da “demenza tipo alzheimer” e, perciò, del tutto incapace di provvedere autonomamente ai propri interessi.
Con decreto del 13.7.2005, il Presidente del Tribunale nominava il giudice istruttore e fissava, davanti a quest’ultimo, l’udienza per la comparizione dell’interdicenda e dei parenti di cui all’art. 712 c.p.c.
Sempronia non si costituiva in giudizio, nonostante la regolarità della notifica del ricorso introduttivo.
Esaminata l’interdicenda, con ordinanza resa all’udienza del 21.11.2005, il G.I. nominava tutore provvisorio della stessa nella persona del figlio Tizio.
All’udienza del 27 marzo 2006, il G.I. assegnava alle parti il termine di giorni trenta par il deposito di comparse conclusionali e di successvi giorni venti per il deposito di memorie di replica; si riservava all’esito di riferire al Collegio per la decisione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
            Va, innanzitutto, dichiarata la contumacia dell’interdicenda, non costituitasi in giudizio nonostante la ritualità della notifica del ricorso.
            Nel merito, la domanda non può essere accolta, per le ragioni di seguito specificate.
Dall’istruttoria svolta è emerso:
a)                            che Sempronia è affetta da “demenza tipo Alzheimer”, con “disorientamento spazio-temporale, deficit della memoria, deficit dell’attenzione e difficoltà nella comprensione del linguaggio” (v. certificato rilasciato in data 5.11.2004 dal D.S.M. di Modica – A.U.S.L. n. 7 di Ragusa, a firma del dott. …, come confermato, oltre che dalle dichiarazioni del figlio, anche dall’esame della stessa interdicenda, la quale non è stata in grado di riferire la propria data di nascita, di indicare il luogo in cui si trovava, né di riconoscere il danaro esibitole);
b)                           che la patologia che interessa la resistente la priva di ogni capacità cognitiva, volitiva e critica, sicchè la stessa non è assolutamente in grado di interagire con l’ambiente esterno, dipendendo in toto dalle persone che la assistono (il figlio ha, invero, riferito: “mia madre adesso vive con noi. Non è assolutamente indipendente per l’igiene e la cura della persona. Non esce mai da sola e non fa mai nulla da sola. E’ sostanzialmente comeuna bambina, in tutto dipendente da noi”);
c)                            che il suo patrimonio è verosimilmente costituito dalla sola pensione mensile, atteso che il ricorrente ha dichiarato: “circa un anno fa le sue condizioni si sono aggravate in quanto ci siamo accorte che non si rendeva conto del valore del denaro, tant’è che la pensione non le bastava”;
d)                           che, quindi, presumibilmente, l’unico atto che il tutore sarebbe chiamato a compiere consiste nella riscossione della pensione alla medesima erogata mensilmente, o comunque in atti di gestione estremamente semplici.
Ciò posto, alla luce dei criteri dettati dalla Suprema Corte nel recente arresto del 12.6.2006, sez. I, n. 13584, non ricorrono nella specie i presupposti per l’interdizione (né per l’inabilitazione), essendo sufficiente l’istituto dell’amministrazione di sostegno per l’adeguata protezione della persona, nonostante la condizione di abituale infermità mentale della ******* e la grave compromissione della capacità critica e cognitiva della stessa.
Occorre, in definitiva applicare correttamente il nuovo testo dell’art. 414 c.c., così come novellato dalla L. n. 6/2004, secondo il quale i soggetti (maggiorenni o minori emancipati) affetti da abituale infermità di mente sono interdetti, solo “quando ciò è necessario per assicurare laloro adeguata protezione”, ciò che non può non valere anche per la meno grave misura dell’inabilitazione, atteso che l’art. 415 c.c. prevede come meramente facoltativa la relativa pronuncia, al ricorrere delle prescritte condizioni (“può essere inabilitato”, dice la norma).
Ora, i giudici di legittimità nella richiamata pronuncia, hanno spiegato quando l’interdizione debba considerarsi l’unica misura adeguata alla protezione della persona e, quindi, debba essere preferita in particolare all’amministrazione di sostegno; la Corte ha infatti chiarito che l’ambito dell’amministrazione di sostegno rispetto all’istituto dell’interdizione “va individuato con riguardo, non già al diverso, e meno intenso, grado di infermità o impossibilità di attendere ai propri interessi del soggetto carente di autonomia, ma piuttosto alla maggiore capacità di tale strumento di adeguarsi alle esigenze di detto soggetto, in relazione allasua flessibilità ed alla maggiore agilità della relativa procedura applicativa”, aggiungendo che “appartiene all’apprezzamento del giudice di merito la valutazione della conformità di tale misura alle suindicate esigenze, tenuto conto essenzialmente del tipo di attività che deve essere compiuta per conto del beneficiario, e considerate anche la gravità e la durata della malattia, ovvero la natura e la durata dell’impedimento, nonché tutte le altre circostanze caratterizzanti la fattispecie”.
In particolare, i giudici di legittimità hanno statuito che il criterio di scelta tra la misura dell’amministrazione di sostegno e quella dell’interdizione deve essere il seguente:
·         all’amministrazione di sostegno si fa luogo allorché si tratti di svolgere per conto del beneficiario un’attività minima, estremamente semplice, e tale da non pregiudicare gli interessi del soggetto “vuoi per la scarsa consistenza del patrimonio disponibile, vuoi per la semplicità delle operazioni da svolgere (attinenti, ad esempio, alla gestione ordinaria del reddito da pensione), e per l’attitudine del soggetto protetto a non porre in discussione i risultati dell’attività di sostegno nei suoi confronti”;
·         l’interdizione va invece pronunciata “ove si tratti di gestire un’attività di una certa complessità, da svolgere in una molteplicità di direzioni, ovvero nei casi in cui appaia necessario impedire al soggetto da tutelare di compiere atti pregiudizievoli per sé, eventualmente anche in considerazione della permanenza di un minimum di vita di relazione che porti detto soggetto ad avere contatti con l’esterno”.
In definitiva, l’applicazione dei suindicati principi porta a scegliere tra i due istituti, avendo di mira il fine primario di salvaguardare, in ogni caso, ove possibile, la capacità del soggetto, ed in particolare tenendo conto delle possibilità concrete, e non meramente teoriche, di esplicazione di detta capacità.
Combinando, pertanto, i diversi elementi indicati dalla Cassazione (segnatamente, consistenza del patrimonio e tipo di patologia del soggetto abitualmente infermo di mente), sono prospettabili le seguenti soluzioni:
·         IPOTESI (A) – patrimonio consistente (ovvero attività complessa da svolgere) + nessuna relazione tra il soggetto e l’ambiente esterno (ovvero atteggiamento remissivo del soggetto stesso) – INTERDIZIONE: poiché, in tal caso, il soggetto (stante il secondo presupposto) non può concretamente compiere atti pregiudizievoli per sé, potrebbe apparire sufficiente – nell’ottica della salvaguardia della sua capacità – l’amministrazione di sostegno; tuttavia, poiché, attesa la rilevanza del patrimonio, i poteri dell’amministratore sarebbero estremamente ampi, si perverrebbe ad una sostanziale sovrapposizione tra amministrazione di sostegno ed interdizione, risultato escluso dalla Corte Costituzionale nella sent. 440/2005;
·         IPOTESI (B) – patrimonio consistente (ovvero attività complessa da svolgere) + minimum relazionale con l’esterno (ovvero atteggiamento non remissivo del soggetto) – INTERDIZIONE: poiché, in tal caso, il soggetto può concretamente compiere atti pregiudizievoli per sé (stanti entrambi i succitati presupposti), l’interdizione appare la misura più adeguata per assicurare la sua protezione;
·         IPOTESI (C) – patrimonio minimo (ovvero attività estremamente semplice da compiere) + nessuna relazione tra il soggetto e l’ambiente esterno (ovvero atteggiamento remissivo del soggetto stesso) – AMMINISTRAZIONE DI SOSTEGNO: poiché, in tal caso, il soggetto non può concretamente compiere atti pregiudizievoli per sé (stanti entrambi i presupposti), l’amministrazione di sostegno è sufficiente a proteggerlo (del resto, trattandosi di patrimonio minimo ovvero di attività ridotta da svolgere, è escluso ogni pericolo di sovrapposizione con l’istituto dell’interdizione);
·         IPOTESI (D) – patrimonio minimo (ovvero attività estremamente semplice da compiere) + minimum relazionale con l’esterno (ovvero atteggiamento non remissivo del soggetto) – AMMINISTRAZIONE DI SOSTEGNO: poiché, in tal caso, il soggetto (stante il minimum relazionale) potrebbe in teoria compiere atti pregiudizievoli per sé, ma tuttavia, in concreto, ciò deve escludersi, stante patrimonio minimo ovvero l’attività ridotta da svolgere, l’amministrazione di sostegno è sufficiente, anche qui, a proteggerlo.
Orbene, passando ad esaminare il caso che ci occupa, è agevole rilevare come esso rientri nella superiore “ipotesi C”, trattandosi di soggetto che – perla sua patologia – non ha più alcun rapporto con l’esterno e di attività estremamente semplice (riscossione della pensione) da svolgere per suo conto, in relazione – peraltro – ad un patrimonio di presumibile ridotta consistenza.
Ne consegue che, per tutelare la persona di Sempronia, con la minore limitazione possibile della sua capacità, non è necessario dichiararne l’interdizione, essendo sufficiente sottoporla ad amministrazione di sostegno.
Per regolare il passaggio dall’interdizione (qui, è infatti già stato nominato un tutore provvisorio) all’amministrazione di sostegno, evitando che il soggetto abitualmente infermo di mente resti in toto sprovvisto di tutela, può applicarsi l’art. 418, comma 3, c.c., secondo cui, ove – come nella specie – appaia opportuno, nel corso del giudizio di interdizione, applicare l’amministrazione di sostegno, il tribunale dispone la trasmissione del procedimento al giudice tutelare, spettando al medesimo tribunale, adito per l’interdizione, il potere di eventuale adozione dei provvedimenti urgenti di cui al IV comma dell’art. 405, ossia i provvedimenti volti alla “cura della persona interessata” ed alla “conservazione ed amministrazione del suo patrimonio”, procedendo – se del caso – alla “nomina di un amministratore provvisorio indicando gli atti che è autorizzato a compiere”.
In definitiva, ritenuta l’infondatezza della domanda di interdizione, va revocata la nomina di tutore provvisorio e va, piuttosto, nominato un amministratore di sostegno, sempre in via provvisoria, che si individua nella stessa persona di Tizio, con conseguente trasmissione degli atti del procedimento al Giudice Tutelare in sede, affinché provveda ad aprire l’amministrazione di sostegno in via definitiva.
Concludendo, con la pubblicazione della presente sentenza è revocato il tutore provvisorio ed è nominato l’amministratore di sostegno provvisorio, il quale – salvo che debba compiere atti urgenti – potrà prestare giuramento innanzi al Giudice Tutelare anche dopo che questi, disposto il contraddittorio tra le parti, lo abbia nominato in via definitiva.
I poteri da attribuirsi all’amministratore di sostegno provvisorio sono quelli indicati in dispositivo.
Quanto infine alle spese processuali, attesa la novità delle questioni trattate, si ravvisano giusti motivi perché dette spese rimangano defintivamente a carico dei ricorrenti che le hanno anticipate.
P.Q.M.
Il Tribunale, definitivamente decidendo nel giudizio proposto da Tizio e ****, con ricorso del dì 30.6.2005, notificato in data 22.7.2005, contro Sempronia, nella contumacia della resistente,
RIGETTA la domanda di interdizione.
REVOCA la nomina di tutore provvisorio e NOMINA amministratore di sostegno provvisorio a Sempronia nella persona di Tizio, con il potere di riscuotere, in nome e per conto di Sempronia, la pensione e le eventuali altre provvidenze alla stessa spettanti, da destinare al soddisfacimento dei bisogni della beneficiaria.
DISPONE che le spese processuali rimangano defintivamente a carico della parte che le ha anticipate.
MANDA alla Cancelleria di trasmettere gli atti del presente procedimento al Giudice Tutelare-sede per quanto di sua competenza.
MANDA altresì alla Cancelleria per le annotazioni della presente sentenza nell’apposito registro e per la comunicazione all’Ufficiale dello stato civile ai sensi dell’art. 405 c.c..
Così deciso nella camera di consiglio del Tribunale di Modica, in data 22 giugno 2006.
                                                                                                         
Il Presidente dott. A. Catra
Il giudice estensore dott.ssa **********

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