TAR Parma: più flessibilità per lavori nei centri storici

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Il Tar Parma con la sentenza 332/2022 ha stabilito maggiore flessibilità relative alle demolizioni e ristrutturazione nei centri storici, nella specie eliminando gli eventuali controlli svolti dai vicini che impugnino i titoli edilizi, lamentando l’aggravarsi delle condizioni di vivibilità a causa del moltiplicarsi di sguardi indiscreti.
Articolo tratto dal Portale di EdiliziaUrbinistica.it
Con la modifica del Testo unico dell’edilizia si è liberalizzata la disciplina relativa a demolizioni e ricostruzioni (articoli 2 bis e 3 del Dpr n. 380/2001), per garantire una maggiore fruizione del bonus 110%. Tali autorizzazioni vengono riconosciute anche nei centri storici seppur con procedure più complesse. I titoli edilizi rilasciati dal Comune risultano da parte di chi contesti le dimensioni dell’intervento, e in particolare di chi lamenti la modifica di altezze e volumi.
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Indice

1. Il fatto

Si legge nel testo della sentenza:” Lamenta in sintesi il ricorrente che i lavori posti in essere dal Condominio, ubicato nel centro storico del Comune di Reggio Emilia sottoposto ad una disciplina particolareggiata, sarebbero illegittimi perché non costituenti interventi di mero “restauro” o “risanamento conservativo (RRC)”, uniche attività a suo dire ammesse in zona, ma consisterebbero nella demolizione di volumi esistenti, con costruzione di un nuovo volume in posizione differente, unitamente a modifiche esterne non conservative in grado di mutare sostanzialmente l’aspetto originario dell’edificio in questione.
In subordine, sostiene il ricorrente, per l’intervento in esame sarebbe stato comunque necessario il previo ottenimento del permesso di costruire, anziché la Segnalazione Certificata di Inizio Attività concretamente utilizzata, sicché l’attività posta in essere sarebbe in ogni caso illegittima.”

2. La decisione

Il Tar ha negato che i vicini si possano porre ricorso per il caso di specie, difatti i centri storici sono caratterizzati da una molteplicità di edifici con caratteristiche diverse, spazi circoscritti e fitta presenza di manufatti con altezze disomogenee. Di qui la necessità di limitare la possibilità di contestare gli altrui interventi quando si realizzano modifiche di limitata portata, spesso finalizzate al miglioramento della vivibilità e delle condizioni di sottotetti preesistenti.
Il Tar ha poi ripreso l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, con la sentenza n. 22 del 2021, la quale ha precisato che la mera c.d. vicinitas, intesa come vicinanza fisica del proprio terreno rispetto a quello oggetto dell’intervento edilizio contestato, non basta a dimostrare l’esistenza di un concreto ed attuale interesse a ricorrere, dovendosi affermare la distinzione e l’autonomia tra la legittimazione ad agire e l’interesse al ricorso, con la conseguenza che il Giudice è tenuto ad accertare anche d’ufficio la sussistenza di entrambe le condizioni dell’azione, non potendosi affermare che la vicinitas, quale elemento di individuazione della legittimazione, sia da sola sufficiente a dimostrare automaticamente la sussistenza anche dell’interesse al ricorso, inteso come specifico pregiudizio derivante dall’atto impugnato.
In altri termini, secondo l’Adunanza Plenaria, la mera “vicinitas”, pur necessaria per dimostrare la legittimazione ad agire, non basta da sola a far ritenere ammissibile il ricorso di un soggetto avverso il titolo edilizio rilasciato per un’area nei confronti della quale egli vanta un rapporto di stabile collegamento, dovendosi altresì verificare se esiste un vantaggio concreto ed attuale che il ricorrente potrebbe effettivamente trarre dalla caducazione del titolo edilizio contestato, interesse che va valutato non genericamente, ma tenuto conto delle specifiche censure articolate in atti e concedendo al ricorrente la possibilità di precisarlo e comprovarlo nel corso del processo, in modo da evitare il compimento di attività giurisdizionali inutili, in contrasto con l’interesse pubblico all’efficienza ed efficacia del processo ex artt. 111 Cost., 6 e 13 CEDU, 47 Carta UE.

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Emanuela Pezone

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