Sulla legittimità della sanzione adottata a distanza di anni dall’abuso edilizio

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A fronte della motivazione in re ipsa che incontra l’ordine di demolizione all’esito dell’accertamento dell’abuso edilizio, il lasso temporale che fa sorgere l’onere di una motivazione rafforzata in capo all’Amministrazione non è quello che intercorre tra il compimento dell’abuso ed il provvedimento sanzionatorio, ma quello che intercorre tra la conoscenza da parte dell’Amministrazione dell’abuso ed il provvedimento sanzionatorio adottato.

 

Il fatto

Il Tar Napoli è chiamato ad esprimersi sulla legittimità, o meno, dell’ordinanza con la quale il competente Comune ha ingiunto al proprietario di un immobile di procedere alla demolizione delle opere edili realizzate senza titolo.

Si tratta, in particolare, della realizzazione ex-novo di un fabbricato per civile abitazione costituito da due livelli fuori terra e suddiviso in due unità abitative, distinte con accessi indipendenti. A ciò si aggiunge la realizzazione ex-novo, a completamento di detti manufatti, di alcune opere di collegamento costituite da vialetti e rampe di scale in cemento armato, oltre ad una tettoia, una Lavanderia, un deposito ed un piazzale, utilizzato come parcheggio veicoli.

Il Comune, nell’impugnato provvedimento, non manca di precisa che le opere sanzionate non risultano comprese nelle domande di condono edilizio ex Legge n. 47/1985 già formulate dal medesimo proprietario.

In definitiva, in assenza di titoli abilitanti, i manufatti oggetto dell’istanza di condono di cui alla pratica presentata ai sensi della Legge n. 47/1985 sono stati completati e rifiniti (anche delle modifiche esterne) così  emergendo una chiara separazione fra “realizzazioni ex novo”, hic et nunc, contestate e sanzionate – da un lato – e manufatti realizzati in precedenza e, dall’altro lato, fatti oggetto di pregresse istanze di ammissione alla procedura di condono, tuttora pendenti.

 

La decisione del Tar Napoli

Il Collegio giudicante, da parte sua, richiama e condivide, in sentenza, l’orientamento interpretativo secondo cui la legittimità e l’efficacia dei provvedimenti che ingiungono la rimozione (demolizione) di opere edilizi realizzate abusivamente non sono suscettibili di essere poste in discussione, né di essere paralizzate, dalla mera successiva presentazione di istanze di accertamento di conformità, di compatibilità paesaggistica o aventi altri contenuti non tipizzati.

Tali istanze, cioè,  non incidono sulla legittimità e sulla efficacia di tali provvedimenti e, quindi, non si frappongono alla decisione sul merito del ricorso giurisdizionale formulato per il loro annullamento.

Venendo al merito della questione, secondo parte ricorrente, il gravato provvedimento sarebbe affetto da difetto di motivazione per la mancata valutazione della sussistenza di un interesse pubblico alla demolizione, stante, sempre a dire del ricorrente, i circa otto anni trascorsi dalla loro esecuzione che avrebbero ingenerato un affidamento nella loro conservazione.

Il G.A. di Napoli, nel rigettare tale motivo di ricorso, ha sottolineato come le regole del processo amministrativo prescrivono che “spetta alle parti l’onere di fornire gli elementi di prova che siano nella loro disponibilità riguardante i fatti posti a fondamento delle domande e delle eccezioni” (art. 64, comma 1, D.Lgs. n. 104/2010, C.P.A.) e che in atti non risulta comprovata l’epoca della realizzazione delle opere in contestate (onere che ricade in capo alla parte privata e trasferibile sull’amministrazione solo in presenza di seri indizi al riguardo prodotti in giudizio).

Non solo. Si precisa in sentenza che, in ogni caso, tale periodo di asserita risalenza delle opere non è atto a sorreggere proficuamente la doglianza attorea in quanto:

– l’ordinamento giudico non attribuisce nessun affidamento tutelabile alla conservazione di una situazione di illecito permanente (quale è quella dell’abusivismo edilizio), che il tempo non può, in via di fatto, legittimare;

– a fronte della motivazione in re ipsa che è propria l’ordine di demolizione (una volta accertato  l’abuso edilizio), il lasso di tempo che può dirsi idoneo a far sorgere un onere di motivazione “rafforzata” in capo alla P.A. non è quello che intercorre tra il compimento dell’abuso ed il provvedimento sanzionatorio; è, a ben vendere, quello che intercorre tra la conoscenza da parte dell’Amministrazione dell’abuso ed il provvedimento sanzionatorio conseguentemente adottato. Invero, la mancanza di conoscenza dell’illecito da parte dell’Amministrazione impedisce il consolidarsi in favore del privato di ogni affidamento, giuridicamente apprezzabile, il cui sacrificio meriti di essere adeguatamente apprezzato in sede di motivazione.

 

Tar Campania, Napoli, sez. VII, 16/05/2016, n. 2466

Respinge il ricorso

Decisioni conformi

La legittimità e l’efficacia dei provvedimenti che ingiungono la rimozione/demolizione di opere realizzate abusivamente non sono suscettibili di essere poste in discussione e/o paralizzate dalla mera successiva presentazione di istanze di accertamento di conformità, di compatibilità paesaggistica o aventi quanti altri contenuti non tipizzati, che non incidono su di loro (su legittimità ed efficacia) e, quindi, non si frappongono alla decisione sul merito del ricorso proposto per il loro annullamento

(Tar Campania, Napoli, sez. VII , 2 ottobre 2015, n. 4677)

 

A fronte della motivazione in re ipsa che incontra l’ordine di demolizione all’esito dell’accertamento dell’abuso edilizio, il lasso temporale che fa sorgere l’onere di una motivazione rafforzata in capo all’Amministrazione non è quello che intercorre tra il compimento dell’abuso ed il provvedimento sanzionatorio, ma quello che intercorre tra la conoscenza da parte dell’Amministrazione dell’abuso ed il provvedimento sanzionatorio adottato.

(Cons. Stato, sez. V, 9 settembre 2013, n. 4470)

 

Normativa di riferimento

L. n. 47/1985

D.P.R. n. 380/2001

Maffei Domenico

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