Tar Toscana, Sez. II, 18/5/2007 n. 762 – Sull’illegittimità di un affidamento in house del servizio di gestione rifiuti data l’esiguità da parte del comune della titolarità del capitale (1%) della società affidataria

sentenza 21/06/07
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA – II^ SEZIONE-
ha pronunciato la seguente:
 
SENTENZA
sul ricorso n. 1606/2006 proposto dalla SOCIETA’ SERVIZI ECOLOGICI S.R.L., rappresentata e difesa dall’avv. Vittorio Chierroni ed selettivamente domiciliata presso lo studio di tale difensore in Firenze, Via de’ Rondinelli n. 2;
 
contro
– il COMUNE DI BUGGIANO in persona del Sindaco pro tempore, costituitosi in giudizio, rappresentato e difeso dall’avv. Luca Righi ed selettivamente domiciliato presso lo studio di tale difensore in Firenze, Via delle Mantellate n. 8;
 
e nei confronti
– della SOCIETA’ C.I.S. S.R.L. in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Paolo Golini ed selettivamente domiciliato presso lo studio di tale difensore in Firenze, Via Gino Capponi n. 26;
 
per l’annullamento
della deliberazione del Consiglio Comunale di Baggiano n. 38, del 10.07.2006, recante “acquisto quote azionarie consorzio CIS e approvazione statuto”, con la quale tale comune ha deciso di sottoscrivere quote della Società CIS s.r.l. per un valore di € 28.800,00; nonché della deliberazione consiliare n. 44, del 26.7.2006, recante “42, comma 2, lett. “e” del D.Lgs. 267/2000 – affidamento del servizio di igiene urbana” con cui lo stesso comune ha affidato il servizio di raccolta dei Rifiuti solidi urbani alla suddetta società CIS ai sensi dell’art. 113, comma 5, lett. c del TUEL 267/2000, nonché di tutti gli atti presupposti, conseguenziali o comunque connessi ivi compresi lo schema del contratto di servizio ed il contratto stesso se stipulato, nonché il disciplinare tecnico generale, nonché, infine gli atti con cui è stato istituito il comitato tecnico di cui all’art. 11 del contratto di servizio;
Visto il ricorso e la relativa documentazione;
Visti gli atti di costituzione in giudizio rispettivamente del comune e della Società controinteressata;
Viste le memorie prodotte dalle parti costituite a sostegno delle proprie difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Uditi, alla pubblica udienza dell’11 gennaio 2007, relatore il Consigliere Vincenzo FIORENTINO, gli avv.ti Vittorio Chierroni, Luca Righi e Paolo Golini;
Pubblicato il 12 gennaio 2007 il dispositivo n. 3/07 ai sensi dell’art.4 L.n.205/2000;
Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto quanto segue:
 
FATTO
Con deliberazione consiliare n. 44, del 22 luglio 2006 il Comune di Baggiano procedeva all’affidamento diretto, senza gara ad evidenza pubblica, della gestione dei rifiuti solidi urbani, per un periodo di cinque anni, alla società CIS s.r.l., ritenendo sussistenti nei confronti di quest’ultima i presupposti del c.d. affidamento “in house”, così come individuati dal diritto comunitario e recepiti dall’art. 113, comma 5 lett. c) del D.Lgs. 18 agosto 2000 n. 267, ovvero: il capitale interamente pubblico, l’esercizio da parte degli enti locali soci, di un controllo sulla società analogo a quello esercitato sui propri servizi, la realizzazione, da parte della società della quota più importante della propria attività con gli enti pubblici che la controllano.
Il Comune di Baggiano ha, in seguito all’acquisizione, disposta con delibera consiliare n. 38, del 10 luglio 2006, di una quota del capitale sociale della società affidataria (società il cui capitale era detenuto fino all’ingresso del Comune di Baggiano, per il 100% dalla CIS s.p.a., a sua volta partecipata dai comuni di Agliana, Montale e Quarrata) una partecipazione azionaria dell’1% dell’intero capitale.
Con atto notificato il 25 ottobre 2006 e depositato il 2 novembre successivo, la società Servizi Ecologici s.r.l., aggiudicataria, a seguito di licitazione privata, del servizio di igiene urbana ed ambientale del Comune di Baggiano, con scadenza al 12 gennaio 2006, ha impugnato le sopraindicate delibere per le seguenti censure:
I) Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 12, 43 e segg. e 81 e segg. del Trattato dell’U.E., segnatamente sotto il profilo della violazione dei principi di non discriminazione, di libera prestazione dei servizi pubblici, di libera concorrenza e trasparenza; violazione e/o falsa applicazione dell’art. 113, comma 5 del D.Lgs. 267/2000 (come novellato dall’art. 14 del D.L. n. 269/03, convertito nella legge n. 326/03); eccesso di potere per violazione dei principi di buon andamento della P.A. e per difetto dei presupposti; motivazione insufficiente; violazione e/o falsa applicazione dell’art. 41 costituzione.
Sostiene parte ricorrente che l’affidamento diretto della gestione dei rifiuti solidi urbani alla società CIS s.r.l. contrasterebbe con i principi sanciti relativamente ai c.d. “affidamenti in house” dalla giurisprudenza comunitaria. Non sussisterebbero, in particolare, gli elementi necessari a configurare sulla società affidataria il c.d. “controllo analogo”, da parte del Comune di Baggiano, quale condizione imposta dalla normativa nazionale (art. 113 TUEL) e dalla giurisprudenza comunitaria per la legittimità di affidamenti diretti di servizi a società partecipate da parte di enti pubblici, in deroga ai principi comunitari di concorrenza.
Tali elementi sarebbero, nella specie, insussistenti in ragione, da un lato, dell’esiguità della partecipazione acquisita dal Comune di Baggiano; dall’altro, della mancanza di altri elementi atti a dimostrare che quest’ultimo possa esercitare nei confronti della società partecipata (ed in particolare nei confronti dei suoi organi di governo e di amministrazione) un potere di ingerenza e di controllo, atto a configurare detta società come un soggetto – seppur formalmente distinto dall’ente locale – tuttavia privo di autonomia e legato all’ente affidatario da un rapporto di collegamento tale da poter configurare una situazione di subordinazione gerarchica.
II) Violazione del principio del giusto procedimento; eccesso di potere per difetto assoluto di istruttoria; erronea presupposizione; motivazione insufficiente erronea ed illogica.
Sostiene la società ricorrente che il Comune non avrebbe sufficientemente soppesato e dimostrato la asserita convenienza economica dell’affidamento del servizio alla società partecipata.
Si è costituita in giudizio con atto depositato il 6 novembre 2006 la società C.I.S. s.r.l., resistendo.
Tale società, con memoria del 15 novembre 2006 ha contestato la fondatezza del ricorso.
Con atto depositato il 15 novembre 2006 si è costituito anche il comune intimato sostenendo l’infondatezza della pretesa azionata da parte ricorrente.
All’udienza dell’11 gennaio 2007, in prossimità della quale le parti hanno depositato memorie a sostegno delle proprie difese, la causa è stata trattenuta per la decisione.
 
DIRITTO
Come delineato in fatto, con il primo mezzo di gravame la società ricorrente sostiene che l’affidamento diretto, da parte del Comune di Baggiano della gestione dei rifiuti solidi urbani alla società C.I.S. s.r.l. contrasterebbe con i principi sanciti relativamente ai c.d. “affidamenti in house” dalla giurisprudenza comunitaria.
Non sussisterebbero, in particolare, gli elementi necessari a configurare sulla società affidataria il c.d. “controllo analogo” da parte del comune di Baggiano, quale condizione imposta dalla normativa nazionale (art. 113 TUEL) e dalla giurisprudenza comunitaria per la legittimità di affidamenti diretti di servizi a società partecipate da parte di enti pubblici, in deroga ai principi comunitari di concorrenza.
Tali elementi sarebbero nella specie insussistenti in ragione, da un lato, dell’esiguità della partecipazione acquisita dal Comune di Baggiano; dall’altro, della mancanza di altri elementi atti a dimostrare che quest’ultima possa esercitare nei confronti della società partecipata (ed in particolare nei confronti dei suoi organi di governo e di amministrazione) un potere di ingerenza e di controllo, atto a configurare detta società come un soggetto – seppur formalmente distinto dall’ente locale – tuttavia privo di autonomia e legato all’ente affidatario da un rapporto di collegamento tale da poter configurare una situazione di subordinazione gerarchica.
Il motivo è fondato.
L’art. 113, comma 5, lett. c) del D.Lgs. n. 267 del 2000 (come sostituito dall’art. 35 della L. n. 448 del 2001 e modificato dal comma 1 dell’art. 14 del D.L. n. 269 del 2003, convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1 della L. n. 326 del 2003) – disposizione questa richiamata nelle delibere impugnate e nella cui applicazione le stesse sono state adottate – ammette che non si proceda a gara pubblica e si affidi direttamente la gestione di servizi pubblici locali a “società a capitale interamente pubblico a condizione che l’ente o gli enti pubblici titolari del capitale sociale esercitino sulla società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e che la società realizzi la parte più importante della propria attività con l’ente o gli enti pubblici che la controllano”. La citata disposizione trae origine dalla necessità dell’ordinamento interno di conformarsi ai principi comunitari in materia, come è dimostrato dalla circostanza che essa consegue ad una procedura d’infrazione ovviata nei confronti della Repubblica italiana – cfr. la procedura d’infrazione della Commissione 1999/2184 ex art. 226 del trattato, avviata con lettera n. SG-2000-D/108243 dell’8 novembre 2000, con cui la Commissione ha messo in mora l’Italia ritenendo che le modalità di affidamento dei servizi pubblici locali, previste dall’art. 22 della legge 8 giugno 1990 n. 142, in particolare alla lett. e), fossero in contrasto con l’art. 11 paragrafo 1 della direttiva 92/50 e con l’art. 20 della direttiva 93/38 nonché con i principi di trasparenza, di parità di trattamento e la successiva nota 26 giugno 2002 della L. 28 dicembre 2001 n. 448, nella quale si riscontravano disposizioni non conformi ai principi di diritto comunitario.
Il problema consiste, sostanzialmente, nella ricerca di un punto di equilibrio tra i principi di parità di trattamento, di non discriminazione e di trasparenza del diritto comunitario, che impongono di dare corso alla gara pubblica, e la possibilità, riconosciuta all’ente locale di affidare direttamente il servizio, singolarmente o con altri enti, ad una società a integrale partecipazione pubblica.
La tematica è stata in più occasioni affrontata dalla Corte di Giustizia delle Comunità europee a partire dalla sentenza Teck al 18 settembre 1999, resa nel procedimento C-107/98, in cui per la prima volta i giudici comunitari si sono soffermati sui caratteri essenziali dell’affidamento c.d. “in house” specificando che esso è compatibile con il diritto comunitario a condizione che sussistano, cumulativamente i tre requisiti: il capitale interamente pubblico della società; l’esercizio, da parte degli enti locali soci, di un controllo sulla società analogo a quello esercitato sui propri servizi; la realizzazione, da parte della società, della quota più importante della propria attività con l’ente o gli enti pubblici che la controllano (cfr. anche: Corte di Giustizia delle Comunità Europee sentenza Stadt Halle 11 gennaio 2005 resa nel procedimento C-26/03 nonché Cons. St. sez. V 22 dicembre 2005 n. 7345).
Nel presente giudizio viene, in particolare, in considerazione una di tali condizioni riprodotte dal legislatore sull’art. 113, comma 5 lett. c) citato, e cioè quella del “controllo analogo”. Sul significato concreto di tale requisito è intervenuta la Corte di Giustizia delle Comunità Europee che, nella sentenza del 13 ottobre 2005, in causa C-458/03 Parking Brixen Gmbh, ha affermato che esso presuppone che la società di gestione sia soggetta ad un controllo che consente all’autorità pubblica di influenzarne le decisioni. Deve trattarsi di una possibilità di influenza determinante sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni importanti, di modo tale che esso deve essere escluso laddove lo statuto conferisca al Consiglio di amministrazione poteri teoricamente illimitati e configuri un ampio soggetto sociale.
Per poter ritenere sussistente il controllo analogo è, difatti, necessario uno strumento di carattere sociale ovvero anche parasociale, ma diverso dai normali poteri che un socio, anche totalitario, esercita in assemblea, che in ogni momento possa vincolare l’affidataria agli indirizzi dell’affidante ovvero l’influenza determinante sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni più importanti (cfr. il paragrafo 65 della citata sentenza Parking Brixen Gmbh).
Tali elementi a maggior ragione devono ricorrere nei casi, come quello di specie, in cui l’ente affidante dispone non della totalità delle quote dell’affidataria, ma di una partecipazione di minoranza di per sé assolutamente non sufficiente al controllo in questione (Corte di Giustizia CE Grande sezione 21 luglio 2005 in causa C231/03, Corame – Comune di Cingia De’ Botti; TAR Lombardia Brescia, 5 dicembre 2005 n. 1250; 7 novembre 2005 n. 1123 e 28 febbraio 2006 n. 238).
La Corte ha, altresì specificato che trattandosi di una eccezione alle regole del diritto comunitario, la sussistenza del “controllo analogo” deve formare oggetto di una interpretazione restrittiva e l’onere di dimostrare l’effettiva esistenza delle circostanze eccezionali che giustificano la deroga a quelle regole grava su colui che intende avvalersene (cfr. sentenza Stadt Halle e RPL Lochan cit., punto 46; e sentenza ANAV causa C-410 del 6 aprile 2006.
E’ stato così affermato che per “controllo analogo” a quello che una amministrazione aggiudicataria deve esercitare sul soggetto aggiudicatario, si intende un rapporto equivalente, ai fini degli effetti pratici, ad una relazione di subordinazione gerarchica (cfr. Cons. St. VI sez. 25 gennaio 2005 n. 168 e Corte di Giustizia C.E. 18 novembre 1999, in causa C-107/98).
Ed è lo stringente controllo gestionale e finanziario esercitato, in virtù di tale relazione, dall’ente pubblico sull’ente societario che consente l’affidamento “in house” senza ricorrere alle procedure di evidenza pubblica prescritte dalle disposizioni comunitarie, essendosi, del resto, in presenza di un fenomeno di delegazione organica che esclude le ragioni a tutela della concorrenza a base della normativa comunitaria. Le prestazioni qualificate “in house”, infatti, esulano dalla sfera di applicazione delle direttive perché trattasi di prestazioni fornite dagli stessi servizi interni ad una autorità pubblica o di servizi che da questa dipendono.
E godendo l’Amministrazione aggiudicatrice nei confronti dell’operatore di un controllo analogo a quello che esercita sui propri servizi, i compiti che può affidargli saranno trattati come se essi fossero stati semplicemente delegati al suo interno.
Alla luce di quanto esposto, la sussistenza del controllo analogo nel caso di specie va esclusa.
Il Comune di Buggiano, come già delineato, è titolare soltanto dell’1% del capitale della società affidataria, percentuale di assoluta minoranza. E tale dato di fatto già rende impossibile al comune l’esercizio nei confronti della società affidataria del “controllo analogo” a quello esercitato sui propri uffici, dato che lo statuto, all’art. 16 (Decisioni dei soci-quorum) dispone espressamente che “le decisioni assembleari sono adottate con il voto favorevole dei soci che rappresentino i quattro quinti del capitale sociale”.
L’oggetto sociale è estremamente ampio (art. 2 dello statuto), riguardando ben venti settore, inerenti a campi estremamente diversificati, che vanno dai rifiuti, rivolti anche a soggetti privati, alla realizzazione di impianti di termovalorizzazione, alla fornitura di consulenze e servizi, allo svolgimento di studi, ricerche, e assistenza tecnica e finanziaria “a soggetti pubblici e privati”………fino ad arrivare “alla costruzione e gestione di strade e vie di comunicazioni”, rendendo, in tal modo, fortemente elastica l’individuazione dei limiti di operatività dell’affidataria.
Lo statuto prevedendo poi all’art. 7 (Partecipazioni al capitale sociale) che “L’introduzione o la rimozione di vincoli alla circolazione per atto tra vizi o a causa di morte delle partecipazioni sono decise dai soci, con voto unanime” non preclude l’applicazione a terzi, anche privati, del capitale sociale, limitandosi, difatti, al successivo art. 8 (Trasferimento delle partecipazioni – clausola di prelazione) a disporre che “in caso di trasferimento delle partecipazioni sociali o di parte di esse per atto tra vizi a titolo oneroso o gratuito è riservato a favore degli altri soci il diritto di prelazione”.
Ed è al riguardo da rilevare che secondo la giurisprudenza europea (in particolare secondo Corte di Giustizia CE, sentenza Stadt Halle 11 gennaio 2005 resa nel procedimento – 26/03, cit.) il controllo analogo comunque non sussiste nel caso di compresenza, anche minoritaria, accanto al capitale pubblico, di capitale privato, in quanto il privato, da un lato, persegue logiche di profitto incompatibili con quella del controllo pubblico, dall’altro si ritroverebbe indebitamente favorito rispetto alle imprese concorrenti non socie.
Lo statuto, inoltre, all’art. 18 (Amministrazione della società), dispone che “La nomina dei componenti dell’organo amministrativo spetta ai soci ai sensi dell’art. 2479 del codice civile”. Ebbene questo articolo (Decisioni dei soci) relativamente alle decisioni sulle nomine degli amministratori, se non previste nell’atto costitutivo (ed è l’ipotesi di specie dispone, al comma quarto, che queste “debbono essere adottate mediante deliberazione assembleare ai sensi dell’art. 2479 bis”; e tale articolo (Assemblee dei soci) al comma quattro, prevede che “l’assemblea è regolarmente costituita con la presenza di tanti soci che rappresentino la metà del capitale sociale e delibera a maggioranza assoluta”.
Da ciò consegue che il Comune di Baggiano non ha alcun potere di nomina dato che il suo voto, in ragione dell’esigua quota di capitale detenuta, è del tutto irrilevante.
In base ai suindicati rilievi non è, quindi, assolutamente possibile configurare in capo al comune di Baggiano una forma di controllo sulla società affidataria analogo a quello esercitato sui propri servizi.
Concludendo il ricorso, attesa la fondatezza del motivo esaminato che consente l’assorbimento degli ulteriori profili di illegittimità dedotti, va accolto con conseguente annullamento degli atti con lo stesso impugnati.
Le spese ed onorari di causa vengono liquidati come in dispositivo.
 
P. Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana, Sezione II^, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo accoglie e, per l’effetto annulla gli atti con lo stesso impugnati;
condanna le parti intimate al pagamento in favore della parte ricorrente della complessiva somma di € 4.000,00 (quattromila) oltre accessori di legge, a titolo di spese ed onorari di causa.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Firenze, l’11 gennaio 2007, dal Tribunale Amministrativo Regionale della Toscana, in Camera di Consiglio, con l’intervento dei signori:
Giuseppe PETRUZZELLI – Presidente
Vincenzo FIORENTINO – Consigliere, rel.est.
Stefano TOSCHEI – Consigliere
F.to Giuseppe Petruzzelli
F.to Vincenzo Fiorentino
F.to Silvana Nannucci – Segretario
 
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
IL 18 MAGGIO 2007
 

sentenza

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