Sussiste fino all’inizio delle operazioni di gara la possibilità di ritirare le offerta, anche se il bando preveda un periodo minimo in cui le stesse devono essere tenute ferme

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E’ questo il principio con cui il TAR Lecce ha respinto, con sentenza 2 maggio 2007 n. 1790, il ricorso proposto da un ATI partecipante ad una gara d’appalto, statuendo che "In aderenza sia alle regole civilistiche di cui agli artt. 1326 e seguenti Cod. civ., sia alla regola speciale di cui all’art. 75, comma 7, del R.D. 23 maggio 1924, n. 827, deve ritenersi che un’impresa partecipante ad una gara d’appalto possa ritirare la propria offerta fino a quando le operazioni di gara non siano iniziate e ciò anche nel caso in cui il bando preveda un periodo minimo in cui le offerte debbono essere tenute ferme".
Ha poi aggiunto il TAR salentino che "In materia di gare pubbliche, la stazione appaltante, decorso – per causa ad essa imputabile – il termine indicato nel bando durante il quale le offerte debbono essere tenute ferme, deve correttamente interpellare i concorrenti ammessi alla procedura, per verificare la sussistenza del loro interesse all’eventuale aggiudicazione, e ciò soprattutto nei casi in cui, nelle more del procedimento, ci siano state significative variazioni dei costi dei fattori della produzione relativi all’appalto; l’omesso interpello delle imprese concorrenti, tuttavia, non determina ex se l’invalidità sopravvenuta delle offerte per scadenza del termine, in quanto (fermo restando che le offerte conformi al bando non possono essere considerate ad tempus) la persistenza dell’interesse all’aggiudicazione si può desumere anche per facta concludentia (ad esempio dalla circostanza che il concorrente aggiudicatario accetti di rendere le giustificazioni dell’offerta anomala o si presenti per la stipula del contratto, senza formulare riserve o eccezioni)".
Tuttavia si deve segnalare, l’orientamento opposto del massimo organo della Giustizia amministrativa nella materia (cfr. da ult. Cons. Stato, Sez. V, 19 aprile 2007 n. 1786).
Nello stesso senso, invece, T.A.R. Puglia – Lecce, Sez. II, 18 febbraio 2006, n. 950; sentenza questa recentemente riformata dal Consiglio di Stato in aderenza al richiamato orientamento.
AVV. ****************
 
 
REPUBBLICA ***A
In nome del popolo ***o
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
PER LA PUGLIA
LECCE
– SECONDA SEZIONE –
Registro Decis.: 1790/07
Registro Gen.: 181/2007
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, Seconda Sezione di Lecce, nelle persone dei signori Magistrati:
****************************
**********************************************
******************************, relatore
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
A) sul ricorso n. 181/2007, proposto dall’a.t.i. "Informatica e Tecnologia" ****** (mandataria)-"Il *** ." (mandante), in persona dei legali rappresentanti p.t., rappresentate e difese dagli avv. **************** e ******************, con domicilio eletto presso lo studio della seconda, in Lecce, Via Augusto Imperatore, 16,
contro
Azienda Sanitaria Locale Lecce (già AUSL LE/1), in persona del Commissario Straordinario p.t., rappresentata e difesa dall’avv. ************************, con domicilio eletto presso lo studio del medesimo, in Lecce, Via 95° *******************, 1,
e nei confronti di
*** – THE *** *** COMPANY S.p.A. (quale società incorporante FINSIEL S.p.A.), in persona del legale rappresentante p.t., quale capogruppo mandataria dell’a.t.i. *****, rappresentata e difesa dall’avv. ***********************, con domicilio eletto presso lo studio del medesimo, in Lecce, Via 95° Rgt ********, 9;
***S.p.A., in persona del legale rappresentante p.t., quale capogruppo mandataria dell’a.t.i. con Engineering S.E.L. S.p.A. e Telecom S.p.A., rappresentata e difesa dagli avv. *********************, ************* e ************, con domicilio eletto presso lo studio del primo, in Lecce, Via Imperatore Adriano, 9;
***S.p.A., in persona del legale rappresentante p.t., quale capogruppo mandataria dell’a.t.i. con SVIMSERVICE S.p.A., INTEMA S.r.l. e SVIC S.r.l., non costituita;
***S.p.A., in persona del legale rappresentante p.t., quale capogruppo mandataria dell’a.t.i. con SAGO S.p.A., ******** S.p.A. e SIAV S.p.A., non costituita,
per l’annullamento, previa sospensione dell’esecuzione,
di tutti i verbali relativi al pubblico incanto indetto dall’AUSL LE/1 per l’affidamento dell’appalto relativo alla progettazione, realizzazione, gestione e manutenzione del sistema informativo automatizzato dell’AUSL stessa, ed in particolare dei verbali di gara del 13.12.2006 e del 27.12.2006, nella parte in cui l’a.t.i. capeggiata da *** S.p.A. è stata ammessa alla fase di valutazione delle offerte economiche ed è stata individuata come aggiudicataria;
del provvedimento di estremi ignoti di approvazione dei suddetti verbali e di aggiudicazione dell’appalto;
nonché di ogni atto presupposto, connesso, consequenziale,
e per la declaratoria di
nullità/inefficacia/caducazione del contratto eventualmente stipulato medio tempore e/o per l’annullamento dello stesso;
B) sui ricorsi incidentali, proposti da ***-THE *** *** COMPANY S.p.A. e da *** S.p.A., nella qualità di capogruppo mandatarie delle rispettive a.t.i., rappresentate e difese come sopra,
contro
Azienda Sanitaria Locale Lecce, rappresentata e difesa come sopra,
e nei confronti di
"*** " ******, rappresentata e difesa come sopra,
per l’annullamento, previa sospensiva,
dei medesimi atti impugnati con il ricorso principale, nella parte in cui l’offerta dell’a.t.i. ricorrente non è stata esclusa per incompletezza e/o per anomalia.
Visti gli atti e i documenti depositati con il ricorso principale;
Vista la domanda cautelare proposta unitamente al ricorso principale;
Visto il decreto presidenziale 13.2.2007, n. 159, con cui è stata respinta la domanda di concessione di misure cautelari inaudita altera parte;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’ASL Lecce e delle a.t.i. controinteressate capeggiate, rispettivamente, da *** S.p.A. e da *** S.p.A.;
Visti i ricorsi incidentali;
Uditi nella camera di consiglio dell’11 aprile 2007 il relatore, Ref. *****************, e, per le parti costituite, gli avv. ******************, **************, *************** e ************ (quest’ultimo anche in sostituzione di ************* e ***********).
Considerato che nel ricorso principale sono dedotti i seguenti motivi:
violazione della lex specialis. Violazione dei principi generali in materia di validità delle offerte. Eccesso di potere per carenza dei presupposti. Violazione del principio di par condicio,
mentre nei ricorsi incidentali sono dedotti i seguenti motivi:
violazione della lex specialis. Carenza istruttoria. Eccesso di potere;
violazione e falsa applicazione dell’art. 25 D.Lgs. n. 157/1995; violazione art. 10 CSA; eccesso di potere e carenza istruttoria; difetto di motivazione; illogicità e perplessità dell’azione amministrativa; violazione della par condicio; violazione art. 1 L. n. 327/2000.
Considerato in fatto e ritenuto in diritto quanto segue.
Le società ricorrenti principali avevano preso parte in a.t.i. alla gara d’appalto indetta dall’AUSL LE/1 per l’affidamento della progettazione, realizzazione, gestione e manutenzione del sistema informativo automatizzato aziendale, all’esito della quale è risultato aggiudicatario il raggruppamento temporaneo capeggiato da *** S.p.A. (società che, nelle more della gara, ha incorporato l’originaria capogruppo FINSIEL S.p.A.).
In seguito, le ditte odierne ricorrenti hanno ottenuto dall’Amministrazione l’accesso agli atti di gara, e in tale circostanza hanno rilevato la non conformità agli atti indittivi delle offerte economiche presentate dai raggruppamenti controinteressati – fra i quali l’aggiudicatario -, per cui hanno proposto il presente ricorso.
L’irregolarità delle offerte economiche delle controinteressate sarebbe dovuta alla violazione della clausola del Capitolato speciale d’appalto (art. 10) recante le modalità di compilazione dell’offerta economiche: la clausola infatti stabiliva che tali offerte dovessero avere validità minima di 180 giorni dalla data di scadenza del termine di presentazione delle offerte stesse (7 giugno 2006), mentre tutte le offerte contestate prevedevano una validità di 180 giorni (da intendere, secondo le ricorrenti, come periodo di validità massima). Di talché, al momento in cui le offerte economiche state aperte e poi valutate (cioè nelle sedute di gara del 13 dicembre e del 27 dicembre 2006), le stesse non erano più valide (o meglio non più impegnative per le ditte offerenti, in quanto sottoposte ad un termine risolutivo).
Pertanto, in base alle clausole del bando ed ai principi generali in materia, tali offerte avrebbero dovuto essere escluse, dal che sarebbe derivata l’aggiudicazione della gara in favore delle ricorrenti, uniche ad aver previsto un’efficacia "minima" di180 giorni per l’offerta economica (al riguardo, viene richiamata la decisione della Sez. VI del Consiglio di Stato n. 3244/2001, in cui è stato affermato il principio di diritto su cui si fonda il ricorso).
Si sono costituite l’Amministrazione intimata e le controinteressate *** ed ***, quali capogruppo mandatarie delle rispettive a.t.i., le quali hanno proposto altresì ricorso incidentale, in cui evidenziano, in pratica, il fatto che l’offerta tecnica dell’a.t.i. ricorrente non avrebbe dovuto essere ammessa alla gara. In particolare:
*** sostiene che l’offerta è da considerare non valida, ai sensi degli artt. 12 e 13 del CSA, in quanto non sono indicati alcuni dati richiesti espressamente dal Capitolato (numero di versione dei prodotti software proposti; benchmark relativo ai tablet PC; caratteristiche tecniche dei lettori di codici a barre, delle tastiere dei terminali di rilevazione delle presenze, dei terminali ottici e dei personal computer; referenze degli applicativi proposti; impegno a prendere in carico tutti gli operatori già impiegati nel servizio de quo);
***, invece, evidenzia l’inattendibilità dei costi risultanti dall’offerta tecnico-economica dell’a.t.i. ricorrente e dalle relative giustificazioni, presentate dall’associazione temporanea in sede di verifica dell’anomalia.
Ciò premesso in punto di fatto, il Collegio ritiene che il ricorso principale non meriti accoglimento, dal che consegue l’inammissibilità, per carenza di interesse, dei ricorsi incidentali.
Il punto centrale della controversia verte sulla corretta interpretazione delle clausole del bando e del capitolato speciale d’appalto che stabilivano a carico delle imprese partecipanti l’onere di dichiarare che le offerte erano valide per un periodo minimo di 180 giorni, decorrenti dalla data di scadenza per la loro presentazione (7.6.2006). Per la verità, va premesso (anche se le imprese intimate non hanno dedotto la perplessità o la contraddittorietà fra la clausola del bando e quella del capitolato) che mentre il bando pubblicato sulla G.U.R.I. (punto IV.3.6.) stabiliva che "L’offerente è vincolato dalla propria offerta per 180 giorni dalla scadenza fissata per la ricezione delle offerte", il bando pubblicato sulla G.U.C.E. (punto IV.3.7.) e il capitolato (art. 10) prevedevano che l’offerta economica doveva avere validità "minima" di 180 giorni dalla data di scadenza del termine di presentazione delle offerte.
Tornando alla vicenda che occupa il TAR, si deve osservare come in realtà le citate clausole della lex specialis e del C.S.A. non sono tra loro in contraddizione, in quanto la seconda non aggiunge nulla alla prima.
Ed infatti:
allo scopo di garantire la par condicio fra i partecipanti, la stazione appaltante non può che stabilire in maniera univoca il tempo per il quale le offerte si considerano impegnative per le imprese accorrenti, e ciò in base ad una stima prudenziale e ragionevole dei tempi necessari per la definizione della gara (nel caso di specie, sei mesi);
se ciò è vero, ne consegue che il termine all’uopo indicato è uguale per tutti i concorrenti, e ciò anche nel caso in cui nel bando sia contenuto il riferimento ad un periodo "minimo" nel quale le offerte si considerano impegnative. Infatti, una clausola di tal genere, contrariamente a ciò che si sostiene nel ricorso principale, non potrebbe essere interpretata nel senso che le imprese partecipanti alla gara possono in qualche modo graduare il periodo di validità delle offerte, in quanto ciò metterebbe a rischio la par condicio (la stazione appaltante, infatti, potrebbe eliminare eventuali offerte non gradite semplicemente lasciando trascorrere il periodo minimo previsto dal bando e facendo così rimanere in gara solo le offerte delle imprese che hanno dichiarato di tenere ferma la propria offerta per un tempo superiore a quello minimo);
da un punto di vista meramente letterale, poi, se il bando prescrive che l’offerta deve essere tenuta ferma per un periodo "minimo", ad esempio, di 180 giorni, il concorrente che dichiari di tenere ferma la propria offerta esattamente per 180 giorni ha comunque osservato la prescrizione della lex specialis, per cui, anche in ragione del principio di tassatività delle clausole di esclusione, l’offerta non può comunque essere esclusa dalla licitazione;
la conclusione non muta neanche se si volesse far riferimento alle regole civilistiche in materia di formazione del contratto (regole richiamate soprattutto nel corso della discussione orale, dalle ricorrenti principali, secondo le quali le dichiarazioni delle imprese controinteressate non sarebbero conformi alla proposta contrattuale espressa dall’AUSL con il bando, per cui comunque non sussisterebbe l’in idem consensus, che è l’essenza stessa del contratto). Ed infatti, proprio in ragione delle particolari formalità che contraddistinguono la redazione delle offerte e delle dichiarazioni che i partecipanti alle gare ad evidenza pubblica debbono rendere alla stazione appaltante, si deve ritenere che le offerte presentate dalla odierne controinteressate non sono da considerarsi ad tempus, in quanto le clausole in contestazione stabilivano, univocamente, che le offerte dovevano essere tenute ferme per almeno 180 giorni (il che significa che 180 giorni è il periodo minimo affinché l’offerta risulti ammissibile alla gara);
al riguardo, il precedente richiamato dalle ricorrenti principali a sostegno della propria tesi (Cons. Stato, Sez. VI, n. 3244/2001) non è risolutivo, in quanto nella vicenda decisa dal Consiglio di Stato il bando non stabiliva alcun periodo minimo nel quale le imprese si dovevano impegnare a tenere ferme le offerte, per cui, del tutto condivisibilmente, la Sezione VI ha ritenuto inammissibile – in quanto ad tempus – l’offerta dell’impresa che aveva deciso, in maniera del tutto unilaterale, di apporre un termine finale di validità alla propria offerta.
Per completezza espositiva, il Tribunale ritiene di dover aggiungere qualche considerazione a proposito del corretto modus operandi che le stazioni appaltanti dovrebbero osservare per quanto riguarda la problematica in questione.
Innanzitutto, non risponde al vero che le offerte, nelle more della celebrazione della gara, non sono revocabili, e ciò anche nel caso in cui il bando preveda un periodo minimo in cui le offerte debbono essere tenute ferme; a questo proposito, l’odierno Collegio ritiene di poter richiamare la sentenza della Sezione 18.2.2006, n. 950 (relativa ad una vicenda analoga, in cui, nonostante il bando di gara prevedesse che le offerte dovevano essere tenute ferme per 180 giorni, un’impresa, poco prima dell’apertura della seduta del seggio di gara, aveva comunicato di voler rinunciare alla partecipazione), nella quale il Tribunale ha statuito che:
non c’è dubbio circa il fatto che un’impresa partecipante ad una gara d’appalto possa ritirare la propria offerta, e ciò sia in aderenza alle regole civilistiche di cui agli artt. 1326 e seguenti c.c., sia della regola speciale di cui all’art. 75, comma 7, del R.D. 23.5.1924, n. 827 (il quale dispone che "Le offerte mandate o presentate non possono essere più ritirate dopo aperta l’asta, ma lo stesso offerente può presentarne altre prima che sia cominciata la apertura dei pieghi", con ciò ammettendo che, fino a quando le operazioni di gara non siano iniziate, le offerte possono essere ritirate). In effetti, il Codice Civile prevede espressamente la revoca dell’accettazione (a cui, mutatis mutandis, va equiparata l’offerta presentata in una gara d’appalto), e ciò in ragione del principio generale secondo cui nessuno può essere costretto a concludere un contratto per il quale non ha più interesse, il che ovviamente non esclude l’eventuale responsabilità precontrattuale a carico del revocante, laddove il destinatario dell’accettazione avesse maturato il fondato convincimento circa la conclusione del contratto (ma ciò non si verifica in generale nelle gare ad evidenza pubblica, in quanto, fino al momento dell’individuazione del miglior offerente, la stazione appaltante non può aver maturato un legittimo affidamento sulla conclusione del contratto con il concorrente rinunciatario);
il periodo di tempo previsto dal bando per il quale l’offerta deve essere tenuta ferma (pari, anche nel caso deciso dal TAR con la citata sentenza n. 950/2006, a 180 giorni dalla data di presentazione delle offerte) obbedisce ad esigenze diverse (ossia, quelle di evitare che il tempo occorrente per la conclusione del procedimento comporti un incremento del corrispettivo dell’appalto e, nel contempo, permettere alla stazione appaltante di interpellare altri concorrenti nel caso l’aggiudicatario venga dichiarato decaduto o non risulti in possesso dei requisiti richiesti per contrarre con la P.A.) e pertanto non è ostativo alla possibilità di rinunciare alla partecipazione;
l’offerta della ditta rinunciataria non va tenuta in considerazione ai fini della determinazione delle medie e della soglia di anomalia;
l’eventuale turbativa d’asta che potrebbe derivare da una rinuncia "mirata", si può verificare solo quando essa coinvolga un numero significativo di concorrenti (tale per cui la media delle offerte può essere alterata in modo considerevole), e non anche quando a rinunciare alla partecipazione sia una sola impresa. In ogni caso, considerato che la legge tace al riguardo, la decisione relativa alla possibilità di annullare l’intera procedura per possibile turbativa spetta alla stazione appaltante, la quale deve valutare se la contestuale rinuncia da parte di più concorrenti costituisca un indizio in tal senso.
Ciò detto, la stazione appaltante, decorso – per causa ad essa imputabile – il termine indicato nel bando durante il quale le offerte debbono essere tenute ferme, dovrebbe correttamente interpellare i concorrenti ammessi alla procedura, per verificare la sussistenza del loro interesse all’eventuale aggiudicazione, e ciò soprattutto nei casi in cui, nelle more del procedimento, ci siano state significative variazioni dei costi dei fattori della produzione relativi all’appalto. Peraltro, l’omesso interpello delle imprese accorrenti non determina ex se l’invalidità sopravvenuta delle offerte per scadenza del termine, in quanto (fermo restando che le offerte conformi al bando non possono, per quanto detto supra, essere considerate ad tempus) la persistenza dell’interesse all’aggiudicazione si può desumere anche per facta concludentia, ad esempio dalla circostanza che il concorrente aggiudicatario accetti di rendere le giustificazioni dell’offerta anomala (come è accaduto nel caso di specie) o si presenti per la stipula del contratto, senza formulare riserve o eccezioni. Infine, per prevenire possibili future contestazioni in sede di esecuzione del contratto, la stazione appaltante può comunque sottoporre a verifica di congruità – in applicazione dell’art. 86, comma 3, del D.Lgs. n. 163/2006 – l’offerta risultata aggiudicataria, per verificare se essa è, nonostante il tempo trascorso dalla sua redazione, ancora remunerativa per l’impresa; analoga verifica possono pretendere ovviamente, o con reclamo alla stazione appaltante o con ricorso giurisdizionale, le altre imprese rimaste in gara.
In ragione di quanto precede, il ricorso principale va rigettato, mentre vanno dichiarati inammissibili i ricorsi incidentali.
Sussistono tuttavia giusti motivi per disporre la compensazione delle spese di giudizio fra le parti costituite.
Sentiti i difensori delle parti costituite in ordine alla possibilità di definire nel merito il presente giudizio con sentenza in forma semplificata, ai sensi degli artt. 3 e 9 della L. 21.7.2000, n. 205.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia – Seconda Sezione di Lecce – respinge il ricorso principale e dichiara inammissibili i ricorsi incidentali.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.
Così deciso in Lecce, in camera di consiglio, l’11 aprile 2007.
Dott. ***************** – Presidente
Dott. ***************** – Estensore
Pubblicata il 2 maggio 2007.
 

Matranga Alfredo

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