Tra scienza e diritto

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Il 10 luglio 1925 a Dayton, in Tennessee si aprì il processo a John Scopes reo di aver insegnato la teoria evoluzionistica in una scuola pubblica in violazione del Butler Act, legge che vietava l’insegnamento dell’evoluzione nelle scuole pubbliche; in quegli anni i rapporti tra scienza e religione erano complicati dall’uso della teoria evoluzionistica quale base scientifica per le misure eugenetiche, i fondamentalisti protestanti si battevano in difesa di tradizionali convinzioni di fede contro i protestanti liberali che cercavano di conciliare la fede con la cultura scientifica laica, la teoria evoluzionistica diventò quindi il motivo dello scontro contrapponendosi al creativismo dei fondamentalisti e al rifiuto in generale della modernità.

Scopes in questa contrapposizione si autodenunciò al fine di arrivare ad un processo che, nell’attenzione generale, mettesse alla prova la costituzionalità del Butles Act ottenendo una condanna che permettesse in appello di sottoporre la legge alla Corte Suprema; ottenuta la condanna a una multa di 100 dollari il difensore Clarence Darrow si rivolse alla Corte la quale, nell’annullare nel 1927 la sentenza, viene tuttavia a riferirsi su un cavillo procedurale evitando di pronunciarsi apertamente sulla spinosa questione, solo nel 1968 cambiato il clima si ebbe finalmente una pronuncia di incostituzionalità.

(E. B. Davis, Il processo Scopes. Scienza e fondamentalismo religioso nell’America degli anni venti, in Le Scienze, 72, agosto 2005, n.444).

La distinzione tra cultura dominante del momento e scienza è piuttosto sottile e in continua evoluzione, questa pone in molti casi problemi etici la cui soluzione varia nel tempo con il modificarsi dell’esperienza e della sensibilità, anche a seguito del progresso tecnico e del modificarsi dei rapporti di forze tra gruppi , in questo assume massima importanza la comunicazione e il messaggio che nel canale comunicativo prevale. Si viene a creare un processo auto catalitico per cui il messaggio si rafforza nella sua moltiplicazione e nell’avallo che ne riceve dall’autorità riconosciuta, per non parlare dell’ostracismo contro chi propone un differente pensiero, dobbiamo considerare che a fianco degli interessi privati vi è una diversa valutazione sui metodi e principi necessari alla coesione sociale fondamentale per sostenere il gruppo e attraverso di questi l’individuo nella competizione per l’acquisizione delle risorse.

La scienza è parte della cultura e nesso connettivo alle sue strutture portanti, in quanto tale diviene parte dell’etica che pervade la società, un attrattore ciclico che configura una delle possibili regioni degli stati sociali (Gleick), il diritto nel conformarsi alla cultura prevalente acquisisce, in questa visione, la funzione di cemento sociale necessario alla competizione fra gruppi, rischiando altrimenti una colonizzazione che nei sistemi sociali più avanzati si risolve in termini finanziari, in diktat imposti dall’esterno per debolezza nella contrattazione.

Il diritto nel riflettere la cultura sociale prevalente ne rispecchia anche le crisi ed il mancato sostegno che la società fornisce alla ricerca scientifica, ed ecco che la crisi si trasmette attraverso il sistema (Phelps) in cui vi è l’incapacità anche normativa di fornire punti di equilibrio fra stati ordinati e stati caotici nel confine fra queste opposte realtà nei quali prevalgono o esclusivamente parametri di controllo o all’opposto vi è una incapacità, prima di tutto culturale, di gestire la liquidità propria della zona di confine al caos (Kauffman).

Dott. Sabetta Sergio Benedetto

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