Svolgimento di mansioni superiori nel pubblico impiego

Redazione 29/07/10
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La retribuibilità delle mansioni superiori svolte dal dipendente pubblico non trovava base normativa in alcuna norma o principio generale desumibile dall’ordinamento. Ciò, neppure nell’art. 2126 c.c., che concerne solo l’ipotesi della retribuibilità del lavoro prestato sulla base di atto nullo o annullato, né nell’applicazione diretta dell’art. 36 Cost., la cui incondizionata applicazione al pubblico impiego resta impedita dalle contrastanti previsioni degli artt. 97 e 98 Cost.; parimenti inapplicabile si palesa l’art. 2041 c.c., in ragione della sussidiarietà dell’azione di arricchimento senza causa.

Solo a decorrere dall’entrata in vigore del D.Lgs. 29 ottobre 1998, n. 387 – che con l’art. 15 ha reso anticipatamente operativa la disciplina dell’art. 56 D.Lgs. n. 29/1993 – le dette differenze retributive sono riconoscibili, e non per il periodo pregresso per il quale trova applicazione il principio della irrilevanza dello svolgimento delle mansioni medesime.

E quindi, deve escludersi qualsiasi possibilità di individuare, nella previsione dell’art. 57 del D.Lgs. n. 29/1993, un principio generale di ampia portata avente ad oggetto la pretesa retribuibilità; del resto, non può sfuggire che, di fronte agli espliciti interventi del legislatore per differire l’attuazione della disciplina generale delle mansioni superiori recata dall’art. 57 cit., sarebbe arbitrario individuarne una portata generale nel senso della applicabilità della disposizione a far tempo dalla sua emanazione e, comunque, da data anteriore.

 

N. 04596/2010 REG.DEC.

N. 00034/2007 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)


ha pronunciato la presente

DECISIONE

Sul ricorso numero di registro generale 34 del 2007, proposto dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato ex lege in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

contro

*****************, rappresentato e difeso dagli avv.ti ************ ************* e ************, elettivamente domiciliato in Roma, presso e nello studio del primo difensore, via Federico Confalonieri n. 5;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria, Sez. II, n. 795/2006;

 

Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione dell’appellato;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore il Consigliere *************;

uditi, altresì, nell’udienza pubblica del giorno 30 marzo 2010, l’Avvocato dello Stato *****************, l’avv. ************* e l’avv. *********** su delega dell’avv. ************;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO

1.- Il Ministero dell’Economia e delle Finanze impugna la sentenza di TAR indicata in epigrafe, con la quale è stato accolto il ricorso proposto dal dott. *****************, dipendente dell’Amministrazione finanziaria presso il Centro Servizio delle imposte dirette di Genova, con qualifica di funzionario tributario (ottava q.f.), inteso ad ottenere il riconoscimento delle differenze retributive asseritamente spettanti per lo svolgimento di mansioni superiori dal 22 marzo 1994 al 10 dicembre 1997 e dal 11 dicembre 1997 al 30 giugno 1998 in relazione, rispettivamente, alla nomina alla funzione di direttore ad interim del reparto contabilità, in conseguenza della vacanza registratasi in quell’ufficio, nonché alla successiva destinazione presso il reparto addestramento.

La difesa dell’appellato eccepisce preliminarmente l’inammissibilità del ricorso per genericità e, nel merito, ne sostiene l’infondatezza, chiedendone il rigetto.

2.- L’eccezione di inammissibilità deve essere disattesa.

L’Avvocatura erariale ripropone, invero, in questa sede di appello, le ragioni di doglianza – riferite a costante orientamento giurisprudenziale, anche di questo Consesso – in ordine alla “irrilevanza giuridica ed economica delle mansioni svolte” dal pubblico dipendente incaricato (in ipotesi) di mansioni superiori; questa è l’intitolazione del mezzo e questo è il punto nodale della questione sottoposta all’attenzione del Collegio: non si vede quale altro argomento giuridico avrebbe dovuto proporre la difesa dell’Amministrazione nel chiedere la riforma della sentenza gravata.

3.- Quanto al merito della controversia, sono ovviamente ben noti al Collegio i contrasti giurisprudenziali delineatisi sulla questione per cui è causa; peraltro, gli arresti cui è pervenuta l’Adunanza plenaria (nonchè l’evoluzione giurisprudenziale delle Sezioni di questo Consesso) orientano per la condivisione della prospettazione dell’Amministrazione e per il conseguente accoglimento del ricorso.

Va invero ricordato che, giusto condivisibile assunto dell’Adunanza plenaria (n. 22/1999), la retribuibilità delle mansioni superiori svolte dal dipendente pubblico non trovava base normativa in alcuna norma o principio generale desumibile dall’ordinamento; ciò, neppure nell’art. 2126 Cod.civ., che concerne solo l’ipotesi della retribuibilità del lavoro prestato sulla base di atto nullo o annullato; nè nell’applicazione diretta dell’art. 36 Cost., la cui incondizionata applicazione al pubblico impiego resta impedita dalle contrastanti previsioni degli artt. 97 e 98 Cost.; parimenti inapplicabile si palesa l’art. 2041 Cod.civ., in ragione della sussidiarietà dell’azione di arricchimento senza causa (cfr., fra le tante, anche VI Sez., 22.1.2001, n. 177, 22.1.2001, n. 5958).

Solo a decorrere dall’entrata in vigore del D.Lgs. 29 ottobre 1998, n. 387 – che con l’art. 15 ha reso anticipatamente operativa la disciplina dell’art. 56 D.Lgs. n. 29/1993 e la cui portata non interpretativa bensì di valenza per il futuro è stata condivisibilmente ribadita da Ad. Plen. 24 marzo 2006 n. 3 – le dette differenze retributive sono riconoscibili, e non per il periodo pregresso (come nel caso che ne occupa), per il quale trova applicazione il principio della irrilevanza dello svolgimento delle mansioni medesime (cfr., fra le tante, VI Sez., 27.1.2001, n. 177, 7.5.2001, n. 2520, 27.11.2001, n. 5958 e 8.1.003, n. 17), nonchè, da ultimo, IV Sez., 24.4.2009 n. 2626).

La soluzione era stata già affermata dalle decisioni dell’Adunanza plenaria nn. 10 del 28 gennaio 2000 e 11 del 23 febbraio 2000, che hanno escluso qualsiasi possibilità di individuare, nella previsione dell’art. 57 del D.Lgs. n. 29/1993, un principio generale di ampia portata avente ad oggetto la pretesa retribuibilità; del resto, non può sfuggire che, di fronte agli espliciti interventi del legislatore per differire l’attuazione della disciplina generale delle mansioni superiori recata dall’art. 57 cit., sarebbe arbitrario individuarne una portata generale nel senso della applicabilità della disposizione a far tempo dalla sua emanazione e, comunque, da data anteriore (cfr., ancora, Ad. plen. n. 10/2000).

4.- Privo di pregio appare altresì il tentativo defensionale di parte appellata che, nel richiamare le conclusioni ribadite dalla decisione dell’Adunanza plenaria 24 marzo 2006 n. 3 nel senso della assoluta irrilevanza delle mansioni svolte dal pubblico dipendente prima dell’entrata in vigore del D.L.vo n. 387 del 1998, ne valorizza l’inciso “salva diversa disposizione di legge”.

Ed invero, il quadro normativo richiamato nella sentenza di prime cure si limita a consentire, a tutto concedere, nel ricorrere di determinate condizioni, la preposizione del dipendente allo svolgimento di mansioni superiori ma non contempla, in relazione a tale svolgimento, la corresponsione di indennità o di trattamenti economici correlati alle mansioni stesse (non è questo il senso – neppure – della istituzione della IX qualifica funzionale ex art. 2 D.L. n. 9 del 1986).

Il che conferma ulteriormente la validità del principio di “irrilevanza economica” postulato dai precitati arresti giurisprudenziali e dallo stesso ricorso in appello.

A tale proposito, occorre un’ultima annotazione.

Nel contestare la prospettazione dell’Avvocatura erariale, la pur attenta difesa del ******** afferma che essa non coglie nel segno neppure se riferita a fattispecie antecedenti all’entrata in vigore del D.L.vo n. 387 cit., e ciò “in quanto, in tale periodo di tempo, le mansioni superiori svolte dal pubblico dipendente avevano invece rilevanza pur nei limiti di cui sopra”; e sotto tale specifico profilo “la difesa avversaria non ha minimamente censurato l’impugnata sentenza”, osserva ancora l’appellato ********.

Posto che i “limiti di cui sopra” non sono rinvenibili nell’indicato quadro normativo (che non contempla assolutamente la corresponsione di differenze retributive per lo svolgimento di mansioni superiori), non è dato rilevare l’erroneità della pretesa omissione.

5.- Per le esposte considerazioni, il ricorso in appello dell’Amministrazione va in conclusione accolto.

6.- Quanto alle spese del doppio grado di giudizio, sussistono giusti motivi per disporne la integrale compensazione fra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione Quarta, definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso in appello proposto dal Ministero dell’Economia e delle Finanze e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso di 1° grado.

Compensa integralmente fra le parti le spese del doppio grado di giudizio.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 30 marzo 2010 con l’intervento dei Signori:

*************, Presidente FF

**********, Consigliere

Bruno Mollica, ***********, Estensore

*************, Consigliere

****************, Consigliere

 

 

 

L’ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

Il Segretario

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 16/07/2010

(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)

Il Dirigente della Sezione

Redazione

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