Trasformazione parziale in terrazza del tetto condominiale.

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Nota a sentenza della Corte di Cassazione n.14107/2012.

Il caso: “La controversia concerne l’azione di rimessione in pristino promossa dai proprietari del
piano terra di un edificio, nei confronti della società, proprietaria di soffitte asseritamente
trasformate in mansarde abitabili, con parziale abbattimento del tetto e innalzamento della parte
residua di esso.
Sul tema la Cassazione ha avuto modo di pronunciarsi che la eliminazione del tetto
dell’edificio trasformato dal proprietario dell’ultimo piano in terrazza ad uso esclusivo è
illegittima perché impedisce agli altri condomini di poterlo utilizzare per quella finalità
(Cass. 24414/06).
Si è, altresì, aggiunto (Cass. 972/06) che è illegittima la trasformazione, perché la cosa
comune viene sottratta all’utilizzazione da parte degli altri condomini, ed è mutato il
rapporto di equilibrio tra tutti i comproprietari, avuto riguardo all’uso potenziale in
relazione ai diritti di ciascuno.
Con la sentenza che si annota, il Collegio reputa che questo orientamento debba essere
ripensato sotto più profili.
In primo luogo, occorre rilevare una linea di incoerenza di esso con quella
giurisprudenza, rafforzatasi nel corso di questi anni, che da facoltà ai condomini di aprire
porte e finestre nei muri perimetrali.
E’ da tempo ricorrente l’affermazione che l’ampliamento o l’apertura di una porta o
finestra, da parte di un condomino, o la trasformazione di una finestra, che prospetta il
cortile comune, in porta di accesso al medesimo, mediante l’abbattimento del
corrispondente tratto del muro perimetrale che delimita la proprietà del singolo
appartamento, non costituisce, di per sé, abuso della cosa comune idoneo a ledere il
compossesso del muro comune (Cass. 703/87; 1112/88).
Si è giustificata questa valutazione, osservando che tale opera non comporta per i
condomini una qualche impossibilità di far parimenti uso del muro stesso ai sensi dell’art.
1102 c.c., comma 1, rimanendo irrilevante la circostanza che tale utilizzazione del muro
non sia volta ad ovviare a una interclusione, ma si correli soltanto all’intento di conseguire
una più comoda fruizione dell’unità immobiliare da parte del suo proprietario (Cass.
4155/94).
Si è ritenuta anche legittima l’apertura di vetrine da esposizione nel muro perimetrale
comune, mediante la demolizione della parte di muro corrispondente alla proprietà
esclusiva (Cass. 1554/97).
Proprio nella sentenza da ultimo citata si è precisato che funzione dei muri perimetrali di
un fabbricato condominiale è non solo di recingere l’edificio e sorreggere le strutture, ma
anche di contenere le porte, le finestre, i balconi etc. L’utilizzazione del muro può
consistere nella creazione o ampliamento di aperture.
Tale facoltà è stata ammessa tuttavia anche con riguardo al tetto degli edifici, affermando
che il condomino, proprietario del piano sottostante al tetto comune, può aprire su esso
abbaini e finestre – non incompatibili con la sua destinazione naturale – per dare aria e luce
alla sua proprietà, purché le opere siano a regola d’arte e non pregiudichino la funzione di
copertura propria del tetto, né ledano i diritti degli altri condomini sul medesimo (Cass.
17099/06; 1498/98).
Secondo gli Ermellini, questa ormai pacifica facoltà di frantumare l’unitarietà strutturale
del bene perimetrale (muro o tetto che sia) fa dubitare circa la fondatezza della perentoria
affermazione di divieto di modesti tagli del tetto.
Qualora detti tagli diano luogo a modifiche non significative della consistenza del bene, in
rapporto alla sua estensione e alla destinazione della modifica stessa, può dirsi che
rientrino nell’ambito delle opere consentite al singolo condomino.
Questa considerazione, formulata per assimilazione tra diverse opere che incidono su una
parte perimetrale dell’edificio (muro o tetto), deve essere verificata alla luce dei due
concetti fondamentali di destinazione della cosa comune e di pari uso della cosa comune
ex art. 1102 c.c.
In particolare, per quanto concerne quest’ultimo concetto è possibile affermare che la
soppressione di una piccola parte del tetto, se viene salvaguardata diversamente la
funzione di copertura e si realizza nel contempo un uso più intenso da parte del
condomino, non può esser intesa come alterazione della destinazione, comunque assolta
dal bene nel suo complesso.
Unica condizione richiesta è che sia salvaguardata, mediante opere adeguate, la funzione
di copertura e protezione delle sottostanti strutture svolta dal tetto preesistente, restando
così complessivamente mantenuta, per la non significativa portata della modifica, la
destinazione principale del bene.
In altri termini, nel caso in cui i tagli del tetto diano luogo a modifiche non significative
della consistenza del bene, in rapporto alla sua estensione e alla destinazione della
modifica stessa, è possibile affermare che rientrino nell’ambito delle opere consentite al
singolo condomino.

Ayroldi Giuseppe

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